Io la conoscevo bene

di Antonio Pietrangeli (Italia, 1965)
con Stefania Sandrelli, Nino Manfredi,
Enrico Maria Salerno, Ugo Tognazzi, Turi Ferro, Karin Dor,
Franco Nero, Robert Hoffmann, Sandro Dori, Franca Polesello,
Jean-Claude Brialy, Véronique Vendell, Solvj Stubing, Robert Mark

Non fosse un film del 1965, potremmo dire che si tratta di uno spaccato della vita da precario. Ma non è proprio così, perché “Io la conoscevo bene” è una commedia dolce-amara che tratta anche altre tematiche, al di là di quelle del lavoro, come i sogni, l’essere giovani, la libertà sessuale, il rampantismo, il piccolo/grande mondo dello spettacolo italiano, i salotti della cosiddetta “Roma bene”, ecc.
Fino a ieri non avrei mai pensato che la Sandrelli potesse reggere un film tutta da sola, invece oggi devo ricredermi. Evidentemente lo fa, anzi lo ha fatto e ci è riuscita anche benissimo. Perfetta per il ruolo di Adriana, la giovane bella e spensierata, che dalla provincia – anzi dalla campagna Pistoiese – emigra nella grande città crudele, nella immensa Capitale, portandosi dietro i sogni di gloria. Una ragazza frivola e spensierata che si barcamena tra mille lavori più o meno umili (come la maschera a teatro, la parrucchiera, la l’hostess del bowling, la modella), aspettando che il desiderio di diventare una famosa attrice si realizzi. Adriana, nella sua ingenuità, ha anche una vita sessuale molto allegra (per così dire) ma il suo approccio è più quello di una “Bocca di rosa”, che di una prostituta. Gentile con tutti, si concede solo a chi le sta simpatico o ispira sentimenti buoni (pena, compassione, allegria, timidezza, ecc. ). In un gesto discretamente sorprendente arriva comunque anche a negarsi all’uomo che forse più avrebbe potuto aiutarla a realizzare il suo grande sogno: tale Roberto (Enrico Maria Salerno), un attore tanto noto quanto, gretto, volgare e materialista.
Ugo Tognazzi ha una parte abbastanza piccola ma decisamente drammatica. Il suo personaggio, Baggini – vecchio attore di teatro, si trova a una festa mondana a elemosinare un po’ di lavoro nel cinema proprio a Roberto, l’attore ormai celebre che in passato lui stesso ha contribuito a lanciare nel mondo dello spettacolo.
Nino Manfredi, invece, lo troviamo nel ruolo di un piccolo “press agent”, un tale che si finge talent scout professionista ma che in realtà è poco più di un ignorante ruffiano.
Il film per diversi minuti rimane sospeso. La sensazione di nostalgia e tristezza che attanaglia la protagonista non si palesa immediatamente ma cresce piano, di pari passo con lo svolgersi della narrazione. Da tenere in considerazione, comunque, anche una certa quota di disillusione che il regista (lo sceneggiatore?) fa emergere dal racconto, sia attraverso il personaggio principale, che per bocca delle altre figure che gli ruotano intorno.
La migliore descrizione sintetica di cosa sia, e di cosa rappresenti, Adriana la dà lo scrittore, un tizio colto di mezza età con cui la protagonista ha una breve relazione: «le va bene tutto, è sempre contenta, non desidera mai niente, non invidia nessuno, è senza curiosità, non si sorprende mai, le umiliazioni non le sente, eppure povera figlia – dico io – gliene capitano tutti i giorni, le scivola tutto addosso, senza lasciare traccia come su certe stoffe impermeabilizzate. Ambizioni zero, morale nessuna, neppure quella dei soldi perché non è nemmeno una puttana. Per lei ieri e domani non esistono. Non vive neanche giorno per giorno, perché già questo la costringerebbe a programmi troppo complicati. Perciò vive minuto per minuto. Prendere il sole, sentire i dischi e ballare sono le sue uniche attività. Per il resto è volubile, incostante, ha sempre bisogno di incontri nuovi e brevi. Non importa con chi, con se stessa mai».
I critici, quelli veri, direbbero qualcosa come: “Stefania Sandrelli sa di essere bella e qui gioca con la sua femminilità”. Una pellicola costruita quasi ad arte per fare innamorare gli spettatori maschili di tutte le età. Guardate questo fotogramma del suo sguardo per capire cosa intendo. Oppure quest’altro che io stesso ho “cristallizzato”.
Lasciatemi spendere due parole per la magnifica colonna sonora che contiene pezzi di Sergio Endrigo, Mina, Peppino Di Capri, Ornella Vanoni, le Gemelle Kessler, Millie e altri ancora. Tra tutti, a mio avviso, i più belli sono quelli eseguiti da Gilbert Becaud: “More” e “Toi”. Le musiche originali, invece, sono composte e dirette dal grandissimo M° Piero Piccioni.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.