Perfetti sconosciuti
di Paolo Genovese (Italia, 2016)
con Kasia Smutniak, Edoardo Leo, Marco Giallini,
Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Anna Foglietta,
Giuseppe Battiston, Benedetta Porcaroli
7 amici si ritrovano per una cena: tre coppie di giovani più un single (recentemente fidanzato), tutti tra i 30 e i 50 anni. Durante gli antipasti scatta un gioco “Svela-segreti”: decidono cioè di mettere i loro cellulari sul tavolo e di leggere ad alta voce ogni messaggio che ricevono (sia esso un SMS o una notifica da un’altra applicazione di messaggistica istantanea) e di usare il vivavoce per ogni chiamata ricevuta.
Sebbene nasca come un pruriginoso divertimento per trascorrere in simpatia la serata, l’iniziativa balorda si trasforma immediatamente in uno psico-dramma collettivo, un massacro che fa esplodere problemi latenti e drammi pressoché inimmaginabili.
Nel momento in cui, però, tutto il mondo intorno ai protagonisti è crollato e sta per lasciare solo angoscianti rovine, ecco che il regista (o meglio lo sceneggiatore) interviene a rimettere a posto le cose con un espediente narrativo alla “Sliding Doors”. Una mossa paternalistica e consolatoria, come a dire “Non spaventatevi, state sereni, era solo un gioco, un “se fosse”, a voi non accadrà mai”. Un’ultima sterzata contro-buonista arriva fortunatamente proprio negli ultimi secondi della pellicola, ma mi sa che ho già spoilerato troppo.
In questo nuovo film di Genovese il vero imputato è il cellulare. Qui lo strumento di comunicazione viene rappresentato come la causa di gran parete dei problemi di coppia. Un’analisi alquanto sbrigativa e banale, per non dire nazionalpopolare. Le accuse che si rivolgono al mezzo sono, al solito, sempre le stesse, ormai trite: scatola nera della nostra vita, violatore di privacy, ecc. Come se nessuno dicesse bugie prima dell’avvento dello smartphone e dei social network, come se i tradimenti non fossero nati insieme con l’essere umano (o meglio con la sua coscienza), come se le coppie non avessero problemi indipendentemente dai mezzi che usano per comunicare.
Ciò detto, posso asserire che a me il film è piaciuto. Mi sono divertito parecchio, soprattuto grazie agli ottimi dialoghi e alla bravura di tutto il cast.
Edoardo Leo è perfetto nel ruolo del peter pan scavezacollo, un po’ latin-lover, un po’ fascitello, con mille progetti in testa. Anche la Rohrwacher – che fa la sua compagna – è perfetta: una giovane veterinaria timidina, biondina, piccolina, delicatina ma parecchio noiosa.
Giallini gigante, come sempre. Qui intepreta un chirurgo paziente e amorevole che cerca di fare da mediatore nei rapporti pessimi tra sua moglie (la bella Smutniak, in versione psicologa irrisolta) e sua figlia (una dicassettenne in cerca di autonomia).
Mastrandrea molto misurato: il suo ruolo parte in sordina ma cresce con l’avanzare della pellicola.
Validissima anche la Foglietta nei panni di una mogliettina un po’ frustrata – con la tendenza all’alcolismo – che porta dentro un grande, angosciante segreto.
Battiston simpatico, come al solito; interpreta un professore tanto pacioso, quanto misterioso. Fidanzato da poco, non è chiaro il motivo per cui non voglia presentare la sua nuova fiamma ai suoi amici di sempre.
Dunque ottimo lavoro di cast.
Nota riguardo la regia: Paolo Genovese è lo stesso regista di “Immaturi” e di “Tutta colpa di Freud”.
Un’altra nota riguardo la sceneggiatura. Ad un certo punto chi ha scritto la storia si è divertito a calcare un po’ la mano. 2 coppie su quattro hanno problemi di “corna”. 3 tradimenti su 7 persone è forse una media un po’ alta. Per di più su alcuni personaggi – come quello interpretato dalla Foglietta – si accumulano un po’ troppe sfighe.
La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo e quella di MyMovies.