Molto forte, incredibilmente vicino
di Jonathan Safran Foer
Narratori della Fenice – Guanda
351 pagine – 16,50 Euro
Il secondo romanzo di Jonathan Safran Foer è davvero una bella lettura. Mi è piaciuto. Anche se i primi 2 o 3 capitoli sono stati abbastanza ostici. Non sono pagine immediate da leggere. Decisamente. Ci si mette un bel po’ prima di iniziare a tracciare nella propria mente un quadro sufficientemente chiaro della situazione ivi descritta. Una volta afferrati i concetti di base, però, la storia intriga. Si viene presi dentro e s’inizia a provare curiosità per le vicende del protagonista e del mondo che gli gira intorno.
Un bimbo newyorkese di circa 9/10 anni, tale Oskar Schell, perde il padre l’11 Settembre del 2001 a causa del crollo delle Torri Gemelle. Il trauma è abbastanza forte, anche se non immediatamente rintracciabile nel comportamento del nostro piccolo amico. Il drammatico incidente ha provocanto nel protagonista anche un fortissimo senso di colpa. Infatti, inoltrandoci nel romanzo, veniamo a sapere che, dopo il fattaccio Oskar ha iniziato a procurarsi dei lividi sul corpo, si è chiuso in se stesso e significativamente mutato i propri rapporti col mondo esterno. Rapporti un tempo idilliaci. Ora, ad esempio, rinfaccia a sua madre il diritto di farsi una nuova vita e di trovarsi un nuovo compagno. Nonostante l’elaborazione del lutto sia lunga e difficile, Oskar comunque ha coscienza dei suoi problemi. E’ infatti un bambino molto sveglio e colto. Sa, dice e pensa cose che il 90% dei ragazzini della sua età nemmeno immaginano. Uno dei suoi termini preferiti è Googleplex. Oskar ha una mente molto fervida. Spesso infatti lo troviamo ad inventare mentalmente degli oggetti o ad articolare dei discorsi molto profondi che mai ci si aspetterebbe da un bambino. Come comprimarie nel romanzo, al fianco di Oskar, troviamo sua madre e sua nonna. Due donne che fanno di tutto per rendere il meno possibile dolorosa la vita del loro piccolo ometto da quando questi ha perso il suo papà.
Tutto il romanzo si articola sulla ricerca di una porta, o meglio di una serratura, che sia in grado di essere aperta dalla chiave che Oskar trova dentro una busta in un vaso appartenente al suo defunto papà. Questa ‘caccia alla chiave’ risulta essere però alquanto insensata. Oskar cerca di entrare in contatto con tutti i Newyorkesi che di cognome fanno Black in quanto sulla busta che conteneva la chiave c’era scritto ‘Black’. Tuttavia questa missione investigativa ha una certa funzione catartica: serve al bambino a sentirsi ancora vicino alla figura di rifermento che ha perso e gli permette, allo stesso tempo, di conoscere il mondo esterno, di crescere un po’ e di mitigare il dolore per la scoparsa di suo padre.
Molto particolare la tecnica del racconto che si alterna tra stile epistolare e discorso diretto. La voce narrante per gran parte del romanzo è lo stesso protagonista.
Elemento importante, anche se secondario, del romanzo è la storia d’amore tra il nonno e la nonna di Oskar. Un racconto che si articola attraverso le lettere che questi due personaggi scrivono e mai spediscono. Un romanzo nel romanzo molto dolce e poetico che traccia vividamente il male di vivere, le difficoltà che hanno tutte le coppie nel comunicare. Bellissimo – e per nulla retorico – l’accenno ai campi di concentramento nazisti, al bombardamento di Dresda, alla fuga di molti cittadini tedeschi di origine ebraica dalla Germania verso gli Stati Uniti.
Lodevole anche il fatto che da queste pagine non trapeli alcuna richiesta di commiserazione per l’attacco alle Torri Gemelle. L’americano Foer usa questa tragedia come semplice cornice storico-geografica, come dato di ambientazione dei fatti. Mai fa leva su questo avvenimento per suscitare compassione nel lettore. Non c’è alcuna frase che possa sottintendere qualcosa come “guardate come stiamo soffrendo, noi poveri newyorkesi, per quello che ci è accaduto”. Non lo dice. Non traspare chiaramente. Eppure il sentimento c’è. Ed è unbene comunque che non sia centrale, né funzionale all’intero racconto.
A mio modesto parere, il titolo migliore per questo romanzo sarebbe stato qualcosa come “Una vita con le scarpe pesanti”.
Il primo romanzo di Foer è stato un successone. In molti ne hanno parlato bene. Sul retro copertina c’è persino un’eccellente seppur breve commento di Fernanda Pivano. Ne hanno tratto addirittura anche un film (dal titolo omonimo). La cosa mi sta incuriosendo. Credo che leggerò anche “Ogni cosa è illuminata”.
La scheda di BOL Italia e quella di Internet Bookshop.
Bel libro, mi è piaciuto molto. Vorrei leggere anche “Se niente importa”, credo possa essere una lettura interessante, visto che ha spinto molte persone a diventare vegetariane :)
@Marilina: oddio, ques’ultima cosa mi atterisce e respinge un po’.