Io sono di Andria e sapete come sono gli andriesi, ci tengono all’olio d’oliva. Soprattutto quando si tratta del ‘loro’ olio extravergine d’oliva. Va beh, il caso non è questo, ma c’è da rallegrarsi ugualmente. Qualche giorno fa è entrato in vigore il Decreto recante ”Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell’etichetta dell’olio vergine ed extravergine” In parole povere, d’ora in poi le aziende che imbottigliano olio sono tenute ad indicare sull’etichetta la provenienza delle olive spremute. Solo lo stato di provenienza, per il momento, ma è già un bel passo avanti verso la chiarezza nei confronti del consumatore. Non credete?
Fonte: Jugo.it. Photo: Occhipiùverdi (Flickr).
sono rimasta sconcertata qualche tempo fa quando ho scoperto che nell’olio extra vergine di oliva prodotto in italia, non era necessario specificare se le olive fossero italiane, greche o spagnole. io ormai non compro più olio al supermercato, ma solo quello da agricoltura biologica e acquistato solo dal produttore: in sabina prevalentemente, ma anche quello di canino e quello proveniente dal beneventano (che non è un granché ma arriva direttamente dalla suocera e per cucinare è ottimo!). quello di andria non non l’ho mai provato, di pugliese solo quello della provincia di lecce, però confesso di avere un debole per quello della sabina :-)
Grazie di aver espresso la tua opinione laPitta. Ovviamente mi trovi d’accordo. Io non trovo alcunché di male nelle olive non-italiane. Ogni azienda può essere libera di mescolare gli olii a suo piacimente. L’importante è che la cosa sia chiara al consumatore e che non ne vada di mezzo la salute pubblica.
Mi trovi daccordissimo con quanto hai scritto. Sapere da dove provengono le olive dà certamente più sicurezza!
P.S. sono onorata che tu abbia utilizzato la mia immagine per questo post. Grazie!
Ciao da
occhipiuverdi… su flickr
Grazie a te.
coratina uber alles
:)
Già. Spiace un po’ che siamo ancora (e solo) a “Origine: italiana”.