Moschettieri del Re – La penultima missione
di Giovanni Veronesi (Italia, 2018)
con Rocco Papaleo, Pierfrancesco Favino, Sergio Rubini,
Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Matilde Gioli,
Alessandro Haber, Valeria Solarino, Giulia Bevilacqua,
Lele Vannoli, Marco Todisco, Luis Molteni
Chi sono i Moschettieri lo sappiamo già, il Cinema ha più e più volte raccontato le gesta di questi eroi con il fioretto nella fondina. Dunque non c’è molto di originale nel soggetto. Veronesi prende comunque spunto dal romanzo di Dumas e mettere in piedi una commedia picaresca in costume. Picaresco in quanto avventuroso, anche se di avventuroso qui c’è ben poco. Ciò che interessa veramente al regista è creare un commedia, cioè far ridere – sic e simpliciter – e per farlo sceglie la strada più semplice: prende 4 attori – bravissimi – che riescono simpatici allo spettatore anche quando stanno zitti e li mette insieme; li porta sul grande schermo e gli da un po’ di buon testo su cui gigioneggiare. Intendiamoci: le battute simpatiche ci stanno, son stati scritti dialoghi decenti, i personaggi sono costruiti abbastanza bene, con una loro personalità alquanto definita, ma purtroppo non c’è altro. Si ride, meglio: si sorride per il dileggio che ciascun moschettiere fa dell’altro (e di se stesso) ma non si riesce ad andare oltre. Lo spettatore non empatizza, non scopre nulla di nuovo, non si sorprende.
Le avventure dei 4 protagonisti al servizio della Regina di Francia prendono il via dal ricongiungimento della “banda”. I Moschettieri di questo film sono in realtà degli ex: 4 signori sulla cinquantina che non si vedono da 30 anni circa ma che da giovani hanno combattutto insieme, fianco a fianco, e stretto un’amicizia profonda che li lega l’uno all’altro, al di là delle personali sorti. Dopo essersi ritrovati, accettano una missione segreta assegnata loro dalla regina Anna D’Austria e partono. Durante il viaggio dovranno combattere contro diversi nemici, tra cui mercenari, spie, traditori e Ugnotti ma soprattutto avranno modo di riprendere le fila della loro amicizia, approfondire il loro rapporto e arrivare persino a rimettere in discussione le ragioni per cui hanno intrapreso quella strada, toccando temi quali l’eroismo, la vendetta, la giustizia, il pentimento, la redenzione, la pietas umana, ecc.
Favino interpreta D’Artagnan: un uomo robusto e fascinoso in grado di sedurre qualsiasi donna (pure la Regina è palesemente cotta di lui). La simpatia che emana deriva principalmente dal suo buffo linguaggio – un italiano molto improbabile connnotato da un forte accento francese – dalla sua testardaggine e da frequenti episodi di ottusità.
Per Papaleo è stato scelto il ruolo di Athos: una specie di cantore bisessuale, un tipo malaticcio, non molto robusto, ma tutto d’un pezzo, che cerca di godersi la vita finché può. Dagli altri è definito “il capo”. Fa sorridere perché nei momenti in cui si infervora maggiormente tira fuori un goffo accento lucano e perché ha serie difficoltà nel ricordare le parole d’ordine.
Porthos ha il volto – segnato – di Valerio Mastandrea; tra i quattro è quello che sembra essere messo peggio: magro, praticamente deperito, vestito di stracci, col barbone canuto incolto e coi capelli grigi, sporchi, lunghi, disordinati. Inizialmente ubriaco da mattina a sera, non si fa però pregare più di tanto nel momento di tornare in servizio. Quando la Regina chiama, Porthos risponde. Eppure si porta dietro sempre un’aria tetra, segue i compagni ma mugugna spesso, recrimina. Non le manda mai a dire. Tra tutti è forse quello con l’umorismo dal tono maggiormente sarcastico.
Sergio Rubini è Aramis: uno scommettitore incallito che si è rifugiato in convento per sfuggire ai creditori. L’aver trovato Dio lo ha reso una persona più riflessiva, meno vendicativa e meno violenta. Almeno così sembra. Anche in questo caso la simpatia scaturisce da alcune frasi pronunciate dall’attore con forte accento dialettale (pugliese). Anche se tutto ciò è ovviamente incongruente con la storia dei 4 cavalieri francesi, sul pubblico italiano ha una certa presa, anzi funziona proprio bene, almeno a sentire le fragorose risate in sala.
Altra incogruenza (più o meno perdonabile): i boschi, le valli e le colline che attraversano questi avventurieri non sembrano molto francesi. Ricordano più la Murgia e/o il pre-appennino italiano. D’altronde il film è stato girato tra la Basilicata e la Puglia. La campagna piena di ulivi e le rocce tufacee dei monti non mentono.
Margherita Buy la vediamo nei panni della Regina Anna d’Austria, madre alcolista del giovane Re Luigi XIV: una donnetta che teme le pericolose trame del potente cardinale Mazzarino. La scelta di cast è buona, però – a dirla tutta – la commedia non è propriamente nelle corde di questa attrice.
Matilde Gioli invece è buffissima nella parte dell’ancella, ossia dell’assistente personale della Regina: una ragazza molto bella ma anche molto linguacciuta e sprovvedduta. Con il suo sguardo magnetico – e l’aiuto di un buon profumo – riuscità a sedurre il bel D’Artagnan. In un paio di occasioni sarà mandata allo sbaraglio dalla regnante, sul dorso di un indomito cavallo, alla ricerca dei Moschettieri.
Alessandro Haber è lo spietato Cardinale Mazzarino. Perfetto nella parte, come al solito, non calca la mano ma riesce ad essere credibile come vile prelato che trama nell’ombra, alle spalle della Regina, uomo spregevole nell’animo che usa uomini e donne senza remore per raggiungere i suoi laidi scopi; i panni purpurei da cardinale gli conferiscono anche un’aria un po’ buffa.
A Valeria Solarino hanno assegnato il ruolo di Cicognac: una giovane venditrice di cavalli che si finge uomo e che trama contro gli Ugonotti. Sarà la spia di cui si serviranno i Moschettieri per arrivare al loro obiettivo.
Giulia Bevilacqua interpreta Milady: un’ex prostituta, protetta da Mazzarino, che attenta alla vita dei protagonisti facendo leva sulle sue doti da seduttrice. Spiace dirlo ma per questo ruolo serviva decisamente un’attrice con maggior allure da femme fatale.
Lele Vannoli, ai più noto come Superlello, è magnifico nei panni del Servo muto: un tizio altissimo e robusto – ma privo di parola – che fa da fedele servitore ai 4 condottieri. Sua caratteristica peculiare: avere una soglia altissima per il dolore.
Per Luis Molteni la parte di uno scienziato/tecnico di corte che fornisce i Moschettieri dell’equipaggiamento necessario per la nuova missione – in pratica ha lo stesso ruolo che aveva Q per James Bond.
Marco Todisco è il ragazzino brufolotico e stracciamaroni anche noto come Luigi XIV.
Leggendo il sottotitolo del film la domanda sorge automatica: ci sarà un seguito? La risposta è ovviamente scontata.
Nota: le musiche originali della pellicola sono composte da Luca Medici, a.k.a. Checco Zalone, con Giuseppe Saponari e Antonio Iammarino. Il trio usa il nome “Gratis Dinner”.
La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.