EdenEden

Eden
di Mia Hansen-Løve (Francia, 2014)
con Félix de Givry, Pauline Etienne, Vincent Macaigne,
Roman Kolinka, Hugo Bienvenu, Vincent Lacoste, Arnaud Azoulay,
Zita Hanrot, Paul Spera, Sigrid Bouaziz, Golshifteh Farahani,
Hugo Conzelmann, Laura Smet, Arsinée Khanjian, Greta Gerwig

Film francese che narra in un certo qual modo la nascita del movimento identificato con l’appellativo “French Touch”.
In Eden la Hansen-Løve racconta l’ascesa e il declino di Paul, un giovane dj di Parigi (50% del duo di produttori Cheers). Una storia che mescola in un solo protagonista-simbolo parti (non uguali) di: desiderio di successo, amore per la musica, passione per la professione, difficoltà nei rapporti con l’altro sesso, problemi di droga e voglia di far festa 365 giorni l’anno.
La nascente scena house francese fa da cornice, rimane sullo sfondo, serve a identificare un periodo storico/stilistico ben preciso, ma il cuore della faccenda è, ancora una volta, il passaggio dalla giovinezza all’età adulta – validamente rappresentato dalle vicende di un animo fragile, un po’ perso, un po’ sognatore, un po’ ingenuo, un po’ autolesionista, un po’ arrivista, un po’ sinceramente sognatore, un po’ vittima, un po’ carnefice.
I Cheers sono una band di fantasia, ma la pellicola mescola elementi di verità, come le serate “Respect is Burning”, Radio FG e il celeberrimo duo dei Daft Punk – dj/produttori emersi esattamente nello stesso ambiente, qui rappresentati da Vincent Lacoste (Bangalter) e Arnaud Azoulay (de Homem-Christo).

Perché guardare la pellicola: perché vi piacque (o vi piace ancora) la musica classificabile come French Touch, un suono che peraltro gli stessi protagonisti definivano semplicemente “Garage”.
L’elemento più interessante del film è infatti la colonna sonora, che comprende diverse chicche come:
– “Plastic Dreams” di Jaydee;
– “Venus (Sunshine People) (Dj Gregory Remix)” di Cheek;
– “Finally” dei Kings of Tomorrow e Julie McNight;
– “Closer Than Close (Mentor Original)” di Rosie Gaines;
– “Black Water” degli Octave One;
– “Follow Me” di Aly-Us;
– “Caught In The Middle” di Juliet Roberts;
– “It’s Yours” Jon Cutler;
– “Gypsy Woman (She’s Homeless)” di Crystal Waters;
– “Promised Land” di Joe Smooth;
– “Da Funk” dei Daft Punk;
– “Veridis Quo” dei Daft Punk;
– “One More Time” dei Daft Punk;
– “The Whistle Song” di Frankie Knucles;
– “Get Up (Everybody)” di Byron Styngly;
– “Sweet Music” di Terry Hunter;
– “Shout To The Top” degli Style Council;
– “Just As Long As I Got You” dei Love Commitee;
– “The MKapella” di MK;
– “To Be In Love (MAW ’99 Mix)” dei Masters at Work & India;
– “Jealousy” di Martin Solveig;

Nella pellicola appaiono nel ruolo di se stessi anche diversi pezzi grossi della scena house, come Terry Hunter, Tony Humphries, Arnold Jarvis e La India. Spiace che quest’ultima venga rappresentata come una cantante talentuosa ma stronzetta che si comporta da diva capricciosa.
Il protagonista ha il volto (da giovinetto) del talentuoso Félix de Givry.
Onore alla regista per aver saputo rappresentare con un elevato livello di verosimiglianza ciò che accadeva nei club di musica house in quel determinato periodo storico.
Il film non annoia, anche quando la trama si perde un po’ per strada. Il racconto fila. La tipica parabola gaussiana, che colpisce chi sale velocemente sull’Olimpo del successo e altrettanto rapidamente ne discende, viene rappresentata chiaramente, è decisamente palese. Nell’alternanza irregolare tra momenti di depressione e momenti di esaltazione del protagonista c’è anche spazio per un umorismo leggero leggero e anti-mitizzante, come quello della gag in cui vediamo i Daft Punk rimbalzati all’ingresso di un party molto cool organizzato da altri elementi della stessa cricca.

Sia maledetto Giorgio Carbone, che su Libero scrisse: «’Eden’ chiude lasciandoti l’amaro in bocca come ogni constatazione che una stagione vitale è terminata». Putroppo aveva ragione.

La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

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