Black Mass – L’ultimo gangster
(Black Mass)
di Scott Cooper (USA, 2015)
con Johnny Depp, Joel Edgerton, Benedict Cumberbatch,
Peter Sarsgaard, Kevin Bacon, Jesse Plemons, Dakota Johnson,
Corey Stoll, Juno Temple, Adam Scott, Julianne Nicholson,
Rory Cochrane, David Harbour, Brad Carter, James Russo
Una storia di malavita, una delle tante – a dire il vero – ma con suoi tratti caratteristici. Innanzitutto questa volta il ganster protagonista non è il classico mafioso italiano – tutto mamma, madonna e spaghetti – ma James Bulger – detto “Whitey” – un boss di origini irlandesi, scaltro e molto sanguinario. La città è Boston, l’organizzazione prende il nome di Winter Hill Gang.
Altro elemento fondamentale: gli agenti dell’FBI qui non danno la caccia al capo della malavita, ma cercano di servirsi di lui come fonte di informazioni per debellare la mafia italiana di Boston – salvo poi rendersi conto di essere stati gabbati alla grande.
Il trait d’union tra la gang di Bulger e i federali è John Connolly, un agente dell’FBI molto intimo con lo stesso Whitey (sono della stessa città e sono cresciuti insieme), un poliziotto con intenzioni serie, ma che finisce ben presto per essere affascinato dal potere esercitato dal suo amico di sempre e passare quindi dalla parte dei cattivi – mentre finti successi in capo lavorativo gli procurano anche una rapida carriera. La dinamica che si viene a creare è quella del classico doppiogioco: fino a tre quarti della pellicola lo spettatore non capisce bene se Connely ci è o ci fa, se sta prendendosi gioco dei suoi colleghi – dunque dell’intera FBI – o se sta prendendo per il naso Whitey. Ha il piede in due scarpe praticamente fino alla fine, funge da ago della bilancia, da perno su cui va a reggere l’intera storia. Tanto che quasi ti viene da pensare che sa lui il vero protagonista della seconda parte del film, non Whitey.
A fare da sponda a questo rapporto boss-agente poi c’è anche un terzo attore: il fratello più giovane di Whitey, un rispettabilissimo(?) senatore.
Ciò che più mi ha lasciato a bocca aperta è stato il trucco di Johnny Depp. Per dare all’attore un aspetto il più possibile simile a quello di Whitey – un boss della malavita realmente esistito – gli hanno infilato sulle pupille due lenti a contatto dal colore improbabile, gli hanno montato una parrucca calva mezza bionda, con qualche capello bianco ai lati, e piazzato un’ampia protesi glabra sulla fronte, tanto da farlo sembrare quasi un alieno. Spaventoso e disgustoso allo stesso tempo.
Queste sembianze extra-terrene, comunque, sono servite a Depp per entrare ancor più nella parte e far emergere il lato più sadico e violento del personaggio. Non l’ho mai visto recitare in questo modo, dico sul serio. Il suo Whitey fa davvero paura. In una scena è così velatamente minaccioso da far venire i brividi. Mi riferisco a quella in cui Whitey, dopo aver intuito che la moglie di Connoly si è rinchiusa in camera da letto perché non lo vuole in casa, sale al piano di sopra e le fa intendere con parole e gesti sibillini che, se solo volesse, potrebbe farle molto male, potrebbe picchiarla e violentarla con grande facilità. Ma non lo fa. Si limita a lanciare sguardi torvi, a pronunciare mezze parole a toccare la donna con fare estremente viscido – il che fa quasi saltare lo spettatore sulla sedia. Nei panni della terrorizzata signora Connoly troviamo una straordinaria Julianne Nicholson: dignitosissima controparte per questo duetto memorabile.
Due buone parole anche su Joel Edgerton – colui che interpreta l’agente Connoly: molto valido nel dare credibilità a questo idiota pieno di sé, che crede da una parte di poter assoggettare ai suoi giochi il Bureau of Investigation e dall’altra evitare che il gansgter più spietato della città gli si rivolti contro. Tarchiatello con grandi occhi azzurri, lo vediamo strizzato in un completo giacca/cravatta/pantaloni con la piega, tipica da colletto bianco statunitense dei primi anni ’80.
La classe di Benedict Cumberbatch e il suo aplomb inglese sono stati messi a disposizione del ruolo di Bill Bulger, l’ipocrità senatore che cerca di stare fuori dagli affari sporchi di suo fratello maggiore – almeno per salvare le apparenze e almeno finché può.
Kevin Bacon ha poche scene. Recita la parte di uno dei capi di Connelly, forse l’unico agente FBI che dal principio si oppone a questa bizzarra idea di accreditare Whitey come un “informatore”, ossia di fidarsi delle soffiate di un ganster sanguinario.
Mi è piaciuto molto poi Rory Cochrane, uno dei due più stretti collaboratori di Whitey, praticamente il braccio destro del boss. Un tale che è così fedele al boss (o meglio uno che lo teme a tal punto) da essere costretto ad assistere al massacro della sua amante.
David Harbour – già visto nei panni dell’agente segreto doppiogiochista nella serie Pan Am – ha qui un ruolo secondario: un agente dell’FBI che si fa coinvolgere dal suo collega Connelly fino ad arrivare quasi a frarternizzare con il Boss.
Il regista Scott Cooper non sembra avere molta esperienza alle spalle – ha girato appena tre film – ma si può dire che qui comunque se l’è cavata dignitosamente. Non ha certo prodotto un capolavoro che rimarrà nella storia del cinema, eppure ha saputo raccontare con chiarezza la vicenda, senza inutili intrecci o montaggi confusionari, e ha avuto l’astuzia di avvalersi della valente recitazione di grandi professionisti come Depp e Cumberbatch – senza dimenticare il resto del cast artistico.
La locandina originale americana la trovate qui.
La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.