Million Dollar Baby
di Clint Eastwood (Usa, 2004)
con Hillary Swank, Clint Eastwood,
Morgan Freeman, Jay Baruchel,
Mike Colter, Lucia Rijker, Bryan O’Byrne,
Anthony Mackie, Riki Lindhome, Michael Pena
Bel film davvero. Anche commovente, sul finale. Mi sento di dire con estrema sincerità che i tre premi Oscar che ha preso dall’Accademy nel 2005 sono davvero meritati.
Questa pellicola parla di solitudine, di sfiga, di sacrifici, di famiglia ed affetti, di amicizia dalla lunga durata e lo fa mettendo in scena personaggi semplici, ad iniziare dalla protagonista, Maggie Fitzgerald, una trentenne caparbia, una che non ha mai avuto nulla dalla vita, che fa la cameriera da quando era ragazzina e che ad un certo punto della sua vita si mette in testa di voler fare la pugile a tutti i costi, riuscendovi. Al suo fianco l’allenatore, il burbero Frankie Dunn, un vecchio pugile che ha una palesta e che non allena donne. Caparbio e scontroso: o si fa a modo suo o non si fa. Un tipo che va ogni giorno in chiesa per 22 anni a chiedere spiegazioni al parroco (pastore?) sui dogmi e sui misteri della fede. Nasconde un segreto: si sente in colpa nei confronti di qualcuno, probabilmente verso sua figlia ma non si capisce il perché.
A completare il terzetto c’è Scrap, un vecchio pugile di colore, mezzo cieco. Un poveraccio che vive nella stessa palestra che accudisce per conto di Frankie. Il buono di turno, il saggio che la sa lunga, quello che ha sempre una buona parola da spendere con tutti. Sarà un po’ l’angelo custode della storia, raccontando il tutto da voce narrante.
Forse l’unico personaggio un po’ fuori luogo e fuori dalle corde del racconto è Danger, lo smilzo sfigato e spiantato che frequenta la palestra. Figura decisamente inutile per cui evito di soffermarmici.
Risulta quasi incredibile come un film che narra di sport, uno sport rude e sporco come la boxe, possa portare a trattare temi quali l’eutanasia. Direi che l’intreccio tra questi due temi e tutti quelli sopraccitati risulta quasi perfetto, nella suo essere misurato, dosato con sapienza da regista (Eastwood) e sceneggiatore (). Di certo il loro merito va condiviso equamente con F. X. Toole, dai quali racconti “Million Dollar Baby” ha preso spunto.
Non so voi ma io mi stupisco ancora di come un ex-attore (discutibilmente) mono-espressivo come Clint Eastwood sia poi riuscito a riciclarsi durante la terza età come regista di film d’autore. Beh, se c’è da fargli i complimenti allora che questi valgano il doppio.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.