L'arte del sogno

L’arte del sogno

di Michel Gondry (Francia, 2006)
con Gale Garcia Bernal, Charlotte Gainsbourg,
Miou-Miou, Emma de Caunes, Alain Chabat,
Pierre Vaneck, Aurelia Petit, Sacha Bourdo


I capolavori forse vengono una sola volta nella vita. A Michel Gondry è già capitato qualche anno fa con Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello) per cui questa volta ripertersi era praticamente impossibile. Si tenga anche conto che, a questo giro, lo sceneggiatore non era il geniale Charlie Kauffman. Eppure questo film mi è piaciuto molto. L’ho trovato molto romantico, fantasticamente sentimentale, capace cioè di esprimere sentimenti in un modo molto vivido, vero e spontaneo. Nonostante questo sia un film onirico e visionario. E, credetemi, il che non vuol dire che si tratti necessariamente di una contraddizione in termini.
Gondry è schiavo del sogno. E’ ormai il suo tema portante; lo si è visto in diverse sue pellicole, nei videoclip e persino nello splendido spot che ha diretto per le Adidas 1. Il bello è che il suo sognare non è vissuto come angoscia (almeno non sempre) ma piuttosto è rappresentato con la semplicità – anche tecnica – di una mente infantile. Come a dire che quando siamo assopiti o in dormiveglia il nostro è un cervello puerile . L’uomo che sogna è praticamente un bambino per Gondry.
Il protagonista del film, Stephane, è un trentenne che è rimasto bambino sin dalla separazione dei suoi genitori. Uno che non è affatto cresciuto, soprattutto a livello di subconscio, anche perché ha sempre avuto difficoltà a distinguere la realtà dal sogno. Lo stesso spettatore, attraverso gli occhi del protagonista, fa fatica a comprendere se quello che gli viene mostrato è una situazione reale o se invece si trova davanti agli occhi un mondo onirico. Le difficoltà del nostro Stephane si acuiranno quando s’innammorerà della sua vicina di pianerottolo, Stephanie, una tizia smilza piuttosto restìa a mostrare la volontà di ricambiare lo stesso tipo di sentimento.
Molto bravi entrambi gli attori, anche se Charlotte Gainsbourg a volte mi lascia perplesso. La sua espressione tende ad apparire spesso banale, sembra cioè quella di una che non sa recitare. In questo caso diciamo pure che la faccia da svampitella ci stava bene. Il ruolo probabilmente richiedeva una personalità alquanto effimera.
Simpaticissimi anche gli attori comprimari. Sia i colleghi d’ufficio (su tutti lo spassoso Alain Chabat – Guy) che l’amica della vicina di casa, ossia Emma de Caunes – Zoé.

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.