Habemus Papam

di Nanni Moretti (Italia, Francia, 2011)
con Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr,
Margherita Buy, Renato Scarpa, Camillo Milli,
Francesco Graziosi, Roberto Nobile, Dario Cantarelli,
Ulrich Von Dobschütz, Gianluca Gobbi, Leonardo Della Bianca,
Teco Celio, Tony Laudadio, Enrico Ianniello, Cecilia Dazzi,
Maurizio Mannoni, Massimo Verdastro, Lucia Mascino, Camilla Ridolfi

Vediamo: cosa dire prima di tutto? Che mi è piaciuto, sì. E molto. Guarda qui il trailer.
Non me l’aspettavo a dire il vero. Nel senso che non mi aspettavo nulla. Non avevo pregiudizi di alcun tipo, né positivi, né negativi, nonostante l’ultima prova da regista di Nanni Moretti non mi avesse entusiasmato più di tanto.
Dunque, “Habemus Papam” racconta della difficoltà che incontra un uomo nel prendersi sulle spalle la responsabilità di assumere la guida morale di (circa) un miliardo di fedeli. Certo, questo film parla della chiesa, della fede, della religione, della massima autorità del mondo cattolico, ma soprattutto racconta la storia intima di un uomo, della sua umiltà e delle sue paure, di incertezze e di prese di coscienza.
Non è certo un caso se Moretti ha voluto scegliere un taglio psicologico per raccontare questa vicenda. La fede (qualsiasi essa sia) ha a che vedere con la psiche, ancor prima che con concetti come lo spirito, l’anima, ecc. Il credere (o non credere) è una questione di coscienza – di Ego e di Es, se vogliamo dirla con Freud – e questo film lo racconta, mostrando il dramma interiore di un uomo che, quasi alla fine del suo percorso di vita, viene chiamato a una grande prova, viene costretto da scelte altrui a intraprendere un cammino obbligato, a recitare un ruolo che non vuole, per cui il parallelismo con il mondo del teatro, in questo senso, mi sembra perfetto. L’età non aiuta il nuovo Papa, la coscienza gli rema contro, il fisico non è idoneo a sopportare un tale stress, i ricordi e le scelte effettuate in passato non rendono le cose semplici.
Molto divertente vedere lo stesso regista nei panni di uno psicanalista un tantinello vanesio. Da apprezzare la scelta di non affidare al questo personaggio solo qualità positive ma di costruire per lui una personalità sfumata, non bene definita, con le sue zone d’ombra. Quasi come a lasciare nello spettatore il dubbio, la propria chance di personale interpretazione. Pare che Moretti voglia dire: non è la psichiatria ad aver ragione in questo caso, questa scienza non può risolvere tutto, ma neanche la fede pare essere una strada semplice da intraprendere. La risposta non è dunque univoca, né pre-confezionata. Per una volta quest’incertezza nelle intenzioni di fondo del film mi trova particolarmente d’accordo.
Michel Piccoli è un mostro di bravura. Forse vincerà un premio durante la prossima edizione del Festival del Cinema di Cannes, ma a mio avviso dovrebbe prenderne decine di riconoscimenti per questo ruolo. L’ho trovato pressoché perfetto nella parte dell’anziano serio, preciso, riflessivo, educato ma anche tenero e fragile, dell’uomo stanco e spaurito, del quasi-malato. Il suo personaggio mi ha ricordato molto la figura di Karol Wojtyla, non solo nell’aspetto fisico (alto, volto tondo, pochi capelli canuti, ecc.) ma anche negli interessi – vedi la passione giovanile per il teatro.
Margherita Buy recita poco, giusto due o tre scene nella parte della moglie psicanalista dello psicanalista. Una donna di mezza età un po’ vittima del confronto con il suo ex marito e fissata con il “deficit di accudimento”. Una tizia talmente insicura da non riuscire nemmeno a informare i suoi figli che sta portando avanti una relazione sentimentale con un altro uomo.
Jerzy Stuhr interpreta il portavoce del Vaticano, l’uomo che si accolla tutta la responsabilità di gestire la crisi in cui si trova l’istituzione che rappresenta nel momento in cui il nuovo papa si rifiuta di assumere la carica assegnatagli.
Roberto Nobile è sempre buffo. Lo ricordate nel ruolo del professore incazzoso nel film “La scuola”?
Anche Camillo Milli è sempre molto buffo. Come non ricordare le parti che recita in “L’allenatore nel pallone” (il presidente della squadra di calcio Longobarda) e in “Rimini Rimini” (il medico/confidente del magistrato Ermenegildo Morelli).
A Renato Scarpa il compito di incarnare il cardinale più serio e meno caricaturale di tutto il film. Spiace dirlo ma i porportati in questa pellicola sono rappresentati in maniera troppo caricaturale. Sono tutti molto ingenui, bambinoni creduloni, individui fuori dal mondo. Certo, capisco che gli inserti surreali (al limite della farsa) servivano ad alleggerire il film, a non farlo diventare un pesante drammone insostenibile – come ad esempio il torneo di pallavvolo – ma credo che gli sceneggiatori (lo stesso Moretti, Francesco Piccolo e Federica Pontremoli) sulla rappresentazione delle gerarchie vaticane abbiano un po’ calcato la mano, ecco.
Dario Cantarelli interpreta un’attore che perde il senno a furia di recitare a teatro “Il gabbiano” di Checov.
Cecilia Dazzi, invece, ha solo un piccolo cammeo nella parte di una mamma seduta a far quattro chiacchiere al bar con il protagonista e la psicanalista.
Cammeo anche per Maurizio Mannoni nei panni di se stesso, ossia il giornalista del programma tv “Linea Notte”.
Nota: tra le comparse mi pare di aver notato anche la presenza della giovane Martina Panagia nei panni di una giornalista. Credo la si veda sfuocata, nelle prime scene del film, in piedi, dietro il giornalista del TG2 che fa domande stupide al portavoce del Vaticano, mentre i vescovi fanno la processione prima di riunirsi a porte chiuse per il conclave.
Voto alla pellicola: 8. Sono sicuro che piacerà anche a chi non è un grande estimatore di Nanni Moretti.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.