Piccoli affari sporchi
(Dirty Pretty Things)
di Stephen Frears (UK, 2002)
con Audrey Tatou, Chiwetel Ejiofor,
Sergi López, Sophie Okonedo,
Benedict Wong, Jean-Philippe Écoffey,
Abi Gouhad, Zlatko Buric, Sotigui Kouyaté
Film inglese prodotto da Miramax e BBC, valido ma ingiustamente sottovalutato. Probabilmente è anche passato in sordina nelle nostre sale.
Attenzione: non si tratta del seguito della saga di Amélie Poulain, nonostante vi reciti Audrey Tatou.
Stephen Frears racconta una storia amara, ma alquanto originale, ambientata nella Londra dei giorni nostri, una Londra di cui non si parla mai, quasi nascosta, ma che vive e pulsa sottotraccia.
Okwe e Senay sono due immigrati clandestini: lui africano, lei turca. Vivono nello stesso appartamento ma non s’incontrano mai. Lui di giorno lavora come tassista abusivo, mente di notte fa il concierge in un albergo di bassa lega gestito da un losco figuro di probabili origini sudamericane. Lei lavora nello stesso albergo ma di giorno come inserviente (leggi: pulisce le camere). Tuttavia, vivere insieme nello stesso appartamento è un eufemismo, perché in realtà Senay affitta semplicemente il suo divano a Okwe e non vuole assolutamente che in giro si sappia che lei – giovane vergine mussulmana dalla reputazione impeccabile – ha un uomo in casa.
Le vite dei due londinesi-non londinesi si sfiorano continuamente senza intrecciarsi mai. Le loro tranquille ma faticose routine vengono appena accentate, non annoiano, perché la narrazione entra subito nel vivo. Sin dalle prime battute, infatti, vediamo la situazione degenerare; le cose per Okwe si mettono subito male quando, rovistando in una stanza dell’albergo, si imbatte per caso in un water intasato da un cuore umano. Anche per Senay la situazione non è delle migliori, dal momento che si ritrova alle calcagna due pessimi individui del reparto immigrazione della polizia, desiderosi di trovare un cavillo legale per espatriarla il prima possibile.
Narrativamente il film è costruito molto bene perché lo spettatore non traccia immediatamente il profilo preciso dei due protagonisti. In altri termini: la storia è intrigante, i fatti si scoprono pian piano, uno per volta e senza che il racconto sia banale o scontato.
Vedere Audrey Tatou nei panni di una non-francese all’inizio fa un po’ specie ma ci si abitua molto presto. La domanda che, infatti, mi sono posto durante tutto il film è stata: “Chissà come sarà il francesce con accento turco della Tatou?!” – io il film l’ho visto doppiato in italiano. L’avevo videoregistrato dalla tv qualche anno fa.
Chiwetel Ejiofor ha una bella faccia. Direi che risulta quasi immediatamente simpatico. Ciò nonostante, il suo non è un ruolo da buffone – non siamo di fronte ad una commedia, infatti. Tutt’altro. A mio modo di vedere, è stata un’ottima idea prenderlo a recitare la parte di un uomo serioso ma dal cuore grande. Un africano poco meno che quarantenne, completamente chiuso, rigido e severo con se stesso, misterioso ma buono, che porta sulle spalle il peso di un grande inconfessabile segreto ma che, allo stesso tempo, non riesce a sottrarsi a mille doveri morali che gli si parono davanti.
Buffissimo Zlatko Buric nella parte del portiere d’albergo di origini russo/ukraine: tanto fanfarone, quanto chiacchierone.
Sophie Okonedo interpreta la giovane prostituta di bassa lega: un animo buono e gentile che fraternizza subito con i due “poveri” protagonisti.
Ottima scelta di cast anche per Sergi López: esprime la giusta dose di antipatia funzionale al suo ruolo di sfruttatore senza scrupoli.
A me e al coinquilino questo film è piaciuto molto. Ripeto: trama originale. Aggiungetevi anche valide interpretazioni e sensata ricostruzione della vita nella cosiddetta “Londra invisibile”. Voto: 7.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.