Puerto Escondido

di Gabriele Salvatores (Italia, 1992)
con Diego Abbatantuono, Valeria Golino, Claudio Bisio,
Renato Carpentieri, Antonio Catania

Credo di aver già visto questo film – almeno una volta – ma l’ho rivisto ancora molto volentieri perché è davvero fatto bene (e tra l’altro alcuni passaggi non li ricordavo affatto).
Con “Mediterraneo” e “Marrakech Express” fa parte di quella serie di pellicole girate da Salvatores fuori dall’Italia in posti alquanto esotici. Nello stesso ciclo che ha come tema “il viaggio” si potrebbero includere poi anche “Sud” e “Turné” ma non voglio attardarmi su questo aspetto.
Il regista usa questi topos geografici dell’immaginario “evasivo” – i caldi tropici – come prestesto e cornice per raccontare la strana vicenda di un uomo moderno, contemporano, dei giorni nostri (siamo alla fine dei rampanti anni anni ’80), che lascia l’Italia per sfuggire a un pazzo criminale e si trova quasi per caso, forse senza nemmeno volerlo, a scoprire il vero se stesso o comunque un aspetto del sé che non conosceva e non pensava di avere.
Mario Tozzi è un direttore di banca. Vive a Milano e fa una vita alquanto squallida. La sua donna l’ha appena lasciato quando si trova ad essere involontariamente testimone di un omicidio che avviene all’interno di una questura. L’assassino è il commissario Viola, un vecchio agente di polizia senza scrupoli, che appena compiuto il misfatto si accorge della presenza di Mario e decide di vendicarsi. In un primo momento tenta di ucciderlo sul suo stesso luogo di lavoro con una pistolettata ma non ci riesce. A seguito della sparatoria Mario si trova miracolosamente vivo in un letto di ospedale ma braccato dalla paura che il commissario voglia portare a termine il lavoro che ha iniziato. Viola infatti non gli dà tregua e finisce per coinvolgerlo in un nuovo delitto (sempre come passivo spettatore) ma questa volta Mario decide di fuggire, di sparire per un po’ dalla circolazione, rifugiandosi in Messico. A Puerto Escondido per la precisione.
Qui, dopo un breve periodo di solitudine e disorientamento, troverà due Italiani con cui farà amicizia, una coppia molto bislacca – Alex e Anita (Bisio e Golino), due cialtroni che si mettono in testa di diventare degli spacciatori di marijuana e che decidono di coinvolgere il protagonista, tenendolo peraltro all’oscuro di tutto – almeno inizialmente.
Tozzi rappresenta l’italiano medio? Forse. Ma non proprio: è pur sempre un bancario, un tizio molto benestante che vive in una grandissima città e fa in un certo senso “la bella vita”, non un operaio di periferia. Tozzi è pieno di sè, spocchioso, agiato, tranquillo e comodo nel suo mondo. Nulla lo turba inizialmente. Ma qui lo status sociale mi pare che conti solo fino a un certo punto, in quanto la sorte si accanisce contro di lui senza un reale motivo. Che colpa ha Mario Tozzi se si trova testimone di un delitto commesso da un insospettabile? Lui era lì solo per ritirare un passaporto. In un certo qual modo una situazione del genere – quasi Kafkiana – potrebbe capitare a tutti. O no?
Abbatantuono è in parte. Uno dei ruoli meglio interpretati di sempre. Questo è uno di quei film che gli sono serviti tantissimo per scrollarsi di dosso il personaggio del terrunciello.
Bisio dovrebbe avere la funzione di spalla ma va bene così. Due protagonisti sarebbero stati troppo. Sappiamo tutti benissimo, comunque, quanto valga come attore – anche se credo che molti l’abbiamo scoperto dopo, molti anni dopo.
Valeria Golino è un po’ la grande star del cinema americano che torna in patria da vincitrice dopo il successo di Rainman (anche se sono già passati più di 3 anni). Recita la parte di Anita, la stramba fidanzata di Bisio/Alex, una sognatrice un po’ truffatrice che vive di notte e dorme di giorno. A me non ha mai fatto impazzire – sinceramente – ma qui l’ho trovata abbastanza adeguata. Un volto più dolce o una fatalona supersexy avrebbe stonato in questi anni.
Il pià grande di tutti comunque resta Renato Carpentieri, che infatti per questa interpretazione vinse una Nastro d’argento come attore non protagonista (un altro andò ad Abbatantuono in qualità di protagonista maschile). Suo il ruolo del vecchio commissario baffuto e fuori di capoccia. Credo gli sia bastato uno dei suoi sguardi allucinati a fargli vincere il premio.
Antonio Catania invece è buffissimo, come sempre. Ancora una volta strappa sorrisi a iosa. Qui lo troviamo a recitare la parte di un giovane commissario di origini meridionali alquanto invadente e desideroso di far carriera. Avendo intuito il crimine commesso da Viola, vuole a tutti i costi incastrarlo e farlo condannare proprio grazie alla testimonianza del protagonista.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.