M*A*S*H
di Robert Altman (USA, 1970)
con Elliott Gould, Donald Sutherland, Tom Skerritt,
Sally Kellerman, Robert Duvall, Roger Bowen, Rene Auberjonois,
David Arkin, Jo Ann Pflug, John Schuck, Carl Gottlieb,
Bobby Troup, Gary Burghoff, Michael Murphy, Indus Arthur,
Tamara Wilcox-Smith, Danny Goldman, George Wood, Corey Fischer
Tanto di cappello a Robert Altman per aver fatto dell’ironia su una cosa seria come la guerra. Guerra di Corea, per la precisione.
Per farla breve: con il termine MASH (Mobile Army Surgery Hospital) si identifica una divisione medica dell’esercito americano, o meglio un accampamento attrezzato come ospedale per intervenire chirurgicamente sui feriti di guerra direttamente nelle zone dove si combatte.
I protagonisti del film sono una serie di medici militari con un forte spirito goliardico. Attenzione perché si tratta di un gruppo di cazzoni che ha sempre voglia di ridere e scherzare – certo – che evita la serietà come filosofia di vita – anche – ma che è formato da grandi professionisti, dai migliori medici militari su piazza. Come a dire “questi si possono permettere di fare gli scemi solo perché sono degli assi del bisturi”. Fossero stati dei cialtroni incompetenti, chirurghi buoni solo a mettere a rischio la vita dei commilitoni mentre sono sotto i ferri, un film così non l’avrebbero fatto. Ridere sulla vita dei militari? Ma quando mai!
L’ironia sui feriti e sulle vittime, insomma, c’è ma è quasi nascosta, viene accennata ma non si vede, diciamo piuttosto che Altman sorvola. Il tempo per apprezzare una battutina sul cappellano, che farebbe meglio a dare una mano in sala operatoria, piuttosto che prodigarsi nel dare l’estrema unzione ai morti, è poco. Gli scherzi e le buffonate si concentrano dunque tutte sulla tensione sessuale tra medici e infermiere, sullo sport (football e golf), sulle gerarchie, sugli usi e i costumi della vita da campo, tenendo sempre presente che l’unico e solo obiettivo da prendere a pesci in faccia è la disciplina militare e l’estremo rigore di chi è costretto a indossare la divisa.
Siamo delle parti della commedia zozza, insomma, ambientata tra medici e militari ma niente a che vedere con i nostri titoli culto come “La soldatessa alle grandi manovre”. Non possiamo neanche parlare di commedia erotica strettamente intesa, in quanto questa, essendo una produzione americana, non prevede la presenza di nudi di donna. Sì beh, certo: qualche vicenda a tema sesso c’è, uno scherzo sotto la doccia viene anche realizzato, ma sullo schermo non passano mai immagini che possano minimamente turbare lo spettatore statunitense (non sia mai!).
Elliott Gould e Donald Sutherland sono perfetti per questo ruolo. Li adoro. Interpretano due chirurghi ufficiali, rispettivamente: il Capitano Benjamin Franklin Pierce, detto “Hawkeye”, e il Capitano John Francise McIntyre, detto “Trapper”. Il primo si fece crescere dei baffi/basette tipo favoriti mentre il secondo se ne sta per tutto il tempo sulla scena con un paio di occhialini alla John Lennon sul naso, il camicione militare fuori dai pantaloni e un cappello da marinaio (verde mimetico) calato su una capigliatura in puro stile frichettone. Due facce da schiaffi così non le avevo mai viste in una commedia americana. Eccellenti.
A completare il terzetto, poi, c’è anche Tom Skerritt nei panni del bel medico, giovane seduttore dal grande charme.
Jo Ann Pflug porta in dote un dolce faccino di cui ogni militare s’innamora (compreso). Il suo soprannome nell’edizione italiana è “Bocconcino”.
A Sally Kellerman hanno afficato, invece, il ruolo della capo-infermiera procace (ovviamente bionda), ma tutta d’un pezzo (apparentemente), ossia una tipa che sembra timorata di Dio, irreprensibile e ligia al dovere ma che durante la notte si ammucchia con gli ufficiali come tutte le altre.
Robert Duvall fa il bigottissimo Maggiore Frank Burns, un tipo che finirà per abbandonare il fronte ed essere rispedito a casa, perché sospettato di insanità mentale, dopo una lite proprio col capitano “Falco/HawkEye”.
Il film, sceneggiato da Ring Lardner Junior, è basato sull’omonimo romanzo di Richard Hooker. Un paio di anni dopo l’arrivo di questa pellicola nelle sale cinematografiche, la tv americana decise di farne anche una serie che durò la bellezza di 11 stagioni (dal 1972 al 1983). Noi italiani, però, sul piccolo schermo l’abbiamo vista un po’ più tardi – diciamo verso la fine degli anni ’80 (reti Mediaset).
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.