La La Land
di Damien Chazelle (USA, 2016)
con Emma Stone, Ryan Gosling, John Legend,
Rosemarie DeWitt, J. K. Simmons, Finn Wittrock,
Callie Hernandez, Tom Everett Scott, Josh Pence, Jason Fuchs,
Damon Gupton, Jessica Rothe, Sonoya Mizuno, Miles Anderson
Ok, vediamo di essere brevi e schematici (nei limiti del possibile): questo film è un musical. A me non piacciono i musical, eppure…
Eppure devo ammettere che mi è piaciuto, parecchio. Si tratta certamente di un gran film, una notevole produzione cinematografica, resa degna di nota dalla recitazione dei due attori protagonisti e da una fenomenale colonna sonora.
Certo, anche la location – Los Angeles – fa la sua parte, eccome se la fa. D’altronde quel “LA” ripetuto due volte nel titolo fa chiaramente riferimento a Los Angeles. Dunque possiamo considerare la città degli angeli come terzo – aggiunto – protagonista di questa bella storia d’amore.
Attenzione: bella ma non originalissima. Di certo “La La Land” non passerà alla storia per l’originalità della sceneggiatura. Comunque quel che c’era da raccontare è stato raccontato bene. Due ragazzi, giovani, con più di 25 anni ma meno di 35, si incontrano a Los Angeles e si piacciono subito. Lei (Mia) lavora negli studios – fa la cameriera in un cofeee shop – ma ambisce a diventare un’attrice, infatti non fa altro che passare da un provino all’altro, lui (Sebastian) invece è un pianista squattrinato, amante del jazz, che suona in alcuni piano bar ma senza successo, anzi perdendo tutti gli ingaggi a causa della sua indole anarchica ed estremamente estrosa. Il suo sogno è aprire un jazz club o meglio rimettere in piedi un vecchio locale, non uno qualsiasi ma uno in particolare che ha visuto in passato i fasti del Grande Jazz e che nel frattempo si è trasformato in un posto in cui fanno “tango e tapas”.
Dunque due ambizioni che corrono parallele fino a un certo punto, poi diventano linee convergenti, che si vanno ad incontrare in un punto. Fino a un certo punto, almeno. Perché l’amore trova il suo coronamento, ma poi le strade dei due protagonisti riprendono a divergere, si allontanano cioè parecchio l’una dall’altra – a causa di egoismi, protagonisti, interessi personali, ecc. Questo rapporto artistico-sentimentale potrebbe quasi essere paragonato ai piatti di una vecchia bilancia: il grande successo dell’uno, la sua vertiginosa salita verso l’alto, implica quasi automaticamente la caduta dell’altro.
Il regista è lo stesso del notevolissimo film Whiplash. Anche la sceneggiatura è sua (quindi aspettatevi grandi cose). Le musiche sono state composte da Justin Hurwitz, un compagno di università di Damien Chazelle. Scelta azzeccatissima.
La Stone e Gosling sono bravissimi nel ballare, cantare e recitare. Questo è fuori discussione.
Gosling ha pure imparato a suonare il piano; dice che “la mani so’ sue”, cioè zero controfigura per le parti in cui il protagonista suona splendide melodie melanconiche seduto al pianoforte. In alcuni frangenti, guardando il film, forse il bel Ryan vi apparirà un po’ legnoso – come suo solito – ma non fateci caso. L’impegno c’è, il ragazzo ce la mette tutta, e il risultato, a mio avviso, è notevole.
Emma Stone anche vi sembrerà un po’ una giovane Rita Pavone – ma scacciate via questi brutti pensieri.
Su John Legend non mi soffermerò molto. Io lo apprezzo più come cantante/musicista che come attore ma va detto che questo progetto è in piedi anche grazie al suo finanziamento. Dunque gli va detto anche bravo per averci visto lungo in questa sceneggiatura di Chazelle. M’è anche arrivata voce all’orecchio che durante le riprese si sia dimostrato un po’ gelosetto nei confrnti di Gosling, a causa dei complimenti che gli rivolgevano come provetto pianista. Ma questo è solo gossip.
Riflessioni varie.
C’è un tentativo di imitare pellicole che hanno fatto la storia del cinema americano, come “Singin’ in the Rain”? Sì, ovviamente. Direi un tentativo riuscitissimo, anzi meglio: si tratta di un discreto omaggio. Per tutta la pellicola – persino nei titoli di coda – sono disseminati riferimenti ad altri film che occhieggiano alla cultura cinematografica dello spettatore.
La scena più importante è qulla iniziale: un lunghissimo piano sequenza in cui centinaia di ballerini ballano, cantano e saltano su una specie di autostrada, con decine di macchine bloccate in un lungo ingorgo stardale. Non perdetela! Io sono arrivato tardi al cinema, per cui ne ho vista mezza e male – anche stando in piedi.
Mentre partiva la scena del tip-tap – quella in cui i due protagonisti ballano per strada, avendo il meraviglioso belvedere di Los Angeles come sfondo – mi sono messo le mani in faccia. Grosso facepalm. Poi ho rimosso le mani e l’ho guardata: mi è sembrata – sì banale – ma tutto sommato guardabile. Non fateci caso comunque, è una mia idiosincrasia per il tip-tap al cinema; da bambino mi piacevano tanto i film di Fred Astaire e Ginger Rogers, poi c’è stato un rigetto totale.
Sulla locandina c’è scritto “Dedicato ai folli e ai sognatori”. Una tagline così far venir la voglia di stare lontani dai cinema in cui si proietta questa pellicola, ma non fatevi trarre in inganno dalle discuitibili scelte dei responsabili marketing.
Ho letto che in giro ci sono polemiche relative ad un presunto maschilismo strisciante nella pellicola, pare che si voglia far passare il messaggio “alle donne non piace il jazz”. Ma secondo me sono tutte cretinate. Anzi, il bello qui è proprio nel raccontare come l’amore possa far avvicinare e mescolare i gusti tra i due innamorati, come dei sentimenti positivi aiutino le persone ad aprirsi al mondo, a nuove idee, nuove visioni, nuove passioni. Dunque cataloghiamo l’inutile chiacchiericcio online a semplicissimo “bullshit”.
È tornata l’epoca delle commedie sofisticate? No, non credo ma questo mi sembra un valido – validissimo – tentativo di rivangare quel fortunato periodo del cinema americano.
Nel momento in cui scrivo (2 febbraio 2017) “La la land” ha ben 14 candidature al Premio Oscar (il celeberrimo Academy Award) – compresa quella per il “miglior film”, ossia la più importante. Vincerà tutte queste statuette? Molto probabilmente no. Ma 5/6 credo siano sicure. Quella per la “miglior sceneggiatura originale” non gliela darei, ad esempio. 7 Golden Globe comunque li ha già portati a casa.
La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.