W.

W.

di Oliver Stone (USA, 2008)
con Josh Brolin, Elizabeth Banks,
James Cromwell, Ioan Gruffud, Jeffrey Wright,
Ellen Burstyn, Thandie Newton, Scott Glenn, Richard Dreyfuss,
Rob Corddry, Noah Wyle, Allan Kolman, Jesse Bradford,
Jason Ritter, Sayed Badreya, Toby Jones, Madison Mason

Questo è un biopic, ossia una film biografico sulla vita del 43^ Presidente degli Stati Uniti d’America. Mi aspettavo un film molto più sagace, che non avesse timore nel descrivere la vita e l’ascesa al potere di quello che fino a ieri è stato l’uomo più potente (più influente) del mondo. Eppure, a mio modo di vedere, Oliver Stone sta perdendo un po’ di smalto. Di certo su George W. Bush non si poteva tirare sputi ed insulti. Sappiamo tutti benissimo che in terra americana Presidente=Patria il più delle volte è un’equazione perfetta. Il che significa che chiunque si permetta di criticare il presidente (in carica) rischia di essere tacciato di anti-patriottismo e di subire una pesantissima emarginazione. In effetti non si poteva fare e non è stato fatto.
Detto questo, mi preme far presente che comunque il regista non ci va giù dolce. Per tutto il periodo giovanile e oltre, sino alla soglia dei 40 anni, Bush viene rappresentato come un vero inetto: un ubriacone figlio di papà che non riesce a trovare una sua strada, che mette incinta una giovane donna, che non riesce a tenersi un lavoro per più di un mese, che non spicca negli affari, ecc. Un uomo a cui non è affato chiaro cosa fare della propria vita. Questo almeno sino alla chiamate del ‘papy. Sì perché, al compiere dei 40 anni, Bush Senior lo chiama al suo fianco per la campagna elettorale per le presidenziali del 1988. E da qui in poi il profilo che verrà fuori di George W. Bush sarà più quello di una persona che si fa consigliare male, di uno un po’ ingenuo e semplice, che viene facilmente manipolato dai falchi che siedono con lui al tavolo delle decisioni importanti. Quando sappiamo benissimo che in realtà il nostro ha la sua bella responsabilità nelle nefandezze che hanno portato dolore e tragedia nel Mondo negli ultimi 8 anni.
Le colpe e i meriti, ovviamente, non sono tutti e soli del regista. Diamo pure a Cesare quel che è di Cesare. Soggetto e sceneggiatura sono di Stanley Weiser.
Ciò che è valido, invece della pellicola sono il casting (la scelta degli attori), il trucco e soprattutto la recitazione dei personaggi principali.
Josh Brolin con questa pellicola acquista ai miei occhi 1000 punti simpatia. Mi aveva già fatto una buona impressione sia in “American Gangster” che in “Non è un paese per vecchi” ma qui si rivela davvero un attore da Serie A. Il trucco l’aiuta moltissimo a somigliare a Bush ma sarei curioso anche di vedere la versione originale del film, in inglese, per capire se e quanto quest’attore abbia lavorato per somigliare il più possibile al Presidente.
Richard Dreyfuss, mai dimenticato prottagonista di “American Graffiti” è validissimo nel ruolo del viscido vicepresidente Dick Cheney.
Stessa cosa dicasi per Scott Glenn nei panni del sadico opportunista Donald Rumsfeld.
Mi ha fatto un’ottima impressione anche Jeffrey Wright. Qui indossa la scomoda uniforme del generale Colin Powell, colui che più spesso è stato definito ‘la colomba’ del gruppo di teste riunite intorno al Presidente.
Eccelso James Cromwell. Questo è uno di quegli attori che non sbaglia mai una pellicola. All’età di 69 anni recita nei panni di un ultra-ottantenne: George Bush senior. E lo fa con tutta la professionalità del caso. Infonde cioè al personaggio un grande rigore, quella fermezza di spirito, quella rigidità, quel conformismo, quel gusto reazionario, tutti aspetti che contribuiscono a crea un grosso divario ed una complessa incomunicabilità tra Bush padre e Bush figlio.
Thandie Newton è praticamente irriconoscibile truccata da Condoleeza Rice.
Elizabeth Banks invece è fin troppo bella, dolce e brillante per interpretare Laura Bush.
Per il ruolo di Tony Blair hanno preso un bellimbusto dai lineamenti molto inglesi. Poco somigliante all’ex premier britannico, soprattutto per l’altezza e per la giovane età.
Devo ammettere di non aver mai visto in faccia Karl Rove ma credo che Toby Jones, nell’intrerpretarlo, abbia saputo creare una maschera di una doppiezza rara. Il suo personaggio è scaltro come una faina e molto laido, dunque perfetto per il ruolo.
Voto globale per il film: 6. Poco coraggioso ma compitino ben fatto.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.