Crocevia della morte

Crocevia della morte
(Miller’s Crossing)

di Joel Coen e Ethan Coen (USA, 1990)
con Gabriel Byrne, Marcia Gay Harden, John Turturro,
Albert Finney, Jon Polito, J.E. Freeman, Al Mancini,
Steve Buscemi, Thomas Toner, Mike Starr, Richard Woods

I fratelli Coen ci sapevano fare sin dall’inizio, prima ancora di “Fargo”, de “L’uomo che non c’era”, de “Il grande Lebowski” e di tutti gli altri. E qui dimostrano di saperci fare anche con il genere gangster.
In realtà “Miller’s Crossing” è un film d’amore. Racconta della travagliata storia tra Tom Reagan e Verna. Lei è la pupa di Leo (temuto boss della malavita della costa Est), lui invece ne è il braccio destro, consigliere e amico fidato. Quella che vediamo sul grande schermo è la passione tra un gangster scaltro e una specie di protetta/mantenuta che scoppia durante una guerra tra malavitosi per il controllo del territorio.
Tom, infatti, oltre a cercare di conquistare Verna e sottrarla alle grinfie del suo capo, deve anche tener testa al tentativo di Johnny Caspar di escludere Leo dal dominio sulle attività illecite della città. Di mezzo c’è anche la protezione di Bernie Bernbaum, il fratello di Verna: un farabutto alquanto idiota, che non si rende conto quanto rischia nel divertirsi a truffare Caspar e allo stesso tempo a prendere per il naso Leo, chiedendogli protezione (in quanto parente della sua donna).

Gabriel Byrne è un gigante. Avrebbero dovuto dargli due o tre premi per questa interpretazione. Il suo Tom è un mix favoloso di arguzia, eleganza e intelligenza. Un eroe che siede dalla parte dei cattivi, ma che quanto valga la vita umana, cosa significhi rispetto e soprattutto amore. Un uomo forte con i forti ma facilmente battibile sul fronte delle debolezze umane, come il folle desiderio per una donna imprevedbile e dal forte temperamento e il vizio del gioco (le scommesse sui cavalli).
La pupa del boss ha le fattezze di Marcia Gay Harden, non una bellona, non una bimba, ma sicuramente una scelta validissima per dare corpo alla donna motivata ed emancipata, opportunista e dal cuore grande, ma che non si fa mettere facilmente i piedi in testa dagli uomini con cui intrattiene rapporti.
L’ottimo Albert Finney dà la faccia e le movenze del gran capo a Leo. Straordinaria la scena in cui il suo personaggio scampa con intuito e movenze feline a un attentato sanguinario.
Il buffo Jon Polito – che ricorderò sempre per la scena del commesso viaggiatore in “L’uomo che non c’era” – intepreta Johnny Caspar, il boss di origini italiane, ignorante, pasticcione e fanfarone. Già molto godibile nella versione italiana, chissà in quella originale.
J.E. Freeman è il braccio destro di Caspar: un pennellone serioso e sospettoso, elegante e di poche parole, che non disdegna menare le mani.
John Turturro è Bernie Bernbaum, il fratello omosessuale di Verna. Tutto impomatato è ancora più ridicolo del solito. Il suo personaggio agisce da bulletto incosciente: campa di piccoli stratagemmi, vive truffando i potenti del crimine e alla fine si ritrova a piagnucolare senza alcuna diginità di fronte alla morte che lo attende.

Voto alla pellicola: 8 pieno. Nel 1991 Enzo Natta parlò di «Romanticismo nero alla ‘gangster story’». Non posso che essere d’accordo. I Coen non deludono mai. Prendetevi un paio di ore per gustarvelo con calma.

Nota: il film pare sia basato sui romanzi “Piombo e sangue” e “La chiave di vetro” di Dashiell Hammett.

Qui potete vedere la locandina originale americana.

La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.