Il talento di Mr. Ripley
(The Talented Mr. Ripley)
di Anthony Minghella (Usa, Italia, 1999)
con Matt Damon, Jude Law, Gwytneth Paltrow,
Philip Seymour Hoffman, Cate Blanchett, Jack Davenport,
Philip Baker Hall, James Rebhorn, Stefania Rocca, Sergio Rubini,
Ivano Marescotti, Fiorello, Beppe Fiorello, Alessandro Fabrizi
Questa volta la faccio breve. “Il talento di Mr. Ripley” racconta la genesi del personaggio di Tom Ripley, un giovane di New York povero ma molto ambizioso, che fa un viaggio in Italia per cercare di riportare in patria Dickie Greenleaf, un giovinastro americano che trascorre le sue giornate a sollazzarsi. Finanziata dal padre di Greenleaf, la missione di Ripley però fallisce perché il nostro, inebriato dalla vita spensierata dalla bellezza del luogo e dalle attenzioni che gli rivolge Dickie, perde la testa per il ragazzo che dovrebbe redimere, confonde amicizia con amore e non accetta alcun rifiuto. I suoi sentimenti divengono talmente morbosi da arrivare a sacrificare l’oggetto del proprio amore pur di prenderne il posto.
Ma forse no. Forse mi sbaglio. Forse questa storia merita una lettura diversa. Tom Ripley forse rappresenta l’uomo che ama solo se stesso. Una persona non piena di sé ma comunque molto fragile, che risponde alle delusioni con la violenza. Qualcuno che, avendo conosciuto la povertà e la miseria non vuole tornare indietro quando la bella vita e gli agi della ricchezza gli si presentano davanti. Ma qual è il talento di Tom Ripley? Quello di riuscire a imitare gli altri e non solo nella voce, nei gesti, nelle attitudini. Ripley si sostituisce a loro. Un gioco, questo, tanto affascinante, quanto pericoloso, da cui Ripley si lascia prendere facilmente la mano ma che rivelerà presto la sua faccia più drammatica: una volta entrati, non se può più uscire.
Credetemi se vi dico che non ho mai visto Matt Damon recitare così bene. Forse neanche in “Good Will Hunting”. Pressoché perfetto.
A Jude Law hanno chiesto semplicemente di fare il viveur, ossia il ragazzo frivolo e fighetto che si gode la bella vita, quella fatta di spiagge, viaggi, musica jazz e ragazze. Gli riesce molto naturale adattarsi a questa parte – e si vede. Sicuramente si sarà divertito un casino a girare questo film. C’è da scommetterci.
Gwytneth Paltrow nei panni della ragazza di buona famiglia ci sta benissimo. Apparentemente fragile, il suo personaggio sarà l’unico a capire, attraverso un paio di semplici profonde occhiate, dove si nasconde la verità.
Philip Seymour Hoffman interpreta l’amicone bolso e furbo ma un po’ stronzo che sente puzza di bruciato anche a chilometri di distanza.
Cate Blanchett la vediamo vestita da zitellona. Spiace.
A Stefania Rocca l’infausto compito di interpretare Silvana, la giovane che si toglie la vita perché porta in grembo un neonato non desiderato.
Fiorello fa la parte del giovane cantante jazz che canta nei localini della costiera amalfitana. Suo fratello Beppe, invece, ha forse giusto un paio di rapide scene in cui veste i panni disperati del fidanzato di Stefania Rocca.
Ivano Marescotti nei panni del commissario incazzoso è meraviglioso. Stessa cosa dicasi per Sergio Rubini, o quasi.
Voto complessivo: 8. Forse la rappresentazione dell’Italia è un po’ da cartolina ma ricordiamo che: 1) è ambientato negli anni ’50 e 2) è diretto da un americano.
Nota: anche questo film è tratto da un romanzo di Patricia Highsmith
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.