Total Recall – Atto di forza
(Total Recall)
di Len Wiseman (USA, 2012)
con Colin Farrell, Kate Beckinsale, Jessica Biel,
Bryan Cranston, Bill Nighy, John Cho, Will Yun Lee,
Simon Sinn, Bokeem Woodbine, Milton Barnes, James McGowan
Premessa 1: non ho letto il racconto “Ricordiamo per voi” di Philip K. Dick da cui questo film è tratto.
Premessa 2: qualche mese fa ho (ri)visto la pellicola del 1990 di cui questo film è un remake.
Devo dire comunque che non ho trovato poi grosse differenze.
Sì, non ci sono i riferimenti a Marte, non credo però che fosse un tema così centrale; piuttosto sono rimasti la dicotomia tra centro dell’impero sfruttatore e colonia lontana sfruttata e il controllo totalitario della società, perseguito soprattutto attraverso l’uso di avanzatissime tecnologie (come il telefono cellulare personale integrato nel palmo della mano). Il protagonista ha sempre problemi di memoria e si rivolge sempre all’azienda “Recall” (da cui il titolo del film) ma, anziché fare l’operaio edile, qui si occupa di assemblaggio robot adibiti al mantenimento dell’ordine (dei robocop in pratica).
La prima cosa strana che mi viene in mente è come hanno conciato il sobborgo urbano in cui abita il protagonista: una specie di Chinatown ipertech e allo stesso tempo post-atomica, poverissima e operaia, ammassata, alveolare, scura, buia, fitta, densa di cemento e di umanità. Il che mi ha stranito, in quanto i fatti (almeno in parte) dovrebbero essere ambientati in Australia o comunque nel continente Oceanico, non in Cina. Inoltre associare il popolo cinese (la sua cultura, il suo modo di vivere) con la povertà non è forse un po’ offensivo?
Altro fattore che mi ha colpito: la presenza scenica del protagonista. Sebbene Farrell si sia bombato un bel po’ in palestra e vada spesso in giro con i bicipiti muscolosi scoperti, non riesce ad avere la stessa fisicità di Arnold Schwarzenegger (che – lo ricordiamo – era un culturista prima di mettersi a fare l’attore). Come agente segreto doppiogiochista l’irlandese funziona pure bene ma, secondo me, ciò su cui hanno voluto puntare maggiormente è la sua aria da anima in pena, il contrasto cioè tra il Big Jim tutto muscoli e i suoi problemi d’identità, dovuti a strani ed inquietanti sogni.
Il “Total Recall” dei primi anni ’90 era molto più buzzurro, tamarro, caciarone. Diciamolo. Sì, più semplice, se vogliamo; scrauso persino visto con gli occhi di allora. Di certo era meno pretenzioso di questo. C’era meno tecnologia nelle nostre vite – è vero – e forse per questo agli occhi di noi (che all’epoca eravamo) adolescenti “Total Recall” sembrava più lontano, più onirico, quasi irrealizzabile. Adesso che siamo ad un passo della realizzazione di quello scenario distopico raccontato da Dick, ecco che chi sceneggia rende il tutto più ricercato, più colto, aggiunge riferimenti culturalmente alti. Sbaglio?
Mi fa sempre specie quando un action movie vuole trovare qualche giustificazione filosofica, qualche appiglio cervellotico o venature autoriali.
Nota: il regista scelto per questa pellicola è lo stesso di “Die Hard – Vivere o morire”. Lo dico giusto per fare la tara.
Comunque forse è solo una mia impressione; d’altronde dicevo grandi differenze con il primo non ce ne sono. Bene o male Wiseman ha ricalcato quello che raccontava Verhoeven, attualizzandolo un po’.
Kate Beckinsale ha il ruolo che fu di Sharon Stone. Il confronto però non regge; il suo volto troppo dolce male si adatta ad una parte da doppiogiochista, ad una stronza rosicona e vendicativa qual è Lori Quaid. Avrebbero potuto scegliere di meglio.
La mascellona Jessica Biel invece ha preso la parte che fu di Rachel Ticotin. Lì una latina, qui una quasi-teutonica. Mah. Il problema del suo personaggio, tuttavia, più che nella faccia dell’attrice sta nel modo in cui si sviluppa il rapporto d’amore con il protagonista. I due legano subito, si fidano l’uno dell’altro senza indugi. Lui cade immediatamente innamorato, senza che ce ne sia motivo, peraltro. Gesti d’amore pochi e più che altro dettati dall’istinto di sopravvivenza e dal cameratismo tra ribelli. Tensione erotica zero.
A causa della sua età e del suo aspetto quasi-emaciato, Bill Nighy è più credibile nei panni del capo della resistenza, di quanto ai tempi non lo fosse Marshall Bell. Il Cohaagen interpretato da Bryan Cranston, invece, è più giovane di quanto non lo fosse l’attore Ronny Cox. Perché questa inversione? Boh.
Altro dettaglio non trascurabile: i trucchi “analogici”, intesi come protesi e make-up pesante, questa volta sono stati eliminati del tutto. Sono in parte stati sostituiti – ovviamente – da effetti speciali digitali ma la differenza sostanziale sta nell’aver soppresso tutte quelle scene disgustose e ridicole come la testa pelata della cicciona che esplode, il nano che sbuca dalla pancia del capo dei ribelli, ecc. Persino Johnny Cab, il tassista-robot iperciarliero, hanno segato. Ma come si fa? Era una delle icone del film, uno dei personaggi più memorabili.
Diciamo dunque che questo remake non ha toppato del tutto ma non è proprio preferibile alla prima versione ormai rimasta nell’immaginario del cinema sci-fi e futurista degli anni ’90.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it, quella di MyMovies.it e quella di Wikipedia (in italiano).