Il giocattolo
di Giuliano Montaldo (Italia, 1979)
con Nino Manfredi, Arnoldo Foà, Vittorio Mezzogiorno,
Pamela Villoresi, Marlène Jobert, Olga Karlatos,
Daniele Formica, Mario Brega, Arnaldo Ninchi, Mario Cecchi,
Luciano Catenacci, Renato Scarpa, Carlo Bagno
Vittorio Barletta è il ragioniere di una grossa azienda lombarda. Per il suo capo, l’industriale Nicola Griffo, è un fidato braccio destro che si occupa di tutto: va a versare e a ritirare il denaro dalla banca, nasconde in casa libri della “contabilità occultata”, fa da testa di legno per l’apertura di società off shore, ecc. Dopo essere stato ferito durante la rapina in un supermarket, si prende un breve periodo di convalescenza e si dedica al suo hobby preferito: riparare orologi d’epoca. Tornato al lavoro, si rende conto che Nicola Griffo l’ha sostituito con un altro gorilla, un vecchio ufficiale in pensione che pare garantire più sicurezza alla società perché abitualmente porta con sé una pistola. Per riguadagnare la fiducia del suo capo, riprendersi il suo ruolo in azienda e non sentirsi “superato”, Vittorio decide quindi di comprare un’arma. Uscito dall’armeria, viene però picchiato e derubato della pistola. Il momento di debolezza e riflessione comunque dura poco: Vittorio non demorde. Il suo amico poliziotto Sauro Civer gli regala un’altro costoso revolver e lo porta ad allenarsi al poligono di tiro. Vittorio si scoprirà un grande tiratore sportivo ma in poco tempo l’istinto omicida prenderà il sopravvento su di lui. Una sera, per caso, si trova coinvolto in una sparatoria in pizzeria e non può fare a meno di usare l’arma per uccidere: dopo aver visto il suo amico Sauro morire sotto i suoi occhi, istintivamente decide di rispondere al fuoco, spara per vendetta e uccide il malvivente assassino mentre si dà alla fuga. A questo punto Vittorio diverrà definitivamente schiavo della sua arma, non riuscirà più a separarsene, senza contare che sarà pian piano estromesso dalla sua azienda e finirà per allontanarsi anche da sua moglie, che peraltro nel frattempo si è gravemente ammalata.
In apertura la pellicola ha quasi un taglio reazionario e fascistoide, sembra cioè che stia lì lì per affermare attraverso le immagini un qualuquistico: “Signora mia, quanta violenza c’è al giorno d’oggi”. Poi prende una piega diversa e finisce per illustrare la deriva pericolosa e incontrollata che spesso prende il desiderio di auto-difesa. Un film sui rischi del farsi giustizia da soli? Forse. Alcuni l’hanno addirittura considerato una versione italiana de “Il giustiziere della notte”, ma non saprei sire se è corretto, dal momento che non l’ho visto.
Manfredi è in parte, come al solito. Probabilmente un tantinello troppo anziano (aveva 58 anni quando ha girato) ma non mi è sembrato un grande problema. Nei panni del ragioniere “buono e fesso” ci sta bene, forse meno in quelli del giustiziere ma non importa.
Ottima performance per Vittorio Mezzogiorno. Suo è il ruolo del giovane poliziotto campano, leale e coscenzioso.
Buona recitazione anche per la Jobert, qui nei panni della tranquilla e comprensiva signora Barletta.
Deliziosi i duetti tra Nicola Griffo (Arnoldo Foà) e sua figlia Patrizia (Pamela Villoresi): non sopportandosi, si dicono in faccia ogni sorta di cattiveria, spesso alla presenza di Vittorio. L’uno è un padre padrone, ricchissimo e arrogante, che vuole tenere sua figlia lontano dal rischio di un rapimento a fini di riscatto miliardario, l’altra si sente schiava della limitazione di libertà imposta da suo padre e schifata dal suo forte attaccamento al denaro.
Mario Brega interpreta uno dei compari del malavitoso assasinato in cerca vendetta.
Daniele Formica invece recita nel ruolo del gestore del poligono frequentato da Sauro e Vittorio.
Nota: il soggetto è stato scritto da Sergio Donati, che ha curato anche la sceneggiatura con lo stesso Manfredi con il regista Montaldo.
Voto: 5 e mezzo. Discreto.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.