Quinto potere
(Network)

di Sydney Lumet (USA, 1976)
con Faye Dunaway, William Holden, Peter Finch,
Robert Duvall, Wesley Addy, Ned Beatty, Arthur Burghardt,
Marlene Warfield, Bill Burrows, Conchata Ferrell,
William Prince, Beatrice Straight, Kathy Cronkite

Film che avevo già visto in passato ma che mi ha fatto molto piacere rivedere. Capolavoro della cinematografia americana. Una pellicola che dovrebbe essere insegnata nelle scuole di comunicazione. Praticamente un manuale.
La UBS, il quarto network televisivo americano dopo ABC, CBS e NBC, arrivato sull’orlo della bancarotta, decide di affidarsi alle scelte di Diana Christensen una giovane manager addetta ai programmi, una peperina linguacciuta iper-rampante, stakanovista e aziendalista. Le sue politiche di cambiamento prevedono di puntare tutto sul TG, stravolgendolo fìno a farlo diventare una specie di varietà molto nazional-popolare, e su una serie tv basata su filmati veri girati da un movimento di liberazione di matrice comunista. Attrazione principale delle news serali saranno i sermoni di Howard Beale, lo storico anchorman di mezz’età che, in preda a una specie di esaurimento nervoso, crede di essere un predicatore apocalittico con la missione di informare le masse attraverso il tubo catodico.
Il successo arriverà, gli spettatori aumenteranno sotto la spinta delirante, demagogica, iper-realista e senza peli sulla lingua di Beale, le finanze faranno registrare progressi stupefacenti ma, a un certo punto, lo stesso circo che ha svolto la funzione di volano per l’emittente finirà per metterla in crisi. Cose che accadono quando è l’audience l’unico metro di giudizio per valutare i contenuti di un canale televisivo.
Questa rivoluzione all’interno del network sarà l’occasione per portare in auge Frank Hackett, il manager rappresentante della CCA, la società che ha da poco acquistato la rete. Ma, oltre al vecchio anchorman, questi cambiamenti faranno anche altre due vittime illustri: Edward Ruddy, il presidente della rete, e Max Schumacher, il direttore della testata giornalistica che, seppur scalzato dalla bionda manager senza scrupoli, se ne innamorerà follemente, mandando a rotoli persino il proprio matrimonio.
Sydney Lumet porta la TV al cinema, illustrando tutti i perversi meccanismi che sono sottesi alla più grande macchina culturale dell’era contemporanea. Mostra luci e ombre di fenomeni quali la creazione di consenso attorno a una figura estrema, la spettacolarizzazione della follia, l’esasperazione dei toni, la gestione del mezzo televisivo come collettore e catalizzatore della rabbia/frustrazione degli spettatori, la cieca devozione agli dei dell’audience e dei bilanci in attivo, ecc.
Illuminante le frase presente sulla locandina del film: «Television will never be the same».
Voto alla pellicola: 9. Mai visto niente di simile prima d’ora.

Questo il trailer in italiano.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.