Quinto potere

Quinto potere
(Network)

di Sidney Lumet (USA, 1976)
con Faye Dunaway, William Holden, Peter Finch,
Robert Duvall, Wesley Addy, Ned Beatty, Arthur Burghardt,
Bill Burrows, Beatrice Straight, Conchata Ferrell

Anche le news sono intrattenimento? Ritenete corretto che anche il notiziario diventi uno spettacolo e che si sottoponga al gioco degli ascolti e dello share?
Network è un film che rappresenta – esasperandoli – i meccanisimi che si muovono dentro un canale televisivo. Erano gli anni ’70, erano i tempi della guerra fra i tre grandi network televisivi nazionali degli USA (ABC, CBS e NBC), ma le cose probabilmente non sono cambiate poi più di tanto.
Anche oggi – anche qui in Italia – i tg fanno intrattenimento, ancor prima di fare informazione. Se di facciata l’obiettivo primario è sempre dare risalto a ciò che accade nel Mondo, rimane il fatto che anche questa trasmissione modifica il proprio contenuto e la propria forma in base ai risultati degli ascolti.
Mentre racconta la parabola di Howard Beale – il telepredicatore matto e apocalittico della UBS e la sua strumentalizzazione al fine di raccogliere pubblico e consenso – questa straordinara pellicola di Lumet mette in scena anche una tormentata storia d’amore tra Max Schumacher, lo storico direttore del servizio notizie (delle news), e Diana Christensen, la giovane e rampante direttrice della divisione che si occupa dell’intrattenimento.
La loro relazione ha anche la funzione di rappresentare la collisione tra due modi di intendere il mondo; l’uno più tradizionalista e romantico, in cui c’è ancora spazio per la dignità, il rispetto e sentimenti come l’amicizia e l’amore, e l’altro più materialista, funzionale e spietato, tutto orientato com’è al successo negli affari.

Il grande William Holden è quanto di più stiloso si potesse scegliere: il suo volto segnato dalle rughe è perfetto per rappresentare il tormento di un uomo di mezza età, che non vuole arrendersi di fronte al fatto che la sua era è ormai passata e che la sua etica professionale è stata ormai calpestata dagli interessi affaristici dell’editore per cui lavora. Bello nonostante l’età (qui aveva quasi 60 anni), risulta perfettamente credibile come giornalista professionista dalla grande esperienza, un uomo di grande fascino che riesce a sedurre persino una fredda calcolatrice come la giovane Diana.
Faye Dunaway è appunto Diana: la stronza che non pensa ad altro se non al lavoro, al successo dei suoi programmi, allo share, alle reazioni degli spettatori, alla concorrenza, ecc. Ottima scelta di cast anche nel suo caso. Da segnalare lo splendido guardaroba messo insieme per il suo personaggio da donna in carriera.
Il canuto Peter Finch interpreta Howard Beale: un mezzobusto anziano, ormai quasi a fine carriera, che improvvisamente, dopo una specie di folgorazione, decide di punto in bianco di mettersi ad urlare nel suo programma tv tutta la rabbia per quello che non va nel mondo.
Uno straordinario Robert Duvall dà voce e corpo a Frank Hackett, l’iper-pragmatico rappresentante del consiglio di amministrazione della UBS.
Wesley Addy (lo ricordate come Cabot Alden nella soap opera “Quando si ama”?) è il presidente Nelson Chaney.
A Ned Beatty il ruolo del titolare della società proprietaria del canale tv.

Qui potete leggere cosa scrissi del film nel 2011, dopo la mia personale seconda visione. Quella di qualche giorno fa, invece, è stata la terza.
Da vedere assolutamente, se vi occupate di comunicazione. Ma non solo.

Qui potete vedere la locandina originale americana.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.