A cavallo della tigre
di Luigi Comencini (Italia, 1961)
con Nino Manfredi, Mario Adorf, Gian Maria Volontè,
Raymond Bussières, Valeria Moriconi, Luciana Buzzanca, Franco Giacobini
Un’avventura picaresca dello stesso genere de “I soliti ignoti”, ma in un certo senso più amara e più violenta. Gli autori della sceneggiatura sono i grandissimi Age, Scarpelli, Monicelli e lo stesso Comencini.
Italia, Anni ’50. Quattro detenuti tentano la fuga da un carcere del Lazio. Sono dei cialtroni ma in parte ci riescono. Il piano peraltro è alquanto ingegnoso. Tre di loro tramano il colpo da tempo, il quarto invece è un povero ingenuo che viene sfruttato dal resto della compagnia come una specie di esca, per tendere una trappola al direttore del carcere e al personale di sorveglianza, cioè al solo scopo di eseguire il piano correttamente. In altri termini funge da “utile idiota”.
Manfredi interpreta splendidamente l’utile idiota. Il suo Giacinto Rossi è un poveraccio che finisce in carcere per aver tentato una piccola truffa ai danni dell’assicurazione, al solo scopo di trovare un po’ di denaro per sfamare la sua famiglia. Nel team della fuga entra quasi per sbaglio perché lavora in infermieria, lì dove viene reperita la lima per il taglio delle sbarre.
Tagliabue – interpretato da Mario Adorf, ma doppiato da Mario Feliciani – è il più violento della compagnia; un tizio grosso, settentrionale, che ragiona con i pugni. Finito in carcere per omicidio, sembra comunque anche il più scaltro dei quattro, probabilmente è la mente del gruppo, quello che ha ideato il piano di fuga.
A Raymond Bussières andò la parte del “Sorcio”, il più anziano del gruppo: un tizio smilzo ma molto lesto, furbo, bravo con le lime, le chiavi, le lenzuola da annodare. Si potrebbe definire il braccio della ghenga.
Il giovane Papaleo ha le fattezze di Gian Maria Volonté. Un tizio di 30 anni circa, meridionale (forse lucano, forse pugliese) con occhialetti e capelli sempre impomatati, pseudo-intellettuale ferito nell’orgoglio di uomo del sud, che si trova in carcere per aver commesso un delitto d’onore, ossia perché ha ammazzato il tizio con cui la sua ragazza lo tradiva. Per riprodurre correttamente la sua dizione da terrone credo che lo abbiano doppiato.
Il simpatico Franco Giacobini ha qualche scena nei panni del medico del carcere.
Valeria Moriconi interpreta Ileana, la moglie di Giacinto. Una specie di madre coraggio – ma con dei lati oscuri – che si accolla la responsabilità dell’intera famiglia quando suo marito va a finire in gattabuia.
Ferruccio De Ceresa è Coppola, il nuovo compagno di Ileana, l’uomo che preso il ruolo di padre di famiglia nella famiglia di Giacinto.
Per un parere più autorevole del mio, vi consiglio di leggere questo articolo scritto pochi giorni fa da Goffredo Fofi su Internazionale, che mi ha fatto scoprire l’esistenza di questa pellicola e mi ha incuriosito, spingendomi alla visione.
Qui trovate una locandina alternativa in lingua francese.
La scheda di Wikipedia, quella Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.