Source Code
di Duncan Jones (USA, 2011)
con Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan,
Vera Farmiga, Jeffrey Wright, Michael Arden, Cas Anvar,
Russell Peters, Craig Thomas, Gordon Masten, Paula Jean Hixson
Pellicola di fantascienza diretta da Duncan Jones, ossia dallo stesso regista di quel gran capolavoro che fu “Moon”. Le aspettative erano dunque alte? Mah, mica tanto. Sono andato al cinema quasi all’oscuro di tutto. E comunque non sono rimasto deluso, né particolarmente sorpreso.
Questo è un film ambientato in un futuro neanche tanto lontano. Siamo negli Stati Uniti, a Chicago. Senza neanche saperlo, un esperto pilota di aerei di guerra di stanza in Afghanistan – tale Capitano Colter Stevens – prende parte ad un progetto militare sperimentale (il Source Code, appunto) che consiste nel prevenire alcuni crimini. La sua mente viene messa in contatto (inserita?) in quella di una vittima di un grave attentato ferroviario. La teoria di base è che nel cervello degli uomini vittime di un attentato come quello rimanga la memoria degli ultimi 8 minuti di vita. Al Capitano Stevens viene chiesto di rivivere quegli otto minuti – più e più volte – per indagare e scoprire chi è la mente dinamitarda che ha messo la bomba sul treno e che tiene l’intera Chicago sotto scatto, avendo minacciato di far esplodere un’altra bomba (nucleare) nel centro della città. Insomma il protagonista viene messo a dura prova: con l’aiuto di un’altra graduata (Colleen Goodwin) deve rientrare nel “gioco” creato dal Dott. Rutledge almeno una decina di volte, prima di mettersi sulla strada giusta. Che poi io non ho capito come può essere che un Capitano dell’aviazione abbia un allenamento e una formazione tale da sembrare un’agente dell’intelligence (cioè una spia). Bah.
Ma andiamo al punto: cosa c’è di buono in “Source code?” L’idea originale di base. Buono il soggetto, dunque. Qualcosa di nuovo, davvero. Anche se questa cosa di ri-vivere, di re-incarnarsi, in un certo modo era già stato affrontato in “Moon”, seppur in un ambiente diverso e con percorsi differenti. Sarà una fissa del regista?
Cosa non va: punto 1. il finale buonista. Questi eroi americani (peraltro militari) che tutto possono e sempre riescono nelle loro imprese, con la sola forza dell’impegno, delle grandi doti morali, dell’abnegazione, della forza d’animo, ecc. hanno davvero stufato. MA DA MO’. Basta vi prego! Scrivere altre storie. Scrivete di sfigati che muoiono male o in maniera casuale. Scrivete di gente comune che fa vite banali. Scrivete di calzolai piccolo borghesi, di cassiere del Mediaworld, di segretari d’azienda, di dialogatori da marciapiede, di direttori di filiale, ecc.
Cosa non va: punto 2. L’eccessivo sforzo di sospensione della realtà che bisogna fare per bersi tutto (da buon spettore). Sì, lo so: è un problema mio, che non vado matto per il genere Sci-fi. Ma qui, anche a voler essere buoni, anche a dare una chance alle argomentazioni di base, si finisce per concedere troppo. In particolar modo quando ci si trova di fronte all’intreccio cronologico di più realtà che, nella sostanza, dovrebbero essere parallele e che, invece, non lo sono per niente, perché si impollinano l’un l’altra senza vergogna. Addirittura assistiamo a dei sogni sotto forma di “fumi del dolore” del protagonista che, per definizione, sono creati nel passato e che invece finiscono per apparire poi nel presente.
Ok. Gyllenhaal ormai è nell’olimpo degli attori hollywoodiani (benché lui sia di origini australiane), comunque a me rimane sempre un po’ sulle scatole. E poi è legnoso. Non vi sembra un soldatino di piombo a volte? E quelle faccine che fa, le avete viste? C’ha sempre sta faccia inopportuna da bravo ragazzo. Quando alza il sopracciglio sembra quasi dire (con la sola espressione): “Per dindirindina!” Manco fosse Ned Flanders dei Simpson.
Michelle Monaghan è carina? Sì, è carina. Quante volte dobbiamo dirlo? Ma non fissiamoci su questo punto. Il fatto è che recita davvero dignitosamente, e non era semplice in questo caso, visto che doveva girare praticamente sempre le stesse quattro scene in croce, ma ogni volta con piccole (anche minuscole) varianti.
Jeffrey Wright non me lo so proprio vedere in ruoli che non sono del tutto positivi. Chissà perché. Qui fa il ruolo dello scienziato che lavora per il ministero della Difesa. Un uomo che pensa quasi solo ai suoi successi personali, al suo progetto di ricerca, infischiandone dei sentimenti delle persone. Gli hanno dato anche un bastone. Chissà perché? Per renderlo più umano ai nostri occhi? Per dargli un sentore di anzianità e quindi di saggezza? Boh. Nah, comunque non credo.
Vera Farmiga non pervenuta. O quasi. Boh. Non so che dire. Non è che recita male – intendiamoci – però boh. Forse è fuori parte. Forse quel ruolo non era adatto a lei. Che ne so?
Voto alla pellicola 6 e mezzo. L’idea c’è, è buona, realizzata ottimamente pure, ma non mi ha convinto sino in fondo. Peccato, ma a metà.
Guardate pure la locandina originale di questo film (‘ché quella italiana è bruttarella).
Qui trovate il trailer americano. Qui quello italiano.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.