Lei mi odia
(She Hate Me)
di Spike Lee (Usa, 2004)
con Anthony Mackie, Ellen Barkin, Q-Tip,
Monica Bellucci, Kerry Washington, Bai Ling,
Woody Harrelson, John Turturro, Jim Brown,
Brian Dennehy, Dania Ramirez, Jamel Debbouze,
Ossie Davis, Reynaldo Rosales
Dopo i primi 10 minuti sono stato lì lì per pensare che si trattasse del miglior film di Spike Lee, invece ho dovuto subito ricredermi. “Lei mi odia” parte bene ma presto scade nella farsa. Dapprima s’incammina come una specie di thriller di tipo finanziario ma devia presto verso una collezione di macchiette a sfondo sessuale piena di stereotipi assurdi come il negrone dal pene grande, la lesbica frigida, ecc.
La storia racconta di John Henry Armstrong, detto Jack, un ragazzo afroamericano di belle speranze: ha fatto gli studi nelle migliori università americane ed è il più giovane vice-presidente della società farmaceutica per cui lavora, la Progeia. All’improvviso un suo collega, uno scenziato di origini tedesche, si suicida preso dai sensi di colpa per aver commesso delle irregolarità. Quando Jack, attraverso il video-diario dello scenziato, scopre che la compagnia ha violato il codice etico, decide di vuotare il sacco e di denunciare anonimamente la frode alle autorità. Immediatamente la Progeia mangia la foglia e ovviamente non gradisce; dapprima lo licenzia e subito dopo scarica sul ragazzo tutte le colpe dell’accaduto. Come se non bastasse, la banca in cui Jack ha un conto corrente congela tutti i suoi soldi. A questo punto, con l’acqua alla gola, e impossibilitato a chiedere aiuto alla sua famiglia d’origine per questioni d’orgoglio, Jack decide di accettare un’assurda proposta prevenutagli dalla sua ex compagna. Fatima, la donna che ama gli offre 10 mila dollari in contanti in cambio di una doppia inseminazione. La donna, ormai scopertasi lesbica, ha deciso unilateralmente di avere un bambino. D’accordo con la sua compagna, vuole che il suo ex amante metta incinta entrambe. Come se non bastasse, infatti, le due donne hanno anche la pretesa di restare incinte nello stesso periodo. Seppur non di buon grado, Jack accetta, spinto anche dalla voglia di rifare l’amore con la donna che ama ancora. Ma non finisce qui. Fatima rimane incinta e si mette in testa che questa pratica di inseminazione per lesbiche possa essere un buon affare, così raduna un bel po’ di sue amiche omofobe desiderose di maternità e spilla loro 10 mila dollari a testa. Jack tentenna ancora ma poi capitola ormai ridotto in disastrose condizioni psico-economiche. Le cose procedono di questo passo. Anzi si complicano pure sia con l’arrivo del processo a carico di Jack che con l’inseminazione della figlia di un boss mafioso di origine italiana.
Attenzione al finale perché tutto si aggiusta. I valori che Lee vuol fare emergere dalla pellicola sono tutt’altro che originali: l’amore che aggiusta tutto, la famiglia come bene supremo e la giustizia che infine trionfa. Posso dire “bleah”? Beh, ormai l’ho detto.
A mio modo di vedere gli attori recitano tutti molto bene, tranne Monica Bellucci, che peraltro si doppia malissimo con finto accento siciliano, e John Turturrro, che nei panni dell’anziano padrino proprio non ci sta. Non appare né anziano (nonostante i capelli bianchi) né dotato del carisma del capo-mafia.
Anthony Mackie è molto bravo e molto bello. Forse anche più di Will Smith. Solo che non capisco perché quest’ultimo sia molto più noto e guadagni 1000 volte di più.
Kerry Washington è una dea della seduzione: vuoi per gli occhi, vuoi per la pelle, vuoi per le labbra, vuoi per la sinuosità delle sue curve, vuoi per tutto. Suprema! Quando fa la bastarda o l’incazzosa questa sua dose ammaliante sembra che si raddoppi. Praticamente da perderci la testa!
Woody Harrelson l’abbiamo visto troppe volte nelle vesti del freak che ormai, seduto su di una poltrona di pelle, a sbraitare come mega-direttore galattico di una multinazionale, non fa alcun effetto. Come dire: non è credibile.
Discorso completamente opposto per Ellen Barkin. Lei sì sembra nata con addosso un tailleur da donna in carriera. Non sarà bella (a me ad esempio non piace) eppure fare la manager bastarda e senza scrupoli è decisamente nelle sue corde.
Dania Ramirez: latina molto caruccia ma non fa niente per distinguersi. Qui nei panni della compagna di Fatima, ossia del terzo vertice del triangolo sessual-amoroso.
Jim Brown fa il papà del protagonista: un malato di diabete, saggio e anziano, che seppur passa le giornate a litigare con sua moglie sa che quella donna è l’unica al mondo che possa amarlo e che può amare. Meraviglioso!
Ossie Davis interpreta il solito giudice coscenzioso di origine afroamericana: nei legal thriller americani un negro seduto in tribunale a decidere ce lo mettono sempre. Che merda questa ipocrisia politically correct!
Il ruolo di Bai Ling è di certo uno dei più simpatici: fa la lesbicona di origine orientale, magra magra, alta, caruccia e tutta in fissa per le fonti dell’energia corporea, i chakra, le posizioni da assumere e altre stronzate orientaleggianti. Da sfacciata qual è non si vergogna minimamente quando le salta in mente di chiedere a Jack di mostrarsi nudo prima di concludere l’affare.
Nota di colore: questo film tocca il fondo quando, in seguito ai rapporti sessuali, l’inseminazione è mostrata didascalicamente con scene del tipo “Senti chi parla”, ossia la faccia del protagonista appare sulla testa degli spermatozoi e assume espressioni stupide mentre questi attraversano l’utero per arrivare ad inseminare all’ovulo. Somma tristezza.
I titoli di testa sono bellissimi: gigantografie di dollaroni verdi sventolanti fanno da sfondo ai nomi degli attori scritti a caratteri cubitali bianchi su sottili strisce rosse.
La colonna sonora è un capolavoro: una miscela di raffinato jazz senza tempo.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.