Il fatto.
La notte scorsa (sabato 5 giugno) l’ho passata all’interno del “Save the Beach Hotel”, un albergo fatto di spazzatura (vedi foto). Non ho pagato. Son stato ospite dell’agenzia di comunicazione che mi ha contattato perché – dice – mi ha scelto da alcune classifiche di blogger. Sulle prime ero scettico. Ho chiesto maggiori informazioni e, solo quando sono stato rassicurato, ho accettato l’invito.
Come funziona.
La cosa funzionava così: da alcuni anni a questa parte la birra Corona d’estate lancia una campagna per ripulire le spiagge italiane, che sappiamo essere (in alcuni casi) in condizioni pietose di degrado. Ogni anno, insomma, a sue spese ripulisce un litorale. Quest’anno credo sia toccato ad una spiaggia del Lazio – non so quale. Con il materiale ricavato da quest’operazione di pulizia hanno pensato di creare un albergo. Ad allestire lo stabile ci ha pensato un artista tedesco 71enne, tale Ha Schult. E già qui scatta la prima polemica perché pare che in realtà tutto il materiale (immondizia compresa) sia stato portato con i camion da un altro luogo, cioè non si tratterebbe di materiale recuperato dalle spiaggie. Ma è cosa da verificare. Ossia: come operazione a favore dell’ambiente ad alcuni è apparsa un po’ discutibile.
L’invito al blogger.
Ma andiamo oltre. Io sono stato invitato a dormire in questo hotel senza condizioni. Nessuno mi ha chiesto niente. Non mi hanno chiesto soldi, né io sono stato pagato. Anzi, per la precisione: appena sono arrivato all’hotel, subito dopo il check-in, m’è stato chiesto di scrivere un breve post per il sito ufficiale dell’iniziativa. L’ho fatto un po’ controvoglia ma l’ho fatto comunque. Un po’ perché non mi andava di fare storie con i ragazzi che me l’hanno chiesto (chiamiamola solidarietà tra colleghi – a volte mi dispiace che i responsabili junior di web marketing trovino in giro tanta ostilità) e un po’ perché volevo approfittare dello spazio per scrivere quello che sul serio pensavo dell’operazione. Stamattina, poi, appena sveglio, mi hanno pure chiesto di mettermi davanti alla webcam e registrare un video con le mie impressioni. Beh, ho fatto anche questo ma – sono sincero – senza grande convizione. Ho farfugliato due parole. Il video sarà durato meno di 15 secondi. Avevo gli occhi gonfi (ero sveglio da meno di 5 minuti), ero confuso e un po’ stanco. Avevo solo voglia di tornarmente a casa e farmi una bella doccia.
Ci tengo a precisare che, prima di arrivare nell’hotel sapevo poco o niente dell’iniziativa. Non ho voluto informarmi apposta per essere scevro da qualsiasi tipo di condizionamento.
Perché?
Ma perché la birra Corona ha messo in piedi tutto ciò? Ovviamente si tratta di una operazione di cause related marketimg. Con la raccolta dei rifiuti e la costruzione di questo hotel Corona ha voluto dare al propio brand (nome/marchio) un’aura di rispettabilità sociale. In altre parole: gli uomini di marketing hanno lavorato per far sí che passasse il concetto che a Corona sta a cuore la pulizia delle spiagge italiane (in particolare) e il rispetto dell’ambiente (piú in generale). Tra l’altro proprio ieri, 5 giugno mi pare fosse la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Oh, non c’è niente di male, intendiamoci. Corona tra l’altro non mi sembra che abbia una brutta fama come azienda. Non ha la coda di paglia, né qualcosa di cui farsi perdonare. Il fatto che poi queste operazioni vengano fatte poco prima dell’estate, cioè della stagione in cui gli Italiani bevono più birra, andrebbe analizzato più a fondo, ossia è tutto un altro discorso che meriterebbe un post a parte.
L’hotel.
Dunque com’era l’hotel? Più che hotel direi che si potrebbe definire un accampamento, una specie di baracca. Non voglio usare il termine catapecchia per non essere offensivo. Diciamo, dunque, che era una grande casupola in legno con i muri sottili (compensato o truciolato?) sulle cui pareti esterne erano letteralmente attaccati (inchiodati? incollati?) dei rifiuti. Tutta roba asciutta. Ovviamente il cosiddetto “umido” non è stato usato per ragioni igieniche e di praticità, altrimenti sarebbe andato tutto in putrefazione nel giro di pochissimo tempo.
Il casermone sembrava a due piani ma non lo era; le stanze (5 credo) erano tutte a piano terra, avevano i soffitti altissimi ma erano scoperte, cioé comunicanti tra loro dall’alto. Avete presente i camerini? Ecco, esattamente così. Difatti dalla mia stanza sentivo qualcuno russare, benché il suono non fosse fortissimo. Le finestre c’erano ma erano coperte solo da stracci leggeri e bucati. É stata una fortuna che quella di ieri a Roma non sia stata una notte fredda. Fortunatamente non ho avuto freddo. La coperta che mi hanno dato mi ha tenuto abbastanza caldo ma scemo io, comunque, a non essermi portato il pigiama pesante. Ho dormito praticamente vestito. Zero riscaldamento nelle camere e zero condizionatori (ma questo mi sembra giustissimo). Nella mia camera c’era solo una lampada alogena, una piattaforma di cemento con sopra una specie di materasso morbido da una piazza (bella larga) e un cuscino grande da divano. Sul tappeto lercio e iper-sbrindellato, presente sul pavimento di legno, si trovavano anche due tavolinetti con 3 gambe su 4 – aventi funzione di comodino, un divano in tessuto floreale e un vecchio poggiapiedi di velluto giallo. Il tutto ricoperto da diversi strati di polvere. Su di una parete era stato appeso uno specchio intero, bello grande ma con un angolo spezzato.
L’igiene del posto, ammettiamolo, lasciava un po’ a desiderare. Si tratta pur sempre di immondizia, no? Per fortuna il cuscino e le lenzuola non puzzavano e sembravano abbastanza pulite. Il bagno era solo uno, in comune: un bagno chimico situato accanto all’ingresso dell’hotel, a due metri dalle orecchie del ragazzo che è stato messo a fare da receptionist per tutta la notte.
Gli altri ospiti dell’hotel non li ho conosciuti e non so chi siano. Quelli che ho incontrato al momento del check in, verso le 22, sembravano spagnoli. C’era pure una russa, mi pare. Comunque non credo fossero blogger.
Il marketing.
Ma questa iniziativa ha funzionato? Che ritorno d’immagine avrà? Certo, in Rete si trovano diversi post e notizie riguardanti l’hotel. Ne avrà sicuramente parlato anche la stampa e la tv, non foss’altro per l’originalità dell’iniziativa, la leva dell’ecologia (una tematica ancora fortissima – sopratutto in certi ambienti sinistrorsi) e la presenza di una ex top model (Helena Christensen), che pare abbia soggiornato nell’hotel giovedì notte. Facciamo un po’ di conti in tasca a Corona. Prendere questa testimonial internazionale sarà costato un bel po’ ma avrebbero potuto prendere anche una starlette “nostrana”, sarebbe costato meno. Credo che la cosa avrebbe avuto all’incirca la stessa rilevanza in Italia. Perché credo che si tratti di un’iniziativa italiana, sapete. Ma il punto non è questo. Il punto è che l’hotel era isolato. Si trovava ai giardini di Castel Sant’Angelo, cioè proprio sotto il castello, in una specie di giardinetto recintato, chiuso da un cancello e sorvegliato a vista. L’iniziativa, anziché durare 4 giorni, sarebbe potuta durare meno, anche 24 o 48 ore al massimo. Secondo me avrebbero dovuto coinvolgere maggiormente i cittadini di Roma. Avrebbero potuto allestire l’hotel in un posto di passaggio, con maggiore traffico pedonale, che so: magari in una delle piazze più importanti come Piazza Navona, Piazza del popolo o piazza della Repubblica. Avrebbero potuto invitare le persone a fermarsi, a visitare l’hotel durante il giorno e magari di sera organizzare festicciole, dj-set, concertini con band locali (a cui puoi allungare 400/500 euro e farli contenti) e offrire centinaia di birre gratis ai passanti e ai curiosi che si fermavano ad ascoltare la musica, a osservare la casetta in legno. Dico di più: avrebbero potuto mettere due o tre hostess più due o tre responsabili del marketing Corona a spiegare l’iniziativa di persona. Sarebbe stato di certo più coinvolgente. Il massimo sarebbe stato lasciare che i curiosi visitassero la struttura dall’interno. Ecco, forse non è esattamente il mio mestiere, magari non è bello, ex post, a cose fatte, mettersi in cattedra a dire cosa si sarebbe potuto fare. Però mi permetto di esprimere la mia opinione perché si tratta di idee semplici che potrebbero avere un minimo di efficacia in più. Tutto qui. Lo dico senza superbia.
Il comportamento.
Dice: ma allora, se hai da lamentarti così tanto, perché ci sei andato? Semplice: perché sono curioso. Molti blogger, di fronte a questi inviti, solitamente rifiutano, si tirano indietro, fanno gli schizzinosi. In giro ci sono molti fautori della “linea dura e pura”. Spesso anche io rimando al mittente diverse proposte, offerte, ecc. Ma questa volta mi sono detto: “Perché no? Chissà che effetto fa dormire in un hotel così originale!” E sono andato a vedere. Curiosare a volte non costa nulla e non è compromettente.
Disclaimer: l’agenzia MN non mi ha chiesto di scrivere questo post.
“Dice: ma allora, se hai da lamentarti così tanto, perché ci sei andato?”
E come avresti potuto fare dei commenti, se non ci fossi andato? :)
S.
Non capisco tutte queste critiche all’opera di HA Schult. Sono passato anch’io a vedere l’hotel, non ho avuto la fortuna che hai avuto tu di poterci dormire, ma mi è sembrata un’opera ai livelli dei trash people (vecchio lavoro di Schult). Inoltre l’iniziativa è comunque da lodare, si stanno impegnando a ripulire una spiaggia l’anno, e non è poco. Non capisco veramente tutto questo scetticismo da parte tua.
@lollo: in un certo senso hai ragione. A me piacerebbe che più amministrazioni locali si occupassero di ripulire le spiagge del litorale italiano. E’ un peccato che siano delle aziende private a doversi occupare di questo per iniziativa spontanea.
Purtroppo in questo paese chi dovrebbe ripulire le spiagge e impegnarsi a sensibilizzare chi le sporca non fa bene il suo lavoro. Probabilmente non lo fa per niente. Quindi ben vengano iniziative come questa.
@lollo: concordo con il tuo pensiero…sono da apprezzare iniziative che tentato di sensibilizzare le persona al rispetto dell’ambiente a prescindere da chi le mette in atto.