La talpa
(Tinker Tailor Soldier Spy)

di Tomas Alfredson (Germania, Gran Bretagna, 2011)
con Gary Oldman, John Hurt, Mark Strong,
Toby Jones, David Dencik, Ciarán Hinds, Colin Firth,
Stephen Graham, Benedict Cumberbatch, Kathy Burke,
Svetlana Khodchenkova, Tom Hardy, Oleg Dzhabrailov,
Tomasz Kowalski, Peter McNeil O’Connor, Konstantin Khabenskiy

Film di spionaggio tratto da un romanzo di John Le Carré. Il sottotitolo dell’edizione internazionale è “The Enemy Is Within” (Il nemico è all’interno), il che dovrebbe dire molto sul tipo di pellicola.
Qui potete vedere il trailer italiano.
Dunque andiamo con ordine. Il film è stilisticamente ineccepibile. Tutto molto preciso, pulito, elegante. Anche nelle scene più semplici. Fotografia splendida. Grande cura per gli abiti e per la ricerca/sistemazione delle location. Persino i bugigattoli e le topaie in cui sono girate alcune scene emanano carisma.
Sul cast nulla da eccepire. Oldman è davvero eccelso nella sua flemma da spia esperta/investigatore attempato. Interpreta George Smiley, un agente segreto in pensione che viene ingaggiato dal sottosegretario inglese alla Difesa per scovare la talpa che si nasconde da oltre 25 anni nell’agenzia di intelligence da cui poco tempo prima è stato cacciato via.

Benedict Cumberbatch – quel giovin belloccio con gli occhi blu che fa da protagonista nella straordinaria serie tv inglese “Sherlock” – se la cava egregiamente nei panni del braccio destro di Smiley. Anche nelle scene più concitate in cui si scalda perché viene tenuto all’oscuro di alcuni dettagli, rischiando di essere arrestato.
Colin Firth è Bill Haydon, il solito piacione che seduce donne e nasconde un segreto. Amicone dell’agente Jim Prideaux, Haydon sprizza fascino a fontane, tant’è che in certi frangenti ti fa sospettare persino una liaison omosex tra i due.
John Hurt interpreta il “grande vecchio”. Il più anziano del team nonché direttore del “Circus”, ossia dell’agenzia di spionaggio inglese fulcro della vicenda. Impeccabile. Peccato che il suo personaggio muoia subito e che appaia in non più di 5 scene.
Ciarán Hinds ancora una volta porta dietro con sé in scena la faccia da pezzo di merda (ma non pensiate che sia un insulto).
A Toby Jones e a David Dencik hanno affidato le parti dei due personaggi più odiosi e fastidiosi. Sono rispettivamente: Percy Alleline e Toby Esterhase, due alti dirigenti del Circus, due facce che capisci subito hanno mille cose da nascondere.
Mark Strong è il duro con le giacche di pelle. L’agente Prideaux, il bel tenebroso che va in missione, che sacrifica persino la sua vita per fare chiarezza nell’agenzia. Più avanti lo scopriremo anche professore di francese ai limiti della pedofilia. (Si fa per dire).
Stephen Graham (l’attore che interpreta Al Capone in “Boardwalk Empire”) è quasi una maestranza del Circus. Piccola parte anche per lui.
Kathy Burke fa l’anziana ubriacona obesa, ormai in pensione forzata, a cui però va il merito di individuare la prima fondamentale falla nel sistema di bugie creato a protezione della talpa.
La bionda Svetlana Khodchenkova è la russa che fa perdere la testa al giovane agente Ricki Tarr (interpretato quasi anonimamente da Tom Hardy).
Dicevamo: la pellicola è tratta da un romanzo di Le Carré e Le Carré, lo sappiamo, non si tocca, essendo egli ritenuto un mostro sacro dei romanzi di spionaggio. Ma c’è un ma. Qualcosa non va. Qualcosa non funziona. Alcuni meccanismi non tornano. Alcune sottotrame vengono introdotte e lasciate in sospeso senza alcuna chiara soluzione, inoltre la scena madre, quella cioè in cui si fa luce sull’identità della talpa, è costruita bene sino al momento della rivelazione stessa. Mi spiego: Alfredson è bravo nel creare la tensione, nel costruire suspance, ma al momento del “dunque” – quando deve “quagliare” – si perde. Non realizza. È come un gol fallito a porta sguarnita. Tanto rumore per nulla. Il colpevole non reagisce, nessuno si scompiglia di un millimetro. D’accordo, questi sono inglesi, hanno tonnellate di “self control” ma qui si esagera. I colpevoli capitolano senza opporre la minima resistenza, piangono come donnette quando vengono sgamati, accettano rimpatrii coatti senza nemmeno sferrare un pugno o tentare la fuga all’ultimo momento. Dunque non ci siamo. Questo è il punto debole di un film davvero gradevole.
Forse dura un po’ troppo, vero. Magari è lungo però se vi dicono “è lento” non credeteci. Non si tratta di velocità nel cambio di scena o di dinamiche rallentate dei personaggi. Il problema qui è un altro. Potrei dire di scrittura ma non è così. Anche se non ho letto il testo, sono (quasi) sicuro che si è trattato di una cattiva intepretazione, anzi di trasposizione dalla carta alla celluloide non proprio fedelissima.
Il concetto è che l’investigatore anziano gioca una partita a scacchi con i Russi, con lo spionaggio del blocco avversario – capeggiato dal famigerato Karla: una partita in cui un un certo qual modo egli stesso è coinvolto. Attenzione: siamo nel 1975, in piena Guerra Fredda e gran parte dei protagonisti sono reduci della prima Guerra Mondiale, gente che ha combattuto sul campo e che ha iniziato a muovere i primi passi nell’intelligence proprio nel secondo dopoguerra. Dico questo per contestualizzare il racconto, per dare una cornice storico/geografico/politica alla vicenda che viene raccontata.
Altro punto debole è lo svelamento della verità. Chi sono le vittime e chi i carnefici lo si capisce subito, dopo appena una ventina di muniti dall’inizio del film. Fatta la tara, cioè eliminando il protagonista e chi viene ucciso, il resto è semplice da capire. Il nome della talpa non è immediatamente rivelato ma ben presto viene definito il quartetto di figuri tra cui individuare il traditore.
La colonna sonora, che è stata composta da Alberto Iglesias, a me in un paio di frangenti ha ricordato un pezzo degli Zero 7 estratto dall’album “Simple Things”.

Ahinoi anche questa volta la locandina internazionale è molto più figa di quella italiana.

La scheda IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.