Mystic River

Mystic River

di Clint Eastwood (Usa, 2003)
con
Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon,
Laurence Fishburne, Laura Linney,
Marcia Gay Harden, Emmy Rosmun, Adam Nelson

Il film mi è piacuto anche se ha la fine un po’ troppo vaga ed insipida. Il regista avrebbe potuto chiudere la pellicola almeno una decina di minuti prima. La parte sulla parata è pressoché inutile. Tutto sommato la trama e l’intreccio sono più che validi. Lodi a chi ha scritto la storia e a chi l’ha sceneggiata – vedi rispettivamente Dennis Lehane e Brian Helgeland. Bravo Eastwood a dirigere ma tiratina d’orecchi al curatore delle direttore della fotografia, tale Tom Stern. Pellicola troppo scura, troppe ombre e controluce. A spiegare il mio dissenso sull’uso delle luci, valga una sola scena: quella in cui Jimmy Markum (Sean Penn) telefona dall’emporio.  
Bisogna ammettere che il film è un po’ lunghetto, soprattutto se si considera che per oltre la metà del tempo si fa fatica ad entrare nella trama, c’è un incipit molto lungo e lento. Se non si ha davvero voglia di vedere quest’opera di Eastwood tanto osannata, è facile che si molli dopo la prima ventina di minuti.
Detto questo, mi chiedo: perché la scelta del titolo è caduta su ‘Mystic River’? Si, certo, questo è il nome del fiume che attraversa la città, quello vicino al quale avvengono alcuni delitti, ma il perno della storia mi pare sia altrove. Il fulcro di tutto è l’amicizia storica che lega tre uomini, o meglio il filo che lega indissolubilmente le loro vite difficili e travagliate, Tutto ebbe inizio nel momento in cui furono protagonisti di un infausto episodio durante la loro adolescenza. Tutto ebbe inizio con uno shock.
Una storia questa che parla di abusi e violenze su un minore – con annesso sequestro e breve periodo di prigionia – e delle ripercussioni che questo avvenimento ha sulla vita della stessa vittima, e degli altri due testimoni che assistettero al fattaccio. La tematica dei traumi infantili è poi strettamente intrecciata con quella dell’amicizia fraterna, dell’amore tra due giovani, dalla gelosia, dell’odio, della vendetta, della giustizia personale, della violenza, del dolore per la perdita di un figlio e/o di un partner, del desiderio di ricostruirsi una vita lontano dall’insulsa provincia, della fedeltà tra coniugi e di altri piccoli temi appena accennati, quali il carcere.
Sull’interpretazione dei tre protagonisti (Penn, Robbins e Bacon) non si discute. Recitano senza sbavature. Fishburne è un buon comprimario ma non è perfetto nel ruolo dell’investigatore scaltro e senza scrupoli. La faccia e l’espressione di Laura Linney – qui nei panni della moglie di Jimmy Markum (Sean Penn) – non mi piacciono. Troppo finti, come dire… di plastica, ecco. Senza intensità. Molto meglio l’interpretazione dell’attrice che fa la moglie di Dave Boyle (Tim Robbins), ossia Marcia Gay Harden. Lei si che è brava a recitare la parte della moglie che tace sul presunto assassinio del marito, che cova dei dubbi profondi sulla sincerità e sulla lucidità mentale del consorte.
Piccola ciliegina su questa piccola torta è la locandina. Un capolavoro. Bellissima.

La scheda di Cinematografo.it, quella di FilmUp Leonardo, quella di Film.tv.it e quella di MyMovies.