I testimoni
(Les Temoines)
di André Téchiné (Francia, 2006)
con Michel Blanc, Emmanuelle Béart,
Sami Bouajila, Julie Depardieu, Johan Libéreau,
Constance Dollé, Lorenzo Balducci, Alain Cauchi,
Raphaëline Goupilleau, Jacques Nolot, Xavier Beauvois
Premessa: il cinema francese non mi fa impazzire. Eppure… eppure questo film l’ho trovato interessante. Soprattutto perché non tratta in maniera compassionevole temi che pure sono portatori una certa drammaticità come la contrazione dell’Aids.
Anche nella rapresentazione dei rapporti affettivo/sessuali tra omossessuali non c’è nulla di forzato, niente di caricaturale. Il punto di forza della pellicola è proprio il verismo. Una qualità – a mio parere – che invece ha portato alcuni critici a tacciare il regista di una mancanza di capacità nel rappresentare i sentimenti.
Parigi, 1984. Intreccio sentimentale tra le vite di una scrittrice, di suo marito poliziotto, di un amico medico, di un giovane omosesuale venuto dai Pirenei e di sua sorella, giovane cantante lirica. Temi dominanti: il sesso, l’amore, l’amicizia, i rapporti sentimentali in genere e lo spettro dell’Aids, che proprio in quegli anni inzia a diffondersi con una velocità spaventosa.
Giudizio positivo sulla recitazione di tutti gli attori. Mai un gesto o un’espressione sopra le righe.
Prova molto buona per il giovane Johan Libéreau. Riesce ad esprimere benissimo sia la gioia di vivere tipica di un ragazzo che scopre giorno dopo giorno la città con il sorriso sulle labbra, che si stupisce di tutto, sia il dolore, la sofferenza, i patemi della lunga agonia di chi è stato colpito da una malattia che porta a morte certa. Una sola domanda: va bene mostrare l’indigenza finanziaria del ragazzo ma perché fargli indossare una sola camicia per tutto il film?
Emmanuelle Béart continua ad essere una donna estremamente affascinante, nonostante abbia ormai 44 anni. Forse il regista eccede, mostrando qualche suo nudo di troppo. Quelle (tante?) scene senza veli incutono una certa curiosità morbosa nello spettatore maschio e una certezza nella spettatrice femmina: diverse parti dell’attrice sono passate sono il bisturi del chirurgo: labbra e seno innanzitutto.
Michel Blanc devo rivalutarlo. In tempi passati mi era sembrato poco più di un clown a causa delle espressioni caricate che apparivano spesso sul suo viso. Ma in quei casi si trattava di commedia. Qui invece, calatosi nei panni seriosi di un medico dal cuore grande, la sua recitazione assume toni – ovviamente – drammatici, trova una dignitosa dimensione. Il suo è un personaggio dalle sfumature interessanti. Adrien è un dottore sulla cinquantina che frequenta il parco deputato agli incontri fugaci tra gli omosessuali di stanza a Parigi. Ciò nonostante si lascia sopraffare da un amore intenso e platonico. Prende a cuore un ragazzo che viene dalla montagna. Gli fa da cicerone, diventandone amico/mentore. S’innammora come un ragazzino proprio di questo giovane montagnolo, soffre quando viene rifiutato, s’infuria come una belva quando scopre la relazione clandestina e carnale del giovane ma gli rimane accanto quando l’HIV si manifesta ed inizia la sua parabola discendente, l’implacabile calvario della malattia verso la morte. Bel ruolo davvero!
A dirla tutta, il discorso vale un po’ per tutti i personaggi. Tutti i ruoli hanno una loro profondità. I profili sono disegnati con dovizia, le personalità tracciate con precisione, pur non abbondando di particolari. Interessante, ad esempio, il personaggio del poliziotto sposato con la bellissima scrittrice: un padre premuroso che si occupa in prima persona del suo piccolo figlio, sopperendo alla mancanze di cure si sua moglie. Un uomo molto dolce verso la prole che però è, allo stesso tempo, anche poliziotto inflessibile, severo e tutto d’un pezzo. La scoperta dei suoi gusti omosessuali, l’innamoramento e la passione travolgente che ne consegue sono raccontati con gran cura. Grande maestria, ovviamente, anche da parte di Sami Bouajila che interpreta il personaggio.
Julie Depardieu non convince. Il suo è un personaggio secondario. Veste i panni della sorella del giovane montanaro, una ragazza che studia canto e che per risparmiare denaro vive in un hotel di infimo grado in cui regna la prostituzione. Sarà la figlia di Gerard? Sarà solo il nepotismo che le ha fatto guadagnare qusto ruolo? Forse no. Ma dal punto di vista recitativo deve crescere ancora.
Nota: questa pellicola è stata presentata al 57° Festival di Berlino e al Taormina FilmFest 2007.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.
pure a me il film è decisamente piaciuto e condivido la tua recensione. La cosa più interessante è l’idea d’una storia ai tempi della paura dell’AIDS. Paura oggi dimenticata. Se ha un merito dunque la pellicola di Techine è quello di ri-portarmi alla testa l’esistenza d’un virus che incessantemente continua a mietere vittime (soprattutto in Africa).
Mi trovi d’accordo anche su questo.