Zodiac
di David Fincher (Usa, 2007)
con Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr.,
Chloe Sevigny, Mark Ruffalo, Anthony Edwards, Brian Cox,
Elias Koteas, Dermot Mulroney, John Carrol Lynch,
Ed Setrakian, Bob Stephenson, John Getz, Candy Clark, Jason Wiles,
Donal Logue, June Raphael, Patrick Scott Lewis, John Lacy, Pell James,
Richmond Arquette, John Terry, Ciara Hugues, Philip Baker Hall,
David Lee Smith, Betty Murphy, Shane Woodson, James Carraway,
Zach Grenier, Charles Schneider, Tom Verica, Jimmi Simpson
Su una scala da 1 a 10 a questo film darei 7 e mezzo. Ad essere sincero dal regista di grandi film come Seven e Fight Club mi aspettavo qualcosa di più. Ma andiamo con ordine.
Come dice il mio amico Flavio/Zap, a momenti questo più che un film è un documentario. Difatti è una ricostruzione di un fatto accaduto realmente. Anzi di più fatti in quanto copre un arco temporale di circa 20 anni. Quei 20 anni in cui ha agito il serial killer che volle farsi chiamare Zodiac. Un tizio che compì diversi delitti in California e che riuscì a non farsi mai prendere. Ancora oggi difatti non si è certi su quale fu la vera identità di questo asssassino. Per non parlare del fatto che riuscì a farsi pubblicare dalla stampa diverse lettere minatorie e che ottenne una specie di dibattito in diretta televisiva via telefono.
Quello che mi ha convinto, e che più mi è piaciuto, del film è stato il modo di raccontare di Fincher. In particolar modo mi riferisco alle scene in cui si vede il killer compiere i propri delitti. Si assiste al fattaccio e si vive la suspence in modo molto realistico, forse quasi iper-realistico. Ed è un bene che non ci siano quelle sciocche musichette, quei jingle in crescendo che in un certo cinema di genere serve a sottolineare il momento di paura. Come a dire: "Adesso devi emozionarti. Aspetta e impaurisciti". Il bello, dicevo, è che Fincher non usa questo artificio retorico. Tu vedi la scena del crimine durante il suo farsi e senti la tensione salire non perchè c’è la musichetta ma perché vedi tutto dal vero, cioè con grande senso del reale. Non sai mai cosa aspettarti, non sai come succederà ma sai che succederà. In questo il regista è stato bravo. E’ qui che il film ha il suo punto di forza.
Dove invece Zodiac vacilla è sul tempo della narrazione: due ore e mezza sono troppe, soprattutto quando quel ritmo incalzante che nelle prime battute tiene alta l’attenzione, già verso la metà dell’opera rallenta e si fa noiosetto. In principio ti lascia vedere tutti i particolari, tutte le angolazioni, tutte le indagini, ti vengono presentati i personaggi. I salti temporali sono brevi. Poi questi iniziano ad allungarsi: una settimana, un mese, due mesi, quattro mesi, un anno, quattro anni, ecc. Non esagero se dico che nell’ultimo quarto d’ora si copre quasi 10 anni di storia.
Un altro fattore critico è la mancanza di un focus centrale intorno a cui far ruotare la storia. Le vicende non vengono narrate dal punto vista dell’assassino, ma nemmeno da quello della polizia o da chi si mette ad indagare. Mi spiego: alla fine del film ti chiedi chi sia davvero il protagonista. Per tutta la seconda parte il personaggio centrale che reclama attenzione ed identificazione è sicuramente il vignettista del giornale; per la parte centrale, invece, è la coppia dei detective che indagano sul caso. Poi uno di questi due abbandona e il regista decide a quel punto che non è più funzionale per la storia. Non sappiamo più nulla di lui. Stessa sorte per Paul Avery, il giornalista che finì minacciato da Zodiac a causa dei suoi articoli che lo riguardavano. In principio sembra un elemento fondamentale, poi esce di scena quando viene cacciato dal giornale per problemi di droga ed alcool. Che fine avrà fatto? Ce lo dicono sono alla fine del film con due insipide righe di testo.
Sono sicuro che qualche signorina si è messa le mani sugli occhi durante i momenti di violenza esplicita e di sangue. Sangue che pure c’era ma non è elemento fondamentale. Ad esempio nella scena del duplice accoltellamento non ne scorre una sola goccia.
Riguardo lo stile registico mi trovo parecchio d’accordo con Gabriele Niola, il quale paragona alcune scene della città in notturna alla modernissima tecnica di ripresa dall’alto inaugurata da Michael Mann. Vi consiglio vivamente di guardare la sua mini analisi video (un focus) su questa pellicola.
Per quanto riguarda la recitazione vi faccio un elenco puntato.
1. Robert Downey Jr. era e rimane un grande attore. È una fortuna che sia uscito dal tunnel della droga (guarda caso ci era finito proprio come il personaggio che interpreta). Per me recita benissimo. Sullo schermo questa volta è il migliore. Ma forse io sono di parte. Lui mi piace da sempre.
2. Dicono che Jake Gyllenhaal sia bravo. Sarà… ma la sua faccia non mi convince (ancora). Troppo insipido, troppo bravo ragazzo. Non ha un grande ventaglio di espressioni. È sempre lì tra il perplesso e l’imbambolato, qualsiasi cosa accada al suo personaggio. Ma forse devo vedere più pellicole in cui recita per valutarlo meglio. Giudizio sospeso.
3. Anche Anthony Edwards mi è sempre piaciuto. Lo ricordate in E.R.? Faceva il medico. Qui fa il detective. I capelli brizzolati aiutano a convincere lo spettatore. E’ molto credibile. Fa quasi tenerezza nella parte del pacato investigatore (quello che un giorno di questi vorrebbe assaggiare la cucina giapponese).
4. Mark Ruffalo è da tenere d’occhio. Bravo. Dov’è che l’ho gia visto? Il poliziotto che mette tutto se stesso nel lavoro gli viene bene. Forse un po’ troppo giovane come età. Ma anche questo è un segnale positivo. Insomma chi l’ha detto che l’uomo saggio deve essere sempre rappresentato da una persona anziana?
5. Dermot Mulroney c’ha la faccia da fesso. Invecchia e rimane sempre ingessato. Se Babbeo appariva in "Il matrimonio del mio migliore amico", in Zodiac non è che cambi poi molto.
6. Chloe Sevigny si vede poco. Non ha grande rilevanza. Fa la moglie del vignettista e spesso non si capisce se è lì lì per sbottare o se, in fin dei conti, è una che abbozza, che sta lì, che aspetta, comprende, sopporta, soffre, ecc. Pare che quest’attrice abbia un fascino capace d’intrigare molti uomini. Io non sono tra quelli.
7. In alcune scene John Carrol Lynch mette i brividi per come interpreta il principale sospettato. Serial killer disadattato ci è nato. Buona dunque la scelta di casting.
8. Adoro Philip Baker Hall. E’ uno dei personaggi più affascinante di "Magnolia". Dove lo metti sta. E sta benissimo. Qui fa la parte dell’esperto grafologo. Quello anziano, d’esperienza, la cui infallibità viene anche messa in discussione un paio di volte. Meraviglia recitativa (anche in vestaglia da camera).
La colonna sonora mi ha fatto impazzire. Quasi quasi la cerco e la compro. Nei momenti meno tesi ci sono dei bellissimi pezzi funk, alcuni anche abbastanza classici. Roba che ti vien voglia di alzarti in piedi e muovere le anche o, perlomeno, battere le mani a tempo.
Trovo la locandina molto bella. Mi piace molto il taxi giallo immerso in un mare di scuro nero urbano. Attenzione al logo ingannevole: può sembrare quello di un film di tipo sci-fi o supernatural. Il simbolo che portebbe ricordare la croce celtica non ha nulla a che vedere con il nazismo.
Che altro aggiungere? Io questo film l’ho visto al cinema. Ultimo spettacolo, quello delle 22.30. Sono sicuro che qualcuno si è un po’ appisolato verso la fine. Cavolo, siamo usciti dalla sala che era l’una passata! Per inciso: grazie e Flavio ed Anna che mi hanno accompagnato.
La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.
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