Un maledetto imbroglio
di Pietro Germi (Italia, 1959)
con Pietro Germi, Claudia Cardinale, Nino Castelnuovo,
Franco Fabrizi, Claudio Gora, Cristina Gaioni,
Eleonora Rossi Drago, Peppino De Martino, Saro Urzì,
Rosolino Bua, Nanda De Santis, Loretta Capitoli, Ildebrando Santafe,
Gianni Musy, Toni Ucci, Vincenzo Tocci, Pietro Tordi, April Hennessy, Rita Mascetti
Splendido noir all’italiana diretto ed interpretato da Pietro Germi. Si rifà al romanzo di “Quel pasticciaccio brutto de via Merulana”, o meglio ne vuole essere la trasposizione cinematografica, prendendosì però alcune libertà; il palazzo in cui avviene il delitto della signora Liliana Banducci, ad esempio, non è su via Merulana, bensì in Piazza Farnese (lo si capisce chiaramente dalle fontane gemelle che spesso vengono inquadrate davanti all’ingresso del palazzo).
Roma, anni ’50. In un palazzo avvengono due fatti di cronaca nera a distanza di pochi giorni: in un appartamento un commendatore single di mezza età (Anzaloni) viene rapinato da un misterioso malvivente, mentre nell’appartamento di fronte al suo – esattamente sullo stesso pianerottolo – qualche giorno dopo viene assassinata la moglie di un distinto uomo d’affari, tale Liliana Banducci.
Principali sospettati dell’omicidio sono Remo, il marito della signora Banducci, e il di lei cugino, tale Valdarena: un giovane belloccio sui trent’anni, che si spaccia per medico e ha anche un suo ambulatorio attrezzato, pur non avendo mai conseguito la laurea in medicina.
Le indagini, affidate all’astuto commissario Ingravallo e alla sua squadra di collaboratori, non saranno affatto semplici, dureranno alcuni mesi e saranno estenuanti per tutti (indagati e inquirenti) ma porteranno comunque alla rivelazione dei reali colpevoli, sia del furto un casa Anzaloni, che della morte della signora Banducci.
Godibilissima la linea comica affidata agli uomini di Ingravallo e ai personaggi di contorno, come una locandiera e il suo vecchio padre, una giovane prostituta, gli inquilini del palazzo in cui avviene il delitto, ecc.
Occhio al finale perfettamente neorealista, eseguito in maniera così precisa da essermi sembrato un’aperta e chiara citazione della celebre scena della corsa di Anna Magnani nel film “Roma Città Aperta” di Rossellini.
Pietro Germi si cuce addosso un ruolo di primo piano calandosi perfettamente nei panni di Ingravallo. Il suo commissario è più discreto, stiloso, saggio, riflessivo e scaltro dell’Ingravallo descritto da Gadda nel romanzo e poi è molto meno meridionale nell’accento e meno gretto nell’aspetto. Per di più il film è decisamente meno introspettivo di quanto fosse il libro; i contorti pensieri (coltissimi e sospettosi) dell’Ingravallo di Gadda non vengono praticamente mai illustrati nella pellicola. Sia come sia, Germi interpreta magnificamente la figura del commissario di polizia a cui non la si fa: un poliziotto serio, tutto d’un pezzo, ma non del tutto sfrontato, scaltro e brillante ma molto umile e con i piedi ben piantati per terra, di certo dotato di molta umanità anche nelle situazioni più difficoltose, in un caso arriva addirittura ad affermare che “i veri imbecilli” sono quelli che stanno indagando, cioè lui e i suoi uomini.
La sua figura contrasta nettamente con gli altri sbirri di cui si circonda, come il paffuto maresciallo Saro (interpretato da Saro Urzì): un uomo grasso, basso, pelato e cialtrone, che pensa solo a mangiare panini, menare le mani e trovare soluzioni semplici che portino alla repentina chiusura del caso; in alcuni casi la sua dabbenaggine lo porta persino a proporre pratiche d’indagine poco ortodosse. Anche i due Carabinieri che Ingravallo incontra a Marino sembrano essere due macchiette, più che due tutori della legge. E poi c’è il brigadiere Oreste (Silla Bettini), ossia l’altro collabnoratore di Ingravallo: un poliziotto a cui vengono assegnati i compiti più noiosi, come gli appostamenti sotto casa di Benducci.
Franco Fabrizi è Valdarena (chi altri sennò?): il bello che fa il viveur a spese dei parenti, la cui “piacioneria” indigna sin da subito Saro e Ingravallo.
Alla fascinosa Eleonora Rossi Drago andò la parte di Liliana Banducci, la bella signora, gentile, raffinata e indifesa che finisce vittima di un misterioso assassino. Ingravallo sembra quasi avere un debole per lei (ma lo si capisce del tutto solo se si è letto il romanzo).
Suo marito è interpretato dallo straordinario Claudio Gora: un uomo dall’aplomb infinito che oscilla continuamente tra galanteria e terrore. Distinto, elegantissimo, cordiale, dai modi affettati, si capisce fin dalle prime battute che ha qualcosa da nascondere.
Il pavido e piagnone commendatore Anzaloni ha le fattezze di Ildebrando Santafe; su questo personaggio – in fortissimo odore di omosessualità – ci sarebbe molto da dire. Mi limito solo ad osservare che in più di un’occasione il racconto sfiora l’omofobia, anche se forse il regista fa qualche sforzo per raccontare lo scherno a cui la società dell’epoca esponeva gli uomini di mezza età non sposati e poco virili.
La bella e giovanissima Claudia Cardinale interpreta Assuntina, la domestica di casa Banducci che sposa uno dei primi sospettati del furto in casa Anzaloni.
Nino Castelnuovo è appunto Diomede, il bel ladruncolo prima fidanzato (e poi marito) di Assuntina.
La biondissima Cristina Gaioni interpreta l’intraprendente minorenne che fa perdere la testa al signor Banducci.
Gianni Musy è Retalli, un ladro che per hobby fa il corridore. I suoi due complici sono un chitarrista detto “Er Patata” (il simpatico Toni Ucci) e Filone (Vincenzo Tocci).
Peppino De Martino interpreta il capo di Ingravallo, un tizio serio e coscenzioso, ma sempre preoccupato di non fare abbastanza, che passa gran parte del tempo a riferire al suo superiore (il questore) in atteggiamento ossequioso.
Il parroco con cui si confida la signora Banducci ha il volto di Rosolino Bua.
Il buffo Pietro Tordi interpreta invece il direttore del cottage di Verbania, il nido d’amore in cui si vanno a rintanare le coppiette in cerca di intimità.
La canzone “Sinnò me moro”, che fa da tema al film, è cantata da Alida Chelli ma fu scritta da Germi insieme a Rustichelli.
Nel 1960 questa pellicola ha vinto il Nastro D’Argento per la migliore sceneggiatura.
La scheda IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.