“Il tacchino del giorno del ringraziamento”
Leggeva con affanno la ricetta, anche se ormai la conosceva a memoria. Tra poco lui sarebbe arrivato, e c’era ancora così tanto da fare…
La casa sembrava un campo di battaglia, e lei era un disastro, ma quello che contava era che il tacchino fosse pronto per il suo arrivo.
Tutto doveva essere perfetto.
Non era un caso che avesse scelto proprio quella ricetta, per preparare il tacchino del Giorno del Ringraziamento: era stato il primo piatto che avevano preparato insieme Mentre sbucciava le castagne per il ripieno dopo averle fatte bollire, ripensava a tutto quello che era successo nell’ultimo anno…
Tritando le cipolle da cuocere con il burro fuso e il sedano, le sembrò che qualche lacrima di commozione si unisse a quelle causate dal taglio dei bulbi.
Era stato in una di quelle fasi di depressione totale, in cui non hai più voglia di fare nulla e gli amici non trovano di meglio che consigliarti le cose più assurde: di solito si non si trova di meglio che lo squash per gli uomini, e la ceramica per le donne, terminando con l’immancabile, insulsa frase “potresti incontrare l’anima gemella…â€.
Lei non faceva nemmeno più finta di mostrare interesse per quei discorsi fastidiosi quanto una zanzara in piena notte, quando qualcuno – non ricordava nemmeno più chi fosse stato – le aveva suggerito un corso di cucina.
All’improvviso, si era illuminata.
Era certa che ci avrebbe trovato solo ricche signore nullafacenti dalle pettinature in grado di sfidare le leggi della fisica, o al massimo rimasugli d’uomini che avevano deciso di puntare sulla cucina come ultima chance di seduzione.
Ma a lei interessava solo potersi rifugiare per qualche ora tra i fuochi delle cucine, potersi concentrare sul taglio a julienne delle zucchine come se quella fosse la cosa più importante al mondo, e dimenticare così tutto il resto, come faceva quando da piccola, in Italia, andava a trovare la zia nel suo ristorante in riva al lago.
Aggiungendo il vino bianco e poi la mollica di pane al composto, ricordò la prima volta che lo aveva visto.
Lo aveva notato subito, tra i volti spenti e i ventri prominenti degli altri partecipanti.
Il suo sguardo era freddo e tagliente come la squama di un pesce, eppure lei era rimasta turbata dall’espressione assorta e completamente concentrata che assumeva anche per le operazioni più monotone, come il pelare le patate o sgusciare i gamberi.
Sembrava che niente altro al mondo potesse scuoterlo, in quei momenti.
Guardava le sue mani affettare le verdure con assoluta precisione, e sentiva un brivido correrle giù per la schiena.
Scolò le castagne, le tagliò a pezzi e le unì al preparato con prezzemolo, timo, sale, pepe, mescolando, proprio come avevano fatto insieme la prima volta.
Inconsciamente – ma c’era poi da crederci?- aveva fatto in modo da capitare in coppia per lui, per quella ricetta così complicata.
Non si erano mai rivolti più di un cenno di saluto, eppure rimase sconcertata dall’assoluta sintonia con cui, senza scambiarsi una parola, avevano eseguito la ricetta alla perfezione, come se in tutta la loro vita non avessero fatto altro che cucinare insieme.
Al termine della lezione lo chef si era complimentato con loro.
Lei aveva letto nei suoi occhi un’intima soddisfazione, senza una punta di orgoglio, come di chi sappia di aver semplicemente portato a termine la sua missione, per quanto rischiosa.
Lui aveva letto negli occhi di lei l’amore.
Da quel momento, avevano cucinato sempre insieme alle lezioni, e avevano iniziato a vedersi almeno una volta a settimana a casa di lei. Non erano mai andati da nessun’altra parte, tanto meno a cena fuori.
Una breve telefonata per decidere la ricetta da eseguire, e lui arrivava dopo mezz’ora esatta con tutto l’occorrente.
Cucinavano in perfetto silenzio, fatta eccezione per lo sfrigolare dell’aglio e della cipolla nelle padelle e per la musica che lui sceglieva con incredibile precisione, in accordo alle preparazioni: cool jazz per gli antipasti a base di pesce, blues d’annata per i piatti a base di legumi e patate, Battiato e Conte per i primi innovativi.
Summertime era la sua preferita per i dolci, anche se i Sigur Ross avevano dato risultati inaspettati su una torta morbida al cioccolato con confettura speziata d’arance.
Quel ricordo, e tutto quello che era seguito, la fece arrossire mentre, dopo averlo lavato e asciugato con cura, si sorprese a strofinare con uno strano piacere il tacchino con mezzo limone, per poi riempirne l’interno con una parte del ripieno di castagne fatto intiepidire.
A questo punto avrebbe dovuto legare le cosce del povero animale tra di loro con lo spago, ma non lo fece.
Lo cosparse di burro, spezie e rosmarino e iniziò a preparare il sugo.
L’odore delle erbe e delle spezie – timo, alloro, chiodi di garofano; un po’ troppi chiodi di garofano – che aggiungeva alle interiora messe a cuocere nel brodo di carne le riportarono alla mente i loro incontri dopo i suoi lunghi e frequenti viaggi.
All’inizio spariva senza dire nulla, poi iniziò ad avvertirla con un brevissimo anticipo.
In ogni modo, ogni volta che tornava portava qualcosa per lei.
Per loro.
Lemon grass dalla Thailandia, con cui avevano preparato un ottimo salmone caramellato al tè verde.
Il rarissimo cacao Chuao dalla Colombia, uno dei più puri al mondo, che si erano divertiti con sacrilego piacere a sacrificare per una mousse al cioccolato con coulis di prugne cotte al vino.
Il pepe di Szechwan con cui cucinare i noodles hokkien, la salsa hoisin dal Vietnam, i pistacchi dalla Turchia.
Ogni volta era stato capace di farsi perdonare la sua assenza.
Perché quando era con lei, c’era davvero.
Mentre cucinava all’apparenza del tutto disinteressato al cibo in sé, all’improvviso il suo sguardo impassibile era attraversato da un desiderio insaziabile, e i loro pasti erano lenti e dolci nonostante la sua inaspettata voracità .
Finendo di tritare le frattaglie del tacchino che poi avrebbe aggiunto al grasso di cottura insieme al burro, la farina, il brodo e infine un cucchiaino di sherry, fino a ottenere una salsa densa e cremosa, ripeteva a sé stessa che non rimpiangeva assolutamente nulla di tutto ciò che era stato, anche se aveva decisamente cambiato la sua vita.
Aveva lasciato il lavoro, gli amici di sempre, le sue abitudini.
Non era stato sempre facile, ma adesso tutto stava per cambiare di nuovo, e sarebbe stato fantastico.
Il trillo del campanello la distolse bruscamente dai suoi pensieri, facendoli afflosciare come un soufflè dentro a un forno aperto all’improvviso.
Corse ad aprire la porta, per accoglierlo insieme al profumo del tacchino.
Lui la baciò appassionatamente, poi si recò in cucina.
Quando vide il tacchino, un sorriso incredulo si dipinse sulle sua labbra, poi le lanciò uno sguardo di intesa e approvazione.
Aveva colto il significato della sua scelta.
Velocemente, e in silenzio come al suo solito, estrasse un piccolo sacchetto dal doppio fondo della sua borsa.
Dentro, vi era un involucro di cellophane.
Si sarebbe potuto pensare che contenesse sale grosso, o cristalli di zucchero.
Ne trasferì il contenuto in un involucro di alluminio e lo sistemò all’interno del tacchino
Lei immediatamente iniziò a sistemarvi sopra il restante ripieno che aveva tenuto da parte.
Erano sempre un grande team, ai fornelli.
Messo in forno il tacchino a 175°, si concessero un po’ di riposo, interrotto ogni tanto dalla necessità di irrorare il tacchino con il brodo.
Poco importava se poi nessuno lo avrebbe mangiato, entrambi non tolleravano che una loro preparazione potesse essere imperfetta.
Nessuno dei due parlava.
Erano esausti, ma non potevano permettersi distrazioni.
Sapevano quanto fosse importante che tutto filasse liscio come l’olio.
Quello era stato il suo ultimo lavoro.
Aveva consegnato la più grande partita di coca che gli fosse mai capitata e contrariamente alle sue abitudini, si era fatto pagare in modo insolito: diamanti grezzi di qualità eccezionale, che il suo contatto in Messico gli avrebbe pagato una fortuna.
Una volta passato il confine, per loro sarebbe iniziata una nuova vita, a base di tacos e enchiladas…
Ma non avrebbero mai mancato di festeggiare il Giorno del Ringraziamento.
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Ingredienti
per il ripieno: 1 kg. di castagne, 150 g. di burro, 100 g. di cipolla, 1 bicchiere di vino bianco, 800 g. di mollica di pane, sedano, prezzemolo, timo, sale, pepe q.b.
per il tacchino: 1 tacchino da 5/6 Kg., 150 g. di burro, rosmarino, brodo vegetale, vino bianco, sale e pepe q.b.
per la salsa: le interiora del tacchino, mezzo bicchiere di vino, 2 cucchiai di farina, burro q.b., 1 cucchiaino di Sherry, una cipolla, una carota, foglie di sedano, una foglia di alloro, prezzemolo, timo, chiodi di garofano, sale e pepe in grani q.b.
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Racconto di Elianto per il concorso letterario a tema gastronomico “A fuoco lento”. Non ha vinto ma, essendo gradevole e meritevole di maggiori attenzioni, ho deciso di pubblicarlo anche qui.
Io l’autrice la metterei in testa al racconto non in fondo!! merita merita…
wow! grazie smeerch!!! troppobuono ;-))