Confidenze troppo intime
(Confidences Trop Intimes)

di Patrice Leconte (Francia, 2004)
con Sandrine Bonnaire, Fabrice Luchini,
Michel Duchaussoy, Anne Brochet, Gilbert Melki, Hélène Surgère,
Laurent Gamelon, Isabelle Petit-Jacques, Benoît Pétré

Anna, una donna di età indefinita tra i 35 e i 45 anni con problemi di coppia, si rivolge ad uno psichiatra. O almeno crede. Infatti è così distratta da sbagliare appartamento e finire dentro lo studio del dott. Faber, un consulente fiscale. Non accorgendosi dell’errore, Anna si confida ugualmente con l’uomo – il quale peraltro non ha modo, né il coraggio, di avvisarla del fraintendimento. La stessa cosa accade anche una seconda volta. William, il dott. Faber, è troppo incuriosito – e attratto dai segreti della donna – per porre termine ad un gioco così misterioso ed affascinante. C’è anche un terzo appuntamento, un quarto, un quinto e così via. Ma dopo le pirme due sedute Anna, che si è finalmente accorta della strana situazione creatasi, decide di chiarisi con William e – nonostante tutto – continuare questa anomala forma di terapia, anche sapendo cioè che il dott. Faber non è uno psichiatra. Insomma passano i giorni, le settimane e i mesi. I due prendono a frequentarsi regolarmente, ma una sola volta a settimana e sempre nello studio di lui – tra l’altro sotto gli occhi curiosi e sbigottiti dell’anziana segretaria di lui, tale Sig.Ra Mulon. Più passa il tempo, più William s’innamora della sua confidente. I segreti più inconfessabili, infatti, non transitano in una sola direzione, ossia non è solo Anna a confidarsi con William ma anche viceversa. Il dott. Faber trova in lei qualcuno a cui raccontare il suo passato e il suo presente. A guardar bene, con lo scorrere della pelllicola, ci si accorge che forse è più William ad aver bisogno di Anna, che non viceversa. Le intime confidenze gli servono soprattutto per uscire dalla vita grigia, triste e solitaria che conduce e dall’ufficio-casa, che per tutta la vita lo ha protetto come un guscio di tartaruga.
A rendere più entusiasmante la storia ad un certo punto interviene direttamente anche Mark – il marito di Anne – che, se da una parte vuole che sua moglie si trovi un amante che la soddisfi sessualmente, dall’altro è gelosissimo all’idea che il dott. Faber l’abbia posseduta a sua insaputa nell’ufficio.
Ho trovato molto buffa e divertente la scena in cui Fabrice Luchini balla scatenato sulle note di “In the Midnight Hour” di Wilson Pickett. Quest’attore ha l’aspetto decisamente convicente di un quadratissimo commercialista. Le espressioni stralunate che assume durante tutto il film me l’hanno reso estremamente simpatico.
Sandrine Bonnaire non è bellissima ma affascina. O meglio: è credibile che riesca ad affascinare un uomo. Bravissima nel ruolo della donna con la testa perennemente tra le nuvole, della fumatrice compulsiva e della chiacchierona irrefrenabile. Ottimo duetto il loro.
Anche Hélène Surgère è decisamente buffa. Suo il ruolo della segretaria del dott. Faber, un’anziana donna molto precisa e ligia al dovere, che però si stufa nello svolgere il ruolo di cameriera durante gli incontri tra Anne e William.
Anne Brochet interpreta la parte di Jeanne, la ex fidanzata del dott. Faber: una trentenne alquanto ipocrita che continua a sfruttare il suo vecchio moroso come un giocattolo sessuale.
A Laurent Gamelon hanno affidato il ruolo del nuovo ragazzo di Jeanne, uno sbruffone, bolso e invadente titolare di palestra.
Gilbert Melki veste i panni del marito di Anne.
Voto globale alla pellicola: 6 e mezzo. Intrattiene riuscendo a mantenere viva l’attenzione dello spettatore sino alla fine.

Non so perché ma continuo a trovare le locandine americane sempre più belle di quelle nostrane. Sarà solo esterofilia?

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.