A serious man
di Joel Coen ed Ethan Coen (Usa, 2009)
con Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed,
Sari Lennick, Adam Arkin, Aaron Wolff, Jessica McManus,
Brent Braunschweig, David Kang, Benjy Portnoe,
Jack Swiler, Andrew S. Lentz, Jon Kaminski Jr, Ari Hoptman,
George Wyner, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Steve Park,
Amy Landecker, Allen Lewis Rickman, Raye Birk, Peter Breitmayer,
Stephen Park, Simon Helberg, Alan Mandell
Veniamo subito al dunque: questo film mi ha deluso molto. Sono un beniamino dei fratelli Coen. Li trovo grandi registi ma questa volta non hanno saputo “regalarmi un’emozione” (come si dice in gergo). Forse sono entrato in sala con aspettative molto alte. Chi lo sa?! Forse mi aspettavo tutt’altro. Forse non ho capito io il film – perché uno queste domande se le pone pure. Non lo saprei dire con certezza. Sicuramente, però, sono uscito dal cinema con l’amaro in bocca, con la sensazione che qualcosa non abbia funzionato, che la storia fosse perlomeno incompleta (con quel finale, poi!)
Quando sono arrivato al cinema non sapevo nulla della trama, nulla dell’attore protagonista, nulla di nulla, se non che questo fosse il nuovo film dei fratelli Coen. Punto.
Devo essere sincero: dopo il primo quarto d’ora ho pensato addirittura di aver sbagliato sala. L’introduzione è stranissima, a tutt’ora non l’ho capita. Siamo ai primi del 1900 in Polonia (credo): una coppia di ebrei (un lui e una lei, marito e moglie) riceve la visita inaspettata di un vecchio, un conoscente che credevano morto. La donna è talmente supestiziosa che cerca di uccidere con una coltellata all’addome quello che lei crede essere uno spirito maligno. ll vecchio scappa via e sparisce nella notte. Di lui non sapremo più nulla. Il prologo finisce qui ed inizia finalmente il film.
“A Serious Man” racconta di un professore di fisica quarantenne, il sig. Larry Gopnik, nell’america degli anni ’60. Larry Gopnik è un uomo molto ma molto ma molto sfigato; ha origini ebraiche, una famiglia come tante (forse) e tanti problemi. Per fare solo un paio di esempi: 1. un suo studente di origine asiatica cerca di corromperlo con una busta piena di soldi, al fine di avere un buon voto e non perdere così la borsa di studio; 2. la moglie del professore lo tradisce con un vecchio amico di famiglia vedovo e più anziano. Ma queste due sfighe sono solo la punta dell’enorme iceberg di sfortuna che si abbatte sul prof. Larry Gopnik (il protagonista).
A mio modo di vedere “A Serious Man” è una storia raccontata sul grande schermo che ti vuole solo dire “alla sfortuna non c’è mai fine”. La vita è cattiva, lo sappiamo. Vivere sulla terrà è insostenibile? Più o meno il messaggio è questo. Forse si potrebbe ipotizzare più un tentativo di rappresentare al cinema il cosiddetto primo assioma delle leggi di Murphy: “Se qualcosa può andar male, lo farà”. Ma forse sono troppo inclemente.
Forse il messaggio è di tipo sovrannaturale/superstizioso, forse la maledizione del vecchio accoltellato in Polonia si è riversata, generazioni dopo, sul suo lontano discendente. Mah.
Passiamo agli attori. La scelta del cast è eccellente. Anche per questioni somatiche.
Michael Stuhlbarg è bravissimo nel ruolo del protagonista. Ha mille espressioni diverse per ogni sventura che capita al suo personaggio; riesce a comunicare un ventaglio di emozioni davvero molto esteso che va dall’estasi da marijuana allo sconforto più totale – che sfocia nel pianto disperato.
Buona prova anche per l’attrice nel ruolo della moglie del prof. (Sari Lennick) e per i due figli (Jessica McManus e Aaron Wolff).
Richard Kind è un perfetto uomo medio, un americano medio di mezza età. La parte del fratello mezzo scemo del protagonista gli calza a pennello. La trovata del sebo da drenare è disgustosamente geniale.
David Kang nel ruolo del giovane studente orientale finto-tonto è buffissimo. Stessa cosa dicasi per Fred Melamed, che interpreta l’amante della moglie del professore: un omone barbuto che, parlando lentamente e con convinzione, riesce a mettere soggezione in chi lo ascolta.
Non ricordo dove altro ho visto recitare George Wyner ma lo trovo sempre e comunque molto elegante. Qui interpreta un rabbino molto stimato nella comunità in cui vive il prof. Gopnik.
Ecco, una cosa molto importante che dovete sapere: se non sapete nulla della religione ebraica, e di tutta la cultura annessa, questo film decisamente – decisamente – non fa per voi. Non capirete granché, né apprezzerete certi passaggi fondamentali come il bar mitzvah del figlio del prof. o la richiesta del divorzio rituale. Dunque, ascoltate il consiglio di uno spettatore come tanti: questa pellicola non vale il costo del biglietto. Mi spiace per Joel e Ethan, alle cui opere pure sono affezionato.
Inoltre, se andate al cinema per vedere una bella commedia, se volete ridere, rimarrete delusi. Più che altro, qui si sorride dell’accumularsi delle disgrazie del protagonista e della situazione ingarbugliata in cui viene a trovarsi. Ma non si ride. Mai. Questo, prima di tutto, è un dramma umano. La disperazione di un essere umano di fronte alle mille sfighe della vita. C’è davvero poco da ridere.
La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.
Io non vorrei sbracarmi, ma ‘sto film è veramente una cazzata. E le ovazioni della critica mi fanno ancora più innervosire.
Per la cronaca: l’ispirazione del film viene dalla parabola di Giobbe, il profeta famoso per la sua pazienza…
S.
@sergio: allora portiamo pazienza. :)
Questo film è una riflessione profonda sulla possibilità di spiegare razionalmente ogni avvenimento della nostra vita. Un cammeo all’infanzia dei Cohen, e critica feroce ai rigidi schemi di religione e scienza.
C’è pessimismo,c’è incoerenza narrativa, c’è un tentativo macchinoso di pianificare una serie incontrollabile di eventi, dalla moglie zoccola fino al tornado. La parte introduttiva è la chiave di lettura del film. Di fatto ha dato fastidio a tutti. L’ebraismo è il modus operandi (la religione gnoseologica per eccellenza), la fisica delle particelle la benzina per il fuoco. Ecco questa è l’amarezza che ti porti dentro per una vita, dopo che l’hai spesa a mangiarti il cervello con tremila perchè, e non aver dato una risposta a nessun quesito. Se questa vi sembra una cazzata, non oso immaginare cosa possiate pensare di Avatar o altri blockbuster preconfezionati.
@spencer3: io non ho detto che questo film è una cazzata. Inoltre non mi sembra che ci sia incoerenza narrativa.
Chiedo venia Smeerch, ho generalizzato. Tuttavia la tua recensione non mi pare sia del tutto esaustiva del film, nè sono d’accordo con l’affermazione “Dunque, ascoltate il consiglio di uno spettatore come tanti: questa pellicola non vale il costo del biglietto”. Un po’ brutale per un film che non lo merita affatto. Era dai tempi di Fargo che non vedevo il lato riflessivo dei Coen, quello che sibillinamente ha fatto la fortuna di No country for Old Men. Per quanto riguarda l’incoerenza narrativa, è un’espressione forzata e infelice per definire il flusso disordinato di eventi o spirale di “mille sfighe” che caratterizza il film.
@spencer3: si sa che io sono cazzaro e tranchant quando scrivo di film. Ad ogni modo, anche a me è piaciuto molto “Fargo”. Lo reputo uno dei migliori (se non il migliore in assoluto) dei fratelli Coen. Diciamo quindi, per usare un’espressione blanda, che “A serious man” non mi ha convinto.