La giusta distanza
di Carlo Mazzacurati (Italia, 2007)
con Giovanni Capovilla, Valentina Lodovini, Ahmed Hafiene,
Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Battiston, Natalino Balasso,
Danilo Marescotti, Stefano Sandaletti, Mirko Artuso,
Dario Cantarelli, Roberto Abbiati, Fadila Belkebla,
Raffaella Cabia Fiorin, Silvio Comis, Marina Rocco,
Amri Amine Abdel Jelil, Francesco Apuzzo, Nicoletta Maragno
Piccolo delizioso noir all’italiana ambientato tra le nebbie della pianura padana.
Giovanni, un ragazzo di soli 18 anni con il pallino del giornalismo si fa assumere come collaboratore ombra da una nota firma del Resto del Carlino, tale Bentivegna. Inizialmente scrive pezzi di cronaca di poco conto, anche perché nel suo paesino non succede nulla di rilevante se non un incendio probabilmente doloso e alcune misteriose morti di cani. La sua grande occasione arriva dopo un po’ di mesi quando la giovane e bella Mara, la nuova maestra elementare del paese, viene ritrovata morta. È qui che il ragazzo inizia ad occuparsi seriamente di cronaca giudiziaria. A dire il vero Giovanni decide di condurre da solo le indagini sul caso solo dopo che Hassan, il suo amico meccanico di origine tunisina, che aveva una storia d’amore con la vittima, si suicida perché non riesce a sopportare la vergogna di essere stato giudicato colpevole. Il piccolo cronista è convinto dell’innocenza del meccanico, in cuor suo sa che si trattava di vero amore, che il meccanico mai avrebbe fatto del male alla maestrina dai capelli neri e dal sorriso contagioso; per lui il colpevole è un altro, perciò decide di andare sino in fondo alla faccenda, di scavare, di ripercorrere il caso punto per punto, di riesaminare gli incartamenti del processo per assicurare alla giustizia la persona che sul serio ha posto fine alla vita di Mara.
Dal punto di vista registico e di sceneggiatura il film è costruito molto bene: per più della metà del film lo spettatore assiste alla vita decisamente normale (quasi noiosa e banale) del piccolo paese veneto; è solo negli ultimi minuti che si approda alla parte definibile propriamente thriller del film. Sin dall’inizio, però, e per tutta la durata della pellicola, aleggia comunque una certa atmosfera tetra, pesante, di tristezza mista ad angoscia, di mistero rarefatto; qualsiasi abitante del paese potrebbe perdere la testa da un momento all’altro, chiunque potrebbe nascondere un segreto, ognuno potrebbe uccidere o essere ucciso. Chi guarda non sa cosa succederà, né quando, ma ha la possibilità di godersi la storia, di seguire le vicende narrate che hanno comunque anche risvolti leggeri e simpatici, come il mutismo dell’omino tuttofare coi baffi neri e lo sguardo stralunato, il buffo accento del telefonista in salopette (il simpaticissimo Natalino Balasso), i continui e maldestri tentativi del pingue tabaccaio sborone (Battiston) di sedurre giovani donne, gli stretti legami affettivi dei personaggi nordafricani (Hassan, sua sorella, suo cognato pizzaiolo e alcuni piccoli nipoti) apparentemente bene integrati nella comunità.
“La giusta distanza” non è solo un film sul razzismo latente e/o strisciante degli italiani degli anni 2000: questo sentimento è solo uno degli elementi, sebbene essenziale, che compongono un equilibrato mix. Il film racconta anche la banalità della vita di paese, alcuni tratti salienti del nord-est (pur senza eccessivi luoghi comuni), l’amore sincero di un uomo solo che è fuggito in un paese lontano per rifarsi una vita dignitosa, le piccole/grandi sfortune della vita, la difficoltà di crescere e trovare la propria strada in provincia, l’impegno di alcuni giovani nel portare avanti i propri progetti di vita, dell’accoglienza che ricevono le persone di buon cuore nelle minuscole comunità, della possibilità di riuscire a conseguire gli obiettivi se mossi da tenacia, impegno e passione, ecc.
Giovanni Capovilla è il bravissimo protagonista, la voce narrante della storia. Un giovane dal volto pulito che incarna molto bene lo spirito del bravo ragazzo ingenuo, un tipetto sincero e appassionato che, nonostante non sappia mantenere la “giusta distanza” dai fatti del buon giornalista (il non coinvolgimento sentimentale suggeritogli dal giornalista l’esperienza), riesce comunque ad andare a fondo, a scoprire la verità delle cose.
Bentivoglio interpreta Bencivegna, il giornalista d’esperienza, uno che per inseguire gli obiettivi di carriera ha praticamente perso il contatto con la famiglia e con gli affetti in generale. Qui vediamo l’attore un po’ invecchiato (sarà solo effetto del trucco?), interpretare un ruolo da burbero un po’ scostante ma tutto sommato bonario, un professionista in gamba in grado di vedere nel giovane ragazzo un potenziale giornalista di rango.
Valentina Lodovini è bravissima e molto bella. Ho già detto che è bella? Vorrei ripeterlo più e più volte. Bella di una bellezza semplice. Il suo di certo non è il ruolo da vamp o da maestrina sexy e maliziosa, tutt’altro. La Lodovini interpreta la ragazza della porta accanto. Certo, una quasi-trentenne mora, con occhioni grandi e scuri e un fisico di tutto rispetto, non è molto comune, non tutti hanno una vicina così (probabilmente la vorrebbero), ma credetemi se vi dico che in questa pellicola interpreta il ruolo di una ragazza come tante, normale ma non banale, una non appariscente, dotata di una bellezza interiore importante almeno quanto quella esteriore. I suoi son sorrisi che valgono oro, sorrisi che fanno capire il perché gli abitanti del paesino vadano tutti matti per lei, perché riesca in poco tempo a conquistarsi il cuore e la simpatia di tutte le persone con cui entra in contatto.
Per Battiston ancora un ruolo da omone buffo: un tabaccaio ricchissimo, sborone e marpione, che ha comprato sua moglie – una ragazzona dell’est europeo – attraverso un catalogo online. Il suo forte accento da cittadino del Triveneto è perfettamente allineato con l’area geografica che Mazzacurati ha scelto per ambientare la sua opera.
Ad ogni modo il più bravo davanti alla macchina da presa in questo caso è Ahmed Hafiene. Spero davvero che abbia preso qualche premio. Interpreta Hassan, il meccanico di origine tunisina che viene condannato per aver ucciso la maestra. Sul suo viso porta tutta la sofferenza di un passato difficile, di una vita d’inferno in patria e di grosse difficoltà sul suolo italiano per raggiungere uno status di cittadino sufficientemente integrato nel tessuto sociale. La costruzione del suo personaggio è stata curata nei minimi dettagli: su di lui aleggia sin dal principio un alone di mistero. Hassan è un buono ma ha qualcosa da nascondere. Hassan sembra sincero ma ha l’aria di chi non si scopre mai del tutto. Per un lungo periodo di tempo chi guarda non sa chi è, da dove viene e che intenzioni abbia. Il suo primo contatto con la vittima, ad esempio, è morboso: Hassan s’innamora a prima vista della bella maestra forestiera, tanto da decidere di andare a nascondersi ogni sera sotto casa sua, tra il fogliame degli alberi, per spiarla attraverso le finestre.
Di Natalino Balasso ho già detto: quest’attore mi ha sempre trasmesso una grandissima simpatia, sin dalle sue prime apparizioni in tv, e continua a farlo tutt’oggi.
Di Danilo Marescotti, invece, dico che mi è sembrato un’ottima scelta di casting. Il suo è un volto buono per recitare la parte dell’avvocato menefreghista, razzista e prevenuto che fa il suo lavoro senza passione; un animo adulto inaridito che ha perso ogni speranza nella società e nelle persone, a fare da contraltare alla sete di giustizia e verità del giovane cronista.
Colonna sonora non pervenuta. C’era un commento musicale al film? Sinceramente non mi sono accorto – eccezion fatta per un brano nordafricano suonato durante una festa di paese.
Voto globale alla pellicola: 7 e mezzo. Da guardare. Uno dei quei rari prodotti di cui il cinema italiano dovrebbe andare fiero. Credibile, ben costruito, ben recitato, contemporaneo, dolceamaro, serio ma non noioso e soprattutto dignitoso.
Guarda qui il trailer.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.