American Hustle

American Hustle – L’apparenza inganna
(American Hustle)

di David O. Russell (USA, 2013)
con Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper,
Jeremy Renner, Jennifer Lawrence, Louis C.K., Jack Huston,
Michael Peña, Shea Whigham, Elisabeth Röhm

Dallo stesso regista de “Il lato positivo” (che ho visto l’anno scorso), di “The Fighter” (che ancora non ho visto) e “Three Kings” (che credo non vedrò mai) una pellicola molto bella che trae ispirazione da una storia vera; una storia di truffe e truffatori, di poliziotti federali e grandi artisti della simulazione, di fiducia e coraggio, di onestà e malaffare, oltre che di senso della misura.
Non state ad ascoltare chi vi dice che in alcuni frangenti il film è lento. Russell ha conferito al tutto il giusto ritmo ed è riuscito persino ad alleggerire i contenuti, portando avanti un certo discorso di toni leggeri (per non dire proprio comici). Basti pensare alla panza enorme (e verissima) che Christian Bale s’è fatto crescere per recitare questa pellicola, al riportone posticcio del suo personaggio (Irving Rosenfeld), a quella sciroccata di sua moglie Rosalyn (interpretata straordinariamente da Jennifer Lawrence) o alla storiella curiosa – ma incompiuta – della pesca sul ghiaccio che l’agente Stoddard Thorsen (Louis C. K.) racconta all’agente Richie DiMaso (Bradley Cooper).

Momento super ridicolo da rivedere e ricordare: l’agente DiMaso che balla musica disco in discoteca – accanto alla bella di turno – agitandosi come un “wanna be Tony Manero”.

“American Hustle” è la storia di quello che accadde a Irving Rosenfeld, un piccolo ma astuto truffatore di New York, e alla sua complice Sydney Prosser. Siamo negli Stati Uniti, 1978: da poco è finito l’incubo del Vietnam, il rampantismo Reaganiano è alle porte e i nostri inziano a sentirne l’odore. Il desiderio di emergere, di fare i soldi, di essere vincenti è forte, il rampantismo sociale, insomma, è un po’ il fil rouge di tutta la pellicola. Gli attanti di questa vicenda vogliono sempre di più, anche se si giustificano dicendo che il loro unico desiderio è di “sopravvivere”.
Anche il terzo protagonista, ossia poliziotto – o meglio l’agente dell’FBI agente Richie DiMaso – che pizzica i due truffatori e che li costringe a lavorare al suo servizio, onde evitare la galera certa – ha tanto desiderio di rivalsa. DiMaso è solo un piccolo investigatore di origini italoamericane, parecchio giovane, ha una fidanzata che non gli piace, vive ancora con sua madre, fa una vita mediocre e squalliduccia, ma appena fiuta una pista che gli potrà fruttare notorietà, denaro e una bella donna, ci si tuffa senza pensarci due volte. La scalata al potere e la fama sono il suo pallino, il chiodo fisso che lo tormenta e per cui rischia tutto. Il suo vero problema è non rendersi conto di quanto è grande la sfida a cui si sottopone caparbiamente.
La quarta protagonista – Rosalyn Rosenfeld – è un’ex ragazza madre molto giovane e ignorante, oltre che vendicativa. Sa che suo marito Irving la tradisce, ma non le frega più di tanto; sa anche che guadagna parecchi soldi in modo illegale, ma fa spallucce. Finché torna sotto il suo stesso tetto e si comporta da padre con suo figlio, tutto è ok. Il sesso è l’arma letale di Rosalyn: attraverso il sesso riesce a non far fuggire il suo uomo e ad ottenere da lui tutto quello che vuole. Peraltro la cosa le riesce anche molto facilmente, visto che ha un corpo mozzafiato.
Il quinto protagonista è il sindaco di un paesino del New Jersey: Carmine Polito (Jeremy Renner). Un personaggio abbastanza idealtipico: italoamericano amante della famiglia e della sua cittadina, oltre che ammanicato con la Mafia. Su di lui si apre un punto interrogativo: quanto è vittima del sistema e quanto è carnefice? Siamo di fronte a un politico sporco e corrotto o si tratta solo di un altro ingenuo che ha idea di essersi ficcato in un meccanismo letale che tritura tutto quello che gli capita dentro?
Due parole anche sulla seconda – straordinariamente affascinante – protagonista. Amy Adams interpreta la rossa inglesina Sydney Prosser: una piccoletta dal viso angelico con occhioni blu, scollatura ammiccante perennemente a vista, e talvolta gambe nude penzoloni. Sex appeal da vendere, è capace di sedurre con un solo sguardo gli uomini che punta. Si troverà contesa da Rosenfeld e DiMaso, ma sarà lei a condurre il gioco. La Adams riesce a recitare forse meglio di qualunque altro. E in un film sulle truffe capite quanto questo possa essere determinante.

Un grosso “Mi piace” per l’eccellente colonna sonora: riesce a sottolineare ogni momento significativo del film. Funky quando il gioco si fa divertente, drammatica nei momenti più toccanti, tosta e incalzante durante gli attimi risolutivi. In un paio di occasioni si sostituisce del tutto ai dialoghi dei personaggi per raccontare da sola – aiutata esclusivamente dal rallenty – quello che accade in scena.
Grandi apprezzamenti anche per la scelta degli abiti: tamarri in ogni occasione, ma strepitosamente azzeccati per gli anni e i personaggi. Notevole lavoro è stato fatto anche nella scelta delle location in cui ambientare i fatti: meritano una citazione l’albergo in cui avviene un’importante trattativa, l’appartamento di Sidney, la lavanderia di Irving e la festa in cui i protagonisti incontrano un capo-mafia.
Ah, ecco appunto: stavo quasi per dimenticare. Il supermafioso (Victor Tellegio) qui lo interpreta Robert De Niro. Scelta scontata? Forse. Ma guardate prima di giudicare. Il suo sguardo fisso e la risolutezza dell’azione mettono i brividi. Un malavitoso che deve incutere timore negli altri personaggi del film quasi riesce a trasmettere la stessa sensazione anche a chi guarda. Dunque ottima costruzione della tensione (sia grazie all’attore, che attraverso le scelte di montaggio, musica, luci e innesti narrativi).
A proposito di montaggio: mi si lasci rivolgere per un attimo l’attenzione sulla valida scelta di non raccontare tutto con una linea temporare dritta e semplice. La storia che ci racconta Russell non è del tutto lineare: la prima scena si trova quasi a metà del percorso narrativo e ci dice già molto, o comunque parecchio. Apprezzabile la scelta di fare un grosso passo indietro per recuperare l’antefatto e spiegarlo allo spettatore. Zero rischi di confusione, comunque: non siamo di fronte a decine di flashback e flashforward.

Voto globale: 7 e mezzo. Forse “American Hustle” non rimmarrà nella storia del Cinema Americano, ma è sicuramente una delle cose migliori che vedremo in sala in questo 2014.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.