zoolander_poster.jpg

Zoolander

di Ben Stiller (Usa, 2001)
con Ben Stiller, Owen Wilson,
Will Ferrell, Milla Jovovich, David Duchovny,
Jon Voight, Christine Taylor, Jerry Stiller, Woodrow W. Asai

A volte le coincidenze sono assurde. Ieri ho finito di vedere Zoolander e oggi ho appreso la triste notizia che proprio ieri uno dei suoi attori principali (Owen Wilson) ha cercato di suicidarsi. Lo so, non significa assolutamente nulla. Io non credo a queste scemenze delle coincidenze. Ma ammetto di essere restato un po’ attonito quando lo sono venuto a sapere.
Va beh, comunque… andando avanti e facendo i migliori auguri a Wilson – che rimane un attore molto simpatico – cerco di fare il punto su cosa mi è sembrato questo “Zoolander”.
L’aspetto più interessante è vedere come lo stesso mondo dello showbiz – e della moda soprattuto – abbia accettato di prendersi in giro, lasciando che Stiller realizzasse questa pellicola (sua la regia, il soggetto e la sceneggiatura) e prendedovi anche parte. Alcuni esempi sono lampanti: Vh1, il canale musicale appartenente al gruppo Mtv/Viacom, ha prodotto la pellicola (in un certo senso) e, allo stesso tempo, appare nel film come il network che organizza la serata di premiazione per il miglior modello. Nel film appaiono anche molti sponsor – marchi reali – che dei modelli fanno largo uso nella realtà e star dello spettacolo e della moda che vivono proprio grazie alla vacuità di cui è fatto il mondo dello showbiz. Tra questi Lenny Kravitz, Paris Hilton, Donald Trump, David Bowie, Wynona Ryder, Tommy Hilfiger, ecc.
La commedia è quel che è ma la simpatia di Stiller e Wilson (rispettivamente Derek Zoolander e Hansen) supera tutto. Le loro facce valgono la visione (il prezzo del biglietto, se siete andati a vederlo al cinema, o il prezzo del DVD, se l’avete affitatto in videoteca). Il catalogo di espressioni del protagonista (Ferrari, Magnum, ecc.) sono davvero spassose. Una sola ed unica cosa che i media propinano come differente, lasciando che persino il modello ci creda. La ritengo una splendida trovata.
In Zoolander ci si prende gioco di tutto e di tutti: dei modelli e della loro scarsa intelligenza/cultura, degli stilisti e del loro essere viviati e pignoli, del business che gira intorno al mondo delle griffe, delle filosofie new age da cui si fanno prendere le star milionarie, delle serate/evento con annessa consegna di premi, delle categorie superparticolareggiate che servono a premiare determinate star, del lessico che si usa in quell’ambiente (vedi la frase “Hansel va molto forte quest’anno”), delle trame dei thriller, dei profili di cui vengono dotati i villain (i cattivi) negli spy movie, ecc. In mezzo a tutto questo Stiller e il suo co-autore Drake Sather sono riusciti ad infilarci persino una causa – per così dire – buona: il miglioramento delle condizioni di lavoro nei paesi sottosviluppati in cui vengono prodotti i capi d’abbigliamento delle griffe vendute nei paesi industrializzati.
Will Ferrell acquista sempre più stima ai miei occhi. Qui mi sembra abbia recitato alla grande nei panni del pazzo stilista di nome Mugatu. Anche la performance in “Vero come la finzione” non l’ho trovata affatto male. Anzi. Adesso mi chiedo se mi sottoporrò anche alla visione di “Blades of Glory”… no. Credo di no, comunque.
Jerry Stiller (il papà di Ben) è buffissimo con gli occhialoni. Il suo profilo scade persino nel trash con la gag dei problemi alla prostata risolti durante una telefonata. E’ bello quando un figlio non dimentica il padre. Alla sua prima prova di regista Ben l’ha voluto con se: grande segno di affetto e stima.
Jon Voight è sprecato. Nel ruolo di Zoolander senior ci avrebbero potuto mettere chiunque. Però è bello vedere che anche le grandi star accettano di recitare in film cialtroni come questi.
Milla Jovovich è una modella. In “Zoolander” si prende gioco dei modelli. E’ il massimo dell’autoironia, se permettete. Tanto di cappello anche a lei, che si è fatta pure imbruttire per rappresentare un’algida assistente dall’aspetto schifosamente super-vamp.
Christine Taylor: dove l’ho già vista? Non so. E’ una biondina caruccia. Hollywood ha tanti ruoli per tipette così. Le occasioni per mettersi in luce non le mancheranno. Qui l’interpretazione è da 6. Sufficienza.
Quello che mi sfugge, invece, è il motivo di fondo che ha portato David Duchovny ad accettare di prendere parte a questo film. Per lui di cosa si è trattato: senso dell’umorismo, voglia di prendersi in giro o bisogno di denaro? Dopo il successo planetario con l’agente Fox Mulder nella serie tv “X-Files” non gli ha dato credito più nessuno. Un po’ spiace. Non è poi così male come attore.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.