The Millionaire
(Slumdog Millionaire)
di Danny Boyle (GB, Usa)
con Dev Patel, Anil Kapoor,
Freida Pinto, Madhur Mittal, Irfan Khan
Favola bella ambientata nell’India contemporanea. Un poveraccio a cui la vita ha tolto tutto riesce a coronare il suo sogno d’amore diventando contemporaneamente anche ricco sfondato.
Jamal Malik, un diciottenne indiano cresciuto da orfano con suo fratello Salim nella baraccopoli di Mumbai (Bombay), che di mestiere fa l’assistente – il porta thé – in un call center, vince 20 milioni di Rupie, partecipando alla versione locale del noto quiz televisivo “Chi vuol essere milionario”. La polizia, credendolo un truffatore, decide di interrogarlo con metodi decisamente poco ortodossi (leggi tortura) per scoprire come ha fatto a rispondere in maniera corretta a tutte le risposte del quiz, pur non avendo avuto la benché minima istruzione.
Il racconto del ragazzo funge da artificio narrativo per far sì che il regista possa andare continuamente avanti e indietro nel tempo (flashback) a mostrare tutta la vita del protagonista, attraversando le vicende che lo hanno portato dalle stelle alle stalle. Qualcosa che funziona perché appassiona, diciamolo.
Parallelamente al racconto della vita difficile del ragazzo e di suo fratello corre un’altra storia: quella d’amore tra il protagonista e Latika, un’altra orfana che ha seguito i due ragazzini in gran parte delle loro avventure.
Lo stile Bollywood è sempre lì dietro l’angolo pronto a manifestarsi in tutto il suo essere kitsch. Lo si avverte dalle ambientazioni, dai colori, dalle musiche della colonna sonora. La ‘ciliegina sulla torta’ – che si potevano tranquillamente risparmiare – è rappresentata dal ridicolo balletto stile musical che accompagna i titoli di coda.
Ho apprezzato tantissimo la bellezza di Freida Pinto: è un peccato che reciti poche scene, solo sul finale del film, in quanto interpreta Latika solo da adulta. Comunque sia per lei si sono già aperte le porte del cinema internazionale. Ci sono in giro rumors che parlano di lei come candidata per il ruolo di bond girl nel prossimo episodio della saga di 007.
Anche Dev Patel si trova perfettamente a suo agio nei panni del ragazzo con la faccia da beota. Plausi vari agli uomini che hanno fatto il casting.
Mi ha fatto piacere rivedere in azione Irfan Khan – già visto recitare ne “Il treno per Darjeeling” e già noto come l’uomo che somiglia tremendamente a Serge Gainsbourg.
Mi permetto di osservare che dobbiamo ritenerci fortunati, qui in Italia, perché il conduttore dell’edizione locale di “Chi vuol essere milionario” è Gerry Scotti, un simpatico, gentile e distinto padrone di casa, che non si permetterebbe mai di prendere per il culo il concorrente ospite rimarcando ad ogni piè sospinto le umili origini né il poco nobile mestiere. E, tra le altre cose, non va sulla tv nazionale vestito con una sudicia giacca di lana pesante che sembra comprata sulle bancarelle, né portando un acconciatura che persino Little Tony ha dismesso da decine di anni.
Nota 1. Danny Boyle, il regista, è lo stesso che ha diretto film come “Trainspotting” e “The Beach”.
Nota 2. Questa pellicola ha vinto ben 8 premi Oscar: come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior montaggio, miglior fotografia, miglior colonna sonora, miglior canzone, miglior sonoro.
Nota 3. Nella colonna sonora ho riconosciuto il simpatico brano di M.I.A “Paper Planes” ossia quello tamarro in cui ci sono cori di bambini e si sentono sparare delle pistole.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.
Pensa che a me è piaciuto praticamente solo il balletto finale :D
@mafe: si vede che abbiamo gusti diversi.
Però, se si sono portati a casa tutti quei premi, e se hanno raccolto 250 milioni di Dollari di incasso in tutto il mondo, vuol dire che hanno vinto loro. Che “il prodotto” è effettivamente piaciuto. ;)
anche io sono andata a vederlo ieri: a me è piaciuto tutto, balletto incluso: una favola romantica che non dimentica di far riflettere, con quella spruzzata di bollywood che fa tanta allegria!
quanta dietrologia che leggo nei commenti su Friendfeed, possibile che non siamo più capaci di goderci una favola senza chiederci il perché e il percome delle cose o senza farne uno studio di fattibilità? :-)
@lapitta: forse le cose si possono godere anche se ci si chiede il perché. Anzi, ti dirò, secondo me quando una cosa l’hai capita per bene riesci davvero a godertela a pieno. ;)
L’oscar 2009 per il migliore film va a The Millionaire, diretto da Danny Boyle (oscar anche per la migliore regia), una favola indiano-statuninense dal gusto di saga popolare e con tanto d’amore drammatico e impossibile che evolve sino al lieto fine. Ma il film, tratto da un romanzo di Vikas Swarup è anche altro. I miti principali della nostra epoca vi sono tutti rappresentati, con i grandi quiz a premi in denaro che hanno fatto la fortuna delle TV, aprendo la strada della persuasione occulta di milioni di telespettatori o con l’idea che ci si possa riscattare persino dalla condizione di paria solo che lo si voglia con tutte le proprie forze, come nel caso di Jamal (Dev Patel), purché si resti nel giusto e nel buono e non si pretenda di usare la violenza, perché in tal caso si finisce male come suo fratello Salim. E ancora: l’impossibilità della lotta di classe come l’impossibilità di combattere le mafie, la possibilità invece di farsi strada da soli nella vita anche al costo di subire le ingiustizie del potere costituito, delle sue leggi e delle torture dei suoi sgherri, più o meno corrotti, preposti a difenderlo. E, sullo sfondo, il mito dell’amore unico e sempiterno, capace di resistere alla sfida del tempo come al destino avverso, purché la volontà del maschio franga gli ostacoli che trova sulla propria strada e si renda degno di meritare in premio la donna che ama, una creatura-oggetto debole e affascinante come la Latika (Freida Pinto) di Jamal. Perché il miracolo si compia, tuttavia, è necessario che il nostro eroe superi tutta una serie di prove che da ultimo si riassumono nella capacità di diventare milionario e popolare partecipando al Grande Quiz della televisione indiana. Come riuscirà Jamal, vissuto tra i paria di Mumbai, a rispondere alle domande pseudoculturali e ai trabocchetti che l’ambiguo e ottuso presentatore del programma gli sottopone? È semplice: egli troverà le risposte non già per averle tratte da libri che non ha letto, ma per aver fatto tesoro delle proprie esperienze. È questo l’ultimo mito che la favola propone, forse il più possente di tutti perché, in un mondo sempre più globalizzato che legge poco e molto vede e consuma, fa leva sull’idea diffusa in tutti gli strati sociali che libri e cultura siano balocchi di perditempo.
Ciò detto, non v’è dubbio che Danny Boyle abbia realizzato un prodotto di successo e di largo consumo, attingendo oltre che alla mitologia occidentale e alla ricca tradizione indiana di canti e danze (avvalendosi della collaborazione della regista indiana Loveleen e soprattutto di Allah Rakha Rahman, famoso compositore indiano di soundtracks ), alla ormai consumata abilità dei cineasti americani (ancora ignota purtroppo alla maggior parte di quelli italiani) di imporre al film un ritmo capace di dissuadere lo spettatore dal compulsare il proprio orologio e/o di sbadigliare, creando al tempo stesso effetti capaci di stupire e di imporre concetti mediante la forza dell’immagine, come nel caso delle riprese di Boyle che schiacciano ripetutamente le masse indiane su oggetti che le sovrastano, siano questi templi o grattacieli, piazze monumentali o binari dove stazionano lunghi e grossi treni affiancati, a manifestare la scarsa significanza nell’attuale società indiana (solo nell’indiana?) dell’individuo in quanto tale a meno che…egli non sia capace di diventare milionario e popolare come Jamal.
In tale prospettiva, non suscita meraviglia l’attribuzione a The Millionaire di ben otto celebri statuette compresa quella più importante di tutte, ottenuta spuntandola su film come The Reader e Il curioso caso di Benjamin Button, più inclini a sedurre lo spettatore attraverso la mente che rivolgendosi alle sue viscere.
(Dal Blog: Lo zibaldone di Sergio Magaldi)
@Sergio Magaldi: più che un commento mi sembra una recensione dal sapore un po’ spam.