Birdman
di Alejandro González Iñárritu (USA, 2014)
con Michael Keaton, Emma Stone, Edward Norton,
Zach Galifianakis, Naomi Watts, Andrea Riseborough, Bill Camp,
Jeremy Shamos, Amy Ryan, Merritt Wever, Lindsay Duncan
Questo film è del 2014 ma senza alcun’ombra di dubbio sarà una delle cose migliori che vedremo sui grandi schermi italiani nel 2015.
Birdman narra del tentativo di un vecchio attore di tornare popolare.
Stanco di essere finito nel dimenticatoio, Riggan Thomson – che negli anni ’90 è stato famosissimo per aver interpretato un supereroe mascherato (l’uomo uccello) in una saga di film di successo – decide di prendere in mano le redini della sua carriera e allestire uno spettacolo in un grande teatro di Broadway, adattando il testo “What We Talk About When We Talk About Love” di Raymond Carver. Di questa folle impresa, oltre che sceneggiatore, è anche regista e primo attore.
Negli ultimi giorni che precedono l’anteprima della messa in scena Riggan si trova ad affrontare una serie di problemi, sia personali che professionali. Infatti Ralph, il co-protagonista maschile, oltre a non essere ritenuto degno del ruolo da Riggman, subisce un incidente sul set il giorno prima dell’anteprima e minaccia ritorsioni legali. Come sostituito viene ingaggiato (ad un prezzo folle) un altro attore, valido e di successo, ma anche parecchio pieno di sé e poco controllabile.
Come se non bastasse, Riggan deve anche cercare di ricostruire un rapporto con sua figlia (una giovane ex-tossicodipendente che dà una mano in teatro) e non distruggere la relazione che da qualche tempo intesse con una delle attrici che recitano nella sua pièce.
La stabilità psichica non è il punto forte dei personaggi che si affollano sulla scena, ma di certo il protagonista è quello che sta messo peggio: il livello di stress e insoddisfazione che lo affligge è così elevato da fargli credere di avere dei superpoteri (come la telecinesi) e fargli sentire nel cervello la voce del suo alter-ego mascherato ai tempi del successo: Birdman.
In “Birdman” ho intravisto un certo gioco autobiografico parecchio ammiccante: ossia chi meglio di Michael Keaton può interpretare un vecchio attore ormai (abbastanza) dimenticato che in passato è stato celebre per aver interpretato un supereroe mascherato? Li ricordate i due Batman diretti da Tim Burton, vero?
Nota tecnica di fondamentale importanza: Iñárritu gira e monta la pellicola come se fosse un unico, lunghissimo, piano sequenza. Roba da togliere il fiato. Nel guardare Birdman non ci si annoia mai; la soglia d’attenzione dello spettatore è sempre alta. La telecamera a spalla, che segue spesso l’attore dalle spalle (scusate il gioco di parole), contribusice inoltre a dare a chi guarda l’idea del punto di vista del personaggio. Altro dettaglio delizioso: gran parte delle scene sono girate all’interno del teatro; l’obiettivo si aggira furtivo per gli stretti corridoi e gli spazi angusti dell’edificio conferendo all’opera un gusto decisamente claustrofobico.
Il cast è da urlo. Attori veri, di prima classe. Gente che può reggere una pellicola verbosissima (nel significato migliore del termine) e con scene lunghissime.
Michael Keaton (l’attore protagonista) è uno dei miei miti di giovinezza. Ho imparato ad apprezzarlo proprio per quel “Batman” di Burton e non ho mai dimenticato quanto fosse bravo; in questa pellicola non mi ha affatto deluso. Anzi. Credo che sia difficile che possa scontentare qualche spettatore. 10 con lode meritatissima. Da Oscar (difatti è tra i nominati per la categoria “Migliore attore”).
Galifianakis stranamente non recita sopra le righe – non più di tanto – e forse proprio per questo lo si apprezza – ancor più del solito. Suo il ruolo di Jake, l’agente/avvocato/produttore del protagonista.
Edward Norton è Mike, lo stronzo che viene preso a sostituire il coprotagonista dello spettacolo teatrale. Intepreta un attore pieno di sé, matto come pochi, capace di mettere in grossa difficoltà anche un regista capace e/o un collega con molta più esperienza. Il suo personaggio fa l’altalena tra scene di squinternata vivacità (anche alcolica) e brevi chicche di profonda riflessione e autocritica. Straordinari i duetti con Keaton.
Applausi da spellarsi le mani per Emma Stone. Più il tempo passa, più dimostra di essere una grandissima attrice. Eccezionale come giovane con un piede fuori dal tunnel dalle droghe, figlia depressa/incazzosa del protagonista con l’atavico problema del sentirsi abbandonati dal genitore troppo impegnato ad occuparsi della propria carriera.
Naomi Watts s’è scelta il ruolo di Lesley, l’attricetta insicura che vede lo spettacolo a Broadway come il punto di arrivo di una deprimente carriera: è lei a tirare dentro Mike nella pièce di Thomson, non appena sa dell’incidente occorso a Ralph (Jeremy Shamos).
Andrea Riseborough ha la parte dell’amante del regista, che “incidentalmente” è anche l’attrice che completa il quartetto di protagonisti della pièce.
Amy Ryan interpreta la moglie di Riggan Thomson, una donna che nutre ancora dell’affetto per il suo ex, ma che conosce troppo bene il suo malato attaccamento alla popolarità per continuare a stargli vicino.
A Lindsay Duncan il ruolo di Tabitha Dickinson, l’acidissimo critico teatrale del New York Times che passa il tuo tempo in un bar vicino al teatro con davanti un martini e un taccuino.
Piccola nota sulla colonna sonora: gran parte delle scene concitate vengono accompagante da deliziosi assoli di batteria dal sapore funky; in un paio di casi il batterista appare anche sullo schermo a mo’ di giuntura tra due piani sequenza.
Voto 9. Pellicola da vedere assolutamente, meglio se in lingua originale.
Oltre che regista, Iñárritu è anche co-sceneggiatore e co-produttore.
La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.