American Dreamz

American Dreamz

di Paul Weitz (Usa, 2006)
con
Hugh Grant, Dennis Quaid, Mandy Moore,
Willem Dafoe, Marcia Gay Harden, Judy Greer,
Sam Golzari, Jennifer Coolidge, Chris Klein, Adam Busch
 

A volte – come in questo caso – se si parla di un film la dicotomia ‘mi è piaciuto’/’non mi è piaciuto’, è poco interessante. Piuttosto di "American Dreamz" bisogna dire che è una commedia alquanto originale, o meglio, abbastanza fuori dal comune. Ad essere oggetto di sberleffo è la tv ed il mondo dello spettacolo più in generale. Nello specifico: il reality show. Il titolo del film riprende quello della trasmissione protagonista: American Dreamz. Una gara in cui dei giovani cantanti/ballerini si esibiscono al fine di diventare star del piccolo schermo. Pensate un po’ a programmi tv quali "Popstar" o "Amici di Maria De Filippi". Mattatore della trasmissione qui è un belloccio sulla quarantina, il cui guidizio sui singoli concorrenti è tanto spietato quanto palesemente utilizzato allo scopo di influenzare il voto del pubblico (che avviene via telefono).
Il film si articola lungo un asse cronologico lineare: si parte con i reclutamento dei possibili partecipanti, passando per i provini, i gironi eliminatori, sino ad arrivare alla finale. E’ qui che subentra la satira politica – velata ma neanche tanto – nei confronti dell’amministrazione americana e, in particolar modo, del Presidente degli Stati Uniti e del suo consigliere spin doctor. Il presidente difatti, per rilanciare la sua immagine ormai eccessivamente in calo, si offre di fare da giudice durante l’ultima puntata dello show. Qui poi la storia s’intreccia con l’ultima fobia americana: il fanatismo religioso di matrice islamica ed i terroristi kamikaze.
Tutti questi elementi, mescolati sapientemente da Paul Weizt (il regista di "About a boy" e "American pie") riescono a comporre una pellicola simpatica e gradevole, perfetta per trascorrere la prima serata dell’anno in compagnia di amici. Magari accanto ad un caminetto acceso in un villone sperduto sulle pendici della Murgia.
Hugh Grant se la cava bene nel ruolo del presentatore bello e bastardo. La faccia del bono ce l’ha. Il carattere da stronzo pure. (Credo). Non credo perciò che gli sia riuscito difficile immedesimarsi nel ruolo. Ciò che gli si deve riconoscere, invece, è la bravura nel costruire il processo attraverso cui porta lo spettatore a conoscere la solitudine del suo personaggio, mascherata da freddo cinismo.
Anche per Mandy Moore non deve essere stato difficile interpretare la bambolina bionda in cerca di successo. American sweetheart lo è, cantante di professione pure. Il ruolo le è stato praticamente tagliato addosso. Oppure – cosa più probabile – lei è davvero l’esempio vivente, il prodotto più puro dello showbiz americano che questo film sbeffeggia.
Dennis Quaid non mi sta particolarmente simpatico ma il presidente degli Stati Uniti d’America gli riesce benissimo. E’ la copia di George W. Bush. Il riferimento all’attuale presidente in carica è palese, chiaro e limpido, seppur non sfacciato. Uno con la faccia più imbambolata della sua non è facile da trovare. Ottima scelta di casting.
Willem Dafoe è eccezionale. Quasi non lo si riconosce per come lo hanno invecchiato. Subdolo ed efficace nel manipolare il presidente degli Stati Uniti. Facce così sono quelle che servono al cinema americano per redimersi dalle accuse di industria di plastica che ha svilito le qualità della Settima Arte.
Anche Marcia Gay Harden è un po’ invecchiata ma rende bene l’idea della First Lady. Una donna che si preoccupa di stare accanto al marito nei momenti difficili, anche se teme – un po’ egosticamente – di perdere il posto tanto comodo che riveste.
Buone scelte di cast anche per Jennifer Coolidge (la mamma svampita della bionda cantante ambiziosa) e Chris Klein (il fidanzato ripudiato e gabbato che si arruola per l’Iraq).

La scheda di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.