Lègami!

Lègami!
(¡Atame!)

di Pedro Almodovar (Spagna, 1990)
con Antonio Banderas, Victoria Abril,
Loles Leòn, Francisca Caballero, Francisco Rabal

Film carino. Un’intensa storia d’amore che poggia le fondamenta su una specie di sindrome di Stoccolma. Un giovane sbandato ottiene dal giudice l’autorizzazione per lasciare una specie di istituto che funge da casa circondariale. Saluta con passione una direttrice in lacrime – con cui ha una relazione carnale – e va via. Dopo venti anni passati tra orfanotrofi, tribunali e riformatori si ritrova solo nel mondo. È un giovane bello e prestante ma ragiona spesso come un bambino. Ha appena 23 anni e il suo unico pensiero è cercare l’amore della sua vita, la ex pornoattrice Marina. La trova su un set mentre sta girando un film d’orrore diretto da un regista paraplegico alla sua ultima prova dietro la camera da presa. Durante l’ultimo ciak si intrufola nei camerini e ruba diversa chincaglieria tra cui le chiavi dell’appartamento della giovane donna. A notte fonda s’intrufola in casa sua e la prende in ostaggio. In un primo momento c’è una piccola colluttazione ma ben presto Ricky spiega di essere innammorato di Marina. Il suo unico scopo è quello di tenerla segregata e vicina a sé finchè questa non si sarà innamorata di lui. La donna sembra non avere alcun scampo ma Ricky si dimostra ben presto gentile, arrivando persino a scendere di notte in strada, a recarsi in una zona malfamata della città per procurarle della droga e dei medicinali fuori legge.
Siamo sulla fine degli anni ’80. L’estetica di quegli anni è più che evidente ma mi sono chiesto ancora una volta se Almodovar ci è o ci fa. Nel senso che non riesco a spiegarmi se tutto quel kitsch negli abiti, nell’arredamento, nelle ambientazioni, nella gestualità, sia una scelta consapevole, seria, voluta e ricercata, o sia uno sberleffo nei confronti di un mondo semplice, popolare e popolano, il cui essere grottesco emerge con estrema naturalezza. In altre parole: abbraccia o deride l’estetica tamarra?
Bravissimi gli attori. Il giovane Banderas in questi film ‘ruspanti’ riesce – riusciva – ad esprimersi al meglio. Il personaggio di Ricky sembra quasi cucito addosso al lui. Da Victoria Abril non mi aspettavo invece una grande intepretazione. Eppure le riesce bene sia la parte della ex porno-starlette svampita, che quella dell’innamorata toccata nel profondo dalla solitudine e dalla vulnerabilità del suo Ricky. Brava anche Loles Leòn, nel ruolo della sorella di Marina: ne esce fuori un ritratto buffo, goffo e sguaiato ma recitato con professionalità. Molto buffo il personaggio del regista bavoso e paraplegico che, nonostante sappia di non poter avere sessualmente la sua prima attrice, continua a desiderarla e a morirle dietro, arrivando a guardare di notte delle VHS porno in cui essa recitava.
Da vedere la scena supertrash in cui Lola canta alla festa di fine film mentre sua madre anziana e sua figlia teenager le fanno una bizzarra e goffa coreografia alle spalle, accompagnandola anche come coro.

La scheda di Cinematografo.it, quella di Film.tv.it e quella di MyMovies.