Tutto su mia madre (poster)

Tutto su mia madre
(Todo sobre mi madre)

di Pedro Almodovar (Spagna, 1999)
con Cecilia Roth, Penelope Cruz,
Marisa Paredes, Candela Peña, Eloy Azorìn,
Antonia San Juan, Toni Cantò, Carlos Rozano,
Fernando Fernán Gómez, Rosaria Maria Sardà,
José Luis Torrijo, Patxi Freytez, Michel Ruben

Molto spesso arrivo in ritardo su certi film. In ritardissimo. Questo, ad esempio, erano anni che volevo vederlo. Me lo sono perso al cinema. Poi ho deciso che volevo vederlo, così ho scaricatoil DivX. L’ho masterizzato su di un cd ed è rimasto lì, chiuso e custodito nel porta-cd, per più di 5 anni. Giuro. Iera sera, invece, ho consultato la guida tv alle 22:56 ed ho scoperto che 4 minuti dopo l’avrebbero trasmesso su RaiDue, così mi sono deciso e l’ho visto. Finalmente. Mi sono quasi auto-costretto perché altrimenti credo che non l’avrei fatto mai più.
La sensazione che ho avuto, guardandolo, è stato di sapere già parte della trama. Credo che anni fa l’abbiano rimandato in tv e sarà stato allora… credo. Ci devo necessariamente aver buttato uno sguardo o due. Sarà stato allora.
Ma andiamo al sodo: “Tutto su mia madre” è una pellicola ultra-drammatica. Una raccolta di sfighe che più sfighe non si può. Un film sulle donne e sul ruolo di madre, sul rapporto madre/figli e, se vogliamo, sull’amore più in generale.
Manuela, una donna bionda di 38 anni, perde suo figlio Esteban a causa di un incidente. Il ragazzo viene investito da un’auto il giorno del suo compleanno, mentre cerca di rincorrere un taxi in cui c’è un’attrice a cui vuole chiedere l’autografo. La perdita è grave. Catastrofica. Una delle più drammatiche per un essere umano – dicono. Manuela soffre. Così decide di lasciare Madrid per tornare alle sue radici, a Barcellona. A suo figlio non aveva mai raccontato di essere fuggita da Madrid quando ancora era giovanissima ed incinta di suo padre, un travestito di nome Esteban che tutti però conoscono come Lola.
Arrivata a Madrid incontra una sua vecchia amica – anche questa un transessuale che si prostituisce – di nome Agrado. Con lei va in cerca di lavoro. Per caso si troverà a fare da assistente personale proprio alla famosa attrice che suo figlio rincorreva la notte che è morto. Lo spettacolo in cartellone è un rifacimento di “Un tram chiamato desiderio”. Intanto conosce anche Rosa, una giovane suorina tanto ingenua (Penelope Cruz) che – guarda caso – è rimasta incinta dello stesso uomo che ha ingravidato Manuela, ossia Lola. Rosa scopre di essere malata: Lola gli ha trasmesso non solo del codice genetico per suo figlio ma anche l’AIDS. A questo punto Manuela decide di prenderla con sé e di dargli sostegno psicologico, morale, economico, logistico, ecc. E tanto affetto: tutto quello che sua madre naturale non le ha mai saputo dare.
Il film è arcinoto ma non vi svelo altro, ‘ché vi ho già quasi raccontato tutto. Il finale ve lo lascio scoprire.
Che vi dicevo, insomma? Sfighe su sfighe. E poi omosessualità, donne in crisi, donne maltrattate, donne sole, donne abbandonate, donne bisognose di amore e comprensione, madri, figlie, paure, vergogne, ecc. Figuriamoci! Quando un film di Almodovar ha mai parlato d’altro?
Nota: questa pellicola ha vinto il Premio Oscar come miglior film straniero.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.