Dazeroadieci (poster)

Dazeroadieci

di Luciano Ligabue (Italia, 2001)
con Pierfrancesco Favino, Stefano Pesce,
Barbara Lerici, Stefania Rivi, Fabrizia Sacchi,
Elisabetta Cavallotti, Massimo Bellinzoni,
Stefano Venturi, Sergio Romano

Film generazionale, opera seconda di Luciano Ligabue. Nelle prime battute sembra di assistere ad una commedia a metà strada tra lo stesso “Radio Freccia”, “Amici miei” e “I laureati”. Un filmetto estivo e leggero per ragazzotti cresciutelli. Invece no. Ben presto la pellicola si trasforma in un drammone.
Quattro trentacinquenni romagnoli decidono di passare l’ultimo weekend di Luglio 2000 a Riccione per rivivere esattamente quello che vissero 20 anni prima nella ridente cittadina romagnola. O meglio, per portare a termine quello che hanno lasciato in sospeso due decenni prima. Lì si incontrano con le stesse 4 ragazze con cui hanno passato quel mitico weekend estivo del 1980. Anzi tre, poiché una da forfait. Poi, comunque, se ne aggiunge una quarta molto giovane (ovviamente assente nel primo incontro) e quasi ininfluente.

Uno dei quattro ragazzi, Libero, organizza per ciascuno dei propri amici un ‘compleanno’, ossia un evento speciale per ciascun componente della cricca, nonostante non corrisponda affato alla data di nascita dello stesso. Così assistiamo a un concerto blues in piazza per Giove, il chitarrista mancato che non ha mai suonato davanti ad un vero pubblico, una parata da drag queen in puro stile gay pride per Biccio, il medico generico omosessuale, una notte di pura trasgressione con 4 prostitute per Baygon, lo sfigato che si bulla sempre di sesso con gli amici senza concludere mai nulla. Il compleanno che l’organizzatore di compleanni (malato quasi-terminale) organizzerà per sè sarà un suicidio spettacolo in un autodromo, durante una corsa clandestina notturna.
Perché ho parlato di film generazionale? Perchè ancora una volta sullo schermo vediamo muoversi giovani uomini che non hanno voglia di crescere, intrappolati come sono nella solita “sindrome di Peter Pan”. Alcuni sono sposati ma delusi dalla vita, uno è molto malato, uno è omosessuale non represso ma incompreso, l’altro è uno sfigato che si sente una star del materasso. Anche il versante femminile non dista di molto, anzi è quasi speculare a quello maschile.
Il Liga si è scritto un film in un certo senso auto-biografico; basta guardare la città di provincia di cui sono originari i ragazzi: Correggio -Reggio Emilia. Il vero problema comunque è che certe situazioni sono un po’ troppo stereotipate – vedi l’omosessuale che ci prova e che viene picchiato, o i fischi che riceve dalla gente durante la parata sul carro allegorico. Diverse scene sono davvero fine a se stesse: adulti repressi che fanno gesti liberatori alquanto plateali, tipo correre nudi per le strade trafficate di Riccione. Tra l’altro in diverse occasioni si ha la sensazione che questo film sia stato occultamente finanziato dalla pro-loco di Riccione, o dalla Regione Emilia-Romagna, tanto viene incensata la figura della città romagnola, come luogo mitico deputato al divertimento puro. Come a dire: la Las Vegas italiana.
Parentesi fuori luogo: una scena in stile musical durante la quale il protagonista canta la tipica canzone alla Ligabue – con testo alla Ligabue e musica alla Ligabue – mentre i suoi amici ballano sincronizzati aiutati da imbarazzanti coreografie.
Molto triste anche l’accenno storico alla Strage di Bologna del 1980 durante la quale sarebbe morto il quinto membro della combriccola, allora ancora sedicenne. Sembra solo un pretesto per dare al tutto una parvenza di film impegnato e distanziarsi ulteriormente dalla frivolezza dei comportamenti dei personaggi.
Favino qui è bravicchio. Credo che abbia già interpretato l’omosessuale. Ma dove? Non lo ricordo.
I capelli alla Elvis di Stefano Pesce sono imbarazzanti e ovviamente anacronistici. Perché la passione di Ligabue per il celeberrimo rocker deve sbucare nei suoi film in maniera così palese?
Stefano Accorsi appare solo per un istante in un paio di fotografie, in qualità del fratello del protagonista.
Buona prova da sfigato per Stefano Venturi.
Tra le ragazze (donne?) la più carina è Fabrizia Sacchi.
Spiace dirlo ma Elisabetta Cavallotti appare come una Francesca Neri dei poveri, anche se non recita poi così male.
La colonna sonora, nonostante sia stata candidata ai Nastri d’Argento 2002, mi è sembrata un tantino ruffiana. A parte i pezzi originali di Liguabue contenteva due brani sputtanatissimi: “Y.M.C.A.” dei Village People e “Freestyler” dei Bomfunk Mcs.
La scelta del titolo è dovuta al fatto che il protagonista (Giove) chiede continuamente a tutti di dare un voto alle loro vite, al passato come al presente, alle situazioni che hanno vissuto, alle possibilità avute, ecc. Per lui è tutta questione di voti: semplicemente da uno a dieci.
Il rocker Luciano Ligabue, oltre che dirigere, ha anche scritto il soggetto e la sceneggiatura del film. La produzione invece è a cura di Fandango (Domenico Procacci) con la collaborazione di Medusa Film.
La pellicola è dedicata a Luciano Ligabue.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.