Amore mio aiutami
di Alberto Sordi
(Italia, 1969)
con Alberto Sordi, Monica Vitti,
Ugo Gregoretti, Laura Adani, Nestor Garay,
Silvano Tranquilli, Mariolina Cannuli, Karl-Otto Alberty
Commedia all’italiana sul tema del tradimento, della fiducia tra partner e della difficoltà nei rapporti di coppia.
Giovanni e Raffaella, un lui e una lei sulla quarantina, benestanti (lui banchiere, lei casalinga), vivono a Roma in una grande casa. Hanno un bambino di 10 anni che però non vive con loro in quanto studia in un collegio fuori città. I rapporti tra i due sembrano normali, tranquilli, pur se non idilliaci. Un giorno si recano al mare per visitare la nuova villa appena finita di ristrutturare e qui Raffaella decide di confessare a suo marito di aver perso la testa per un altro uomo: l’occasione è data da un’esternazione dello stesso Giovanni in cui si dichiara (da sempre) un uomo moderno, di ampie vedute, anticonformista, comprensivo, libero dai pregiudizi e dalla schiavitù della gelosia.
Le cose, però, non vanno come Raffaella aveva previsto poiché Giovanni si dimostra tranquillo solo apparentemente. Dopo alcune scene di gelosia, comunque, i coniugi decidono di affrontare la situazione senza drammi: Giovanni, per amore della loro sacra unione, sarà comprensivo e Raffaella potrà continuare a frequentare il concerto del mercoledì, occasione in cui può vedere l’uomo di cui si è invaghita – un fisico nucleare, tale Valerio Mantovani.
Nel frattempo Giovanni, pur fingendosi distaccato e disinteressato, fa di tutto per dissuadere sua moglie dal frequentare Valerio (coinvolgendo persino il loro unico figlio) e per conoscere quest’uomo che ha affascinato a tal punto la donna che ama. Un giorno segue Raffaella sino a teatro per spiarla durante il concerto; un’altro si reca persino a casa di Valerio per convincerlo a lasciare in pace Raffaella.
Il dott. Mantovani accetta ma la signora accusa il colpo. Raffaella accusa molto la scomparsa dell’oggetto del suo desiderio e somatizza il dispiacere, a tal punto da soffire per un certo periodo di paralisi agli arti. Intanto i giorni passano e la vita sembra tornare alla normalità. Almeno sino a quando Raffaella non scopre che è stato suo marito a dissuadere Valerio dal frequentarla: i due hanno quindi una violentissima lite sulle dune della spiaggia di Ostia, terminata la quale, Raffaella sembra tornare in sé. Le cose si sistemano a tal punto che la moglie finisce per diventare completamente succube di suo marito – anche e soprattutto a causa delle botte prese.
Il finale non lo svelo – nonostante il film sia più vecchio di 40 anni. Sappiate solo che nel bel mezzo di un party in onore di Raffaella arriva una telefonata inaspettata da parte di Valerio.
Questo film in alcuni frangenti mi è sembrato addirittura “reazionario”. E forse un po’ lo è. Ci sono alcune scene, alcuni dialoghi, alcune situazioni totalmente maschiliste e retrograde. D’accordo: era il 1969 ma forse non erano proprio quelli gli anni in cui in Italia era più sentito il dibbattito sul ruolo della donna nella società contemporanea?
Che Sordi abbia voluto fare un po’ di satira di costume ci sta. Ma spesso si ha l’idea che invece l’effetto sortito sia completamente contrario. Alcuni “quadretti di emancipazione” sono così grotteschi che quasi instillano nello spettatore il desiderio che il ruolo della donna rimanga sempre lo stesso, dimesso e subordinato all’uomo, cioè che nulla cambi davvero. L’uomo – inteso come maschio – descritto da questo film è spesso debole, apparentemente ha il polso della situazione ma perde la bussola di fronte a situazioni per lui completamente inedite. Il marito tende quasi ad essere rappresentato come una povera vittima delle passioni e dei capricci sentimentali di sua moglie – apparentemente inspiegabili, come qualcuno verso cui provare commiserazione. Quasi si arriva a compatire la figura del protagonista maschile. Ed io più di una volta mi sono trovato a chiedermi: ma regista e sceneggiatore cosa avranno voluto sul serio comunicare?
Nota di colore: ho trovato alquanto buffa l’interpretazione di Ugo Gregoretti, qui nei panni dell’amico di famiglia. Spassosissima la scena in cui dichiara serafico al suo amico di aver sposato una puttana (“Puttana di famiglia: puttana sua madre e sua sorella”) e perciò di essere rassegnato all’idea di essere tradito.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.