A Dangerous Method
di David Cronenberg (Gran Bretagna, Francia, Canada, Irlanda, 2011)
con Keira Knightley, Michael Fassbender, Viggo Mortensen,
Vincent Cassel, Sarah Gadon, André Hennicke
Ancora una volta Cronenberg non delude.
A Dangerous Method racconta le vicende personali dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung o, più precisamente, dei suoi rapporti più o meno sentimentali con la sua paziente Sabina Spielrein e delle relazioni professioniali con quello che può essere considero il suo mentore/ispiratore, il padre della psicanalisi, Sigmund Freud.
La storia è lineare, raccontata senza salti logici, né flashback o flash forward. Tutto molto chiaro e semplice da seguire. Il film è così ricco di eventi e dialoghi che non ci si annoia mai. Applausi.
Al centro dei fatti c’è la figura di Jung e i suoi chiaro/scuri, ossia il fascino che subisce verso la sua giovane paziente (la Spielrein), che poi diventerà sua collaboratrice e amante, la riluttanza nel vivere sino in fondo i suoi sentimenti verso questa donna, la deontologia professionale, il conformismo, l’essere pavidi, il complesso di inferiorità nei confronti di Freud, il desiderio di spingere oltre i confini della scienza e della razionalità gli studi sulla psiche umana.
Grande merito della riuscita della pellicola va dato ai tre attori protagonisti (quelli che vedete nella locandina).
A mio avviso, l’idea di prendere Michael Fassbender per interpretare Jung è stata ottima. Non solo dal punto di vista dell’aspetto fisico ma anche per la compostezza della sua recitazione e per qualche ragione legata alla prossemica e al modo in cui questo attore ha trasmesso agli spettatori il pensiero e le emozioni dello psichiatra svizzero.
Keira Knightley vi pare carina? Ok, piace anche a me – a volte – ma non è importante in questo caso. Parliamo di come e cosa recita. Di primo acchitto, nelle prime scene in cui il suo personaggio dà di matto, ti sembra quasi che stia esagerando, che stia andando sopra le righe. Ma vi assicuro che non è proprio così. Le sue doti recitative si possono apprezzare meglio più avanti, cioè nei passaggi durante i quali la Spielrein prende coscenza del suo ruolo, diventa determinata e decide di vivere la sua vita da adulta, lontano dall’ala protettiva di Jung.
Ad alcuni spettatori Viggo Mortensen è risultato quasi irriconoscibile. I truccatori l’hanno invecchiato pesantemente – barba grigia compresa – per renderlo il più possibile simile a Freud. Incredibile quanta flemma sia riuscito ad infondere al suo personaggio. Mimesi riuscita alla perfezione: per tutta la durata del film si ha la convinzione di trovarsi proprio davanti all’esimio fondatore della psicologia.
Viggo Mortensen ha solo poche scene. Interpreta uno dei tanti pazienti di Jung, una specie di giovane viveur scavezzacollo, mezzo matto, appassionato di donne e psicologia, cronicamente represso a causa dell’eccessivo autoritarismo di suo padre.
Alla bella Sarah Gadon è stata assegnata la parte della dimessa signora Jung, una tipa apparentemente innoqua che in un’occasione però, di fronte al tradimento di suo marito, prova a giocare la disperata arma della pubblica diffamazione.
La ricostruzione di abiti, interni e luoghi in generale è pressoché ineccepibile. Grandi applausi anche da questo punto di vista, dunque.
Colonna sonora non pervenuta. Non ci ho fatto caso. Non me la ricordo.
Nota: il film è tratto dalla pièce teatrale ”The Talking Cure” di Christopher Hampton e dal romanzo “A Most Dangerous Method” di John Kerr.
Qui trovate la locandina per il mercato americano.
Qui il trailer originale in HD. Qui quello in italiano.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.