La proprietà non è più un furto

La proprietà non è più un furto

di Elio Petri (Italia 1973)
con Flavio Bucci, Ugo Tognazzi, Mario Scaccia,
Daria Nicolodi, Salvo Randone, Ettore Garofolo,
Gigi Proietti, Jacques Herlin, Orazio Orlando

Pellicola dall’impianto quasi teatrale. Alcune scene infatti sono intervallate da monologhi di introspezione in cui i protagonisti nel buio totale del palcoscenico, con l’occhio di bue puntato sulla sola faccia, quasi si confessano con lo spettatore, raccontando il proprio punto di vista sui fatti.
Roma, anni ’70. Total è un giovane ragioniere che, nonostante sia impiegato in banca come cassiere, è allergico al denaro, tanto da essere costretto a lavorare con i guanti. Le banconote gli provocano prurito. Anche suo padre, ormai in pensione, faceva la stessa professione. Entrambi cassieri in banca, entrambi onestissimi ma poveri.
Total – che si definisce marxista-mandrakista – sbarca il lunario e vive con suo padre in un piccolo appartamento fatiscente. Odia essere povero. Dice ripeturamente che il denaro gli fa schifo ma ne è ossessionato. Un giorno decide di licenziarsi e di iniziare a fare dei furti. Anziché rubare a caso, prende di mira un macellaio, un tizio molto avido e laido che, quando lavorava in banca, vedeva ogni mattina versare sul suo conto ingenti cifre e corrompere i suoi colleghi cassieri.
Inizia così una vera e propria attività di stalking nei confronti di quest’uomo che porterà entrambi sull’orlo di una crisi di nervi. Il primo passo è il furto di un grosso coltello dalla bottega del macellaio ma ben presto Total arriva a desiderare il denaro, i gioielli e persino la donna del suo nemico giurato.

Elio Petri qui ha messo in scena la lotta di classe rappresentando il conflitto – non solo ideologico, ma anche fisico – tra un onesto e umile impiegato e un bottegaio ricco ed avido. Leitmotiv il desiderio di possedere che rende l’uomo ladro e approfittatore.
Domanda: il furto è legittimo quando consiste nel prendere a chi si è arricchito rubando a sua volta?

Flavio Bucci avrebbe dovuto prendere un Oscar per questa parte. Anzi 2. L’ho trovato superlativo in questo ruolo dalle tinte molto fosche. La sua estrema magrezza e il volto cupo, pieno di spigoli, sono perfetti per rappresentare il dramma di un uomo divorato da un indomabile conflitto interiore.
Anche Tognazzi è meraviglioso, come al solito; anche se sentirlo recitare in romano fa storcere un po’ il naso. La sua pronuncia non era proprio perfetta – diciamo così.
Daria Nicolodi interpreta l’amante concubina del macellaio, che non disdegna essere rapita e violentata dal ladro-maniaco-ragioniere.
Orazio Orlando è il buffo brigadiere Pirelli, ossia il poliziotto che indaga sul finto furto a casa del macellaio.
All’anziano Salvo Randone il ruolo del padre di Total, un uomo testardo e opportunista che non fa altro che redarguire suo figlio.
Mario Scaccia interpreta un attore di teatro che arrotonda facendo il topo d’appartamento, un ladro d’altri tempi che è contrario alla violenza.
Gigi Proietti ha solo una scena: quella del ladro con la parlantina a mitraglia che fa l’orazione funebre per un collega defunto davanti ad una pletora di altri ladri.

Non lo nascondo: mi ha stupito che, nonostante sia stato girato nel 1973, questo film comprenda una scena con un nudo di donna integrale e dialoghi in cui sono presenti alcune parolacce.

La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.