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Green Book

7 Febbraio 2019 00:16 / Leave a Comment / Smeerch

Green Book

Green Book
di Peter Farrelly (USA, 2018)
con Mahershala Ali, Viggo Mortensen,
Linda Cardellini, Don Stark, Mike Hatton, P. J. Byrne,
Sebastian Maniscalco, Iqbal Theba, Brian Stepanek,
Iqbal Theba, Maggie Nixon, P.J. Byrne, Joe Cortese

New York, 1962. Don Shirley, un famoso pianista afroamericano decide di fare una tourné di 2 mesi con il suo trio nel profondo sud degli Stati Uniti. Per fargli da autista, assistente e guardia del corpo, assume Frank Anthony Vallelonga – meglio noto come Tony Lip – un omaccione di origine italoamericana che lavora in un nightclub con il duplice ruolo di buttafuori e autista del proprietario. Il lungo viaggio sarà un vero e proprio clash tra due culture: quella afroamericana, colta e benestante, del musicista contro quella popolare, gretta, da strada e italoamericana dell’autista. La convivenza coatta però farà sbocciare un’amicizia vera e profonda; un processo non semplice, né rapido, che tuttavia permette ai due protagonisti di mettere la testa fuori dal proprio guscio, di conoscere qualcosa di sé e dell’altro fino ad allora del tutto aliena.
La pellicola è parecchio romanzata ma è tratta da una storia vera. Attraverso un’esperienza unica e originale, racconta con sentimento le contraddizioni assurde degli anni ’60 degli Stati Uniti, cose come la segregazione razziale, il melting pot di culture mai del tutto “melted”, il divario economico-sociale tra differenti parti della società. Lo fa benissimo, con garbo e profondità, senza fretta. Sebbene – ahinoi – il trailer riassuma efficacemente tutta la storia, chi va a vedere il film non si annoia. Tutt’altro. La vicenda non viene narrata in maniera ansiogena, non si arriva subito al dunque, il regista non brucia le tappe. Il dramma monta pian piano, sotto traccia, l’esplosione del conflitto al centro della vicenda arriva al momento giusto, proprio quando sono stati illustrati adeguatamente i personaggi, il loro background e il contesto di riferimento.

Uno degli elementi fondamentali che contribuiscono a rendere questo “Green Book” un film parecchio valido è senza dubbio il cast.
Mahershala Ali – ai miei occhi esordiente – mostra professionalità da attore navigato. Nei panni del musicista “coloured” dai modi raffinati e con l’animo in pena è pressoché perfetto. Zero sbavature. Bravo sia nei momenti di massima tensione, che in quelli in cui deve sfoderare un “sorrisone libera tutti”. Chissà se ha studiato pianoforte appositamente per girare questa pellicola o se fosse già in grado di suonare. Comunque sia l’editing del film è talmente valido che sembra sia lo stesso attore a suonare gli incredibili pezzi di pianoforte di Don Shirley. Invece le mani sono del pianista Kris Bowers.
Viggo Mortensen si conferma un cavallo di razza. Top player della sua categoria. Attorone come pochi. Lo adoro dai tempi – non sospetti – in cui interpretava il tossico pentito in “Carlito’s Way”. Qui è eccellente nel dar vita al robustissimo Tony Lip, un italoamericano – attiguo alla malavita ma non del tutto coinvolto – che sa menare le mani ma sa anche benissimo quando è il caso di tenere a freno i propri istinti violenti, che purtroppo si manifestano frequentemente. Burbero, gretto, ignorante, razzista, sboccato, perennemente affamato e potenzialmente violento. Character fortemente cinematografico. Voto: 10!
Interessante performance anche per l’affascinante Linda Cardellini nel ruolo della moglie di Tony Lip: una donna buona, paziente e generosa che sa di avere a fianco un grand’uomo, seppur burbero e testone.
Sebastian Maniscalco interpreta il fratello chiacchierone della moglie di Lip.
Mike Hatton e Dimiter D. Marinov sono gli altri due musicisti del trio di Shirley.
Per Don Stark il ruolo di un boss della malavita che gestisce il Copacabana, ossia il locale in cui inizialmente lavora Tony Lip.

A dirla tutta, il film l’ho visto doppiato in italiano, ma andrebbe visto in lingua originale per gustarsi l’accento di Viggo Mortensen che non è italiano di origine ma qui fa il mangiaspaghetti.

Il regista – Peter Farrelly – è lo stesso di “Scemo e più scemo”, “Lo spaccacuori”, “Amore a prima svista” e “Tutti pazzi per Mary”. Stupiti? Anche io.

Note: 5 candidature ai Premi Oscar + 5 candidature ai Golden Globe.
Per il momento: 3 Golden Globe portati a casa.

La scheda di IMDb.com, quella di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

Posted in: film / Tagged: Brian Stepanek, cast, cinema, Don Stark, film, Green Book, Iqbal Theba, Joe Cortese, Linda Cardellini, Maggie Nixon, Mahershala Ali, Mike Hatton, P.J. Byrne, pellicola, Peter Farrelly, razzismo, recensione, regia, regista, scheda, Sebastian Maniscalco, Viggo Mortensen

The Wolf of Wall Street

31 Gennaio 2014 21:07 / 2 Comments / Smeerch

The Wolf of Wall Street

The Wolf of Wall Street

di Martin Scorsese (USA, 2013)
con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie,
Rob Reiner, Matthew McConaughey, Shea Whingham,
Kyle Chandler, Jon Bernthal, Jon Favreau, Jean Dujardin,
Cristin Milioti, Christine Ebersole, P.J. Byrne, Brian Sacca,
Ethan Suplee, Kenneth Choi, Katarina Cas, Henry Zebrowski,
Jon Spinogatti, Stephanie Kurtzuba, Aya Cash, Joanna Lumley

Altro grande film da quel mostro da cinepresa che è Scorsese. Ancora una volta dimostra di saperci fare con i biopic.
“The Wolf of Wall Street” racconta l’epica arrivista di Jordan Belfort, della sua ascesa e della sua caduta: le vicende di un rampantissimo giovane che divenne milionario iniziando da zero, ossia vendendo le azioni spazzatura di aziende non quotate in borsa. Una jena di self-made man che seppe muoversi velocemente e con furbizia negli interstizi del mercato finanziario americano, credendo solo in se stesso, anche se fu anche bravo nel circordarsi di elementi validi, ossia di crearsi un team di gente fidata ed in gamba che, pur priva di qualità proprie, riusci in fretta ad adattarsi ai modi di pensare, di agire e soprattuto allo stile di vita di Belfort.
Uno lifestyle eccessivo in tutto. Il mix di sesso, droghe e denaro in cui il nostro si avvolse rese la sua vita un lussuoso paradiso (prima) e un inferno senza vie d’uscita (poi). A conti fatti la sua collezione – 2 matrimoni, un’azienda dal fatturato a 9 cifre, una casa da sogno, uno yacht, un elicottero personale e poi anche un conto in svizzera aperto grazie a un prestanome – non gli risparmiò uno scivolone bello profondo nella mestizia più nera.
Ma a condannarlo, forse, più che la (sola) avidità, furono anche tutta una serie di azioni fatte con leggerezza, di decisioni prese senza rifletterci, del scivolossisimo eccesso di fiducia in se stesso.

DiCaprio è un pupazzo nelle mani di Scorsese – nel senso buono. La marionetta al centro del teatrino del burattinaio. Si è lasciato plasmare dal Maestro come fosse argilla. Lo ha già fatto in altre occasioni, lo ha fatto anche in questa. E il risultato è tutt’altro che deludente. Certo, c’è sempre quella questione della faccia d’angelo, del dimostrare meno degli anni che si ha. Oh, ma ormai qui stiamo parlando di uno che ha 39 anni, quasi 40. Eppure nei panni di un adulto fatto e finito ancora non riesco a vederlo. Un vorace lupo da borsa affari con la faccia da stronzetto sbarbato? Mah. Altro dettaglio straniante: la voce. Vederlo (e sentirlo) recitare senza un doppiatore rende ancor più difficile crederlo un non-giovane, la voce da ragazzetto non gli è scomparsa.
Stesso dubbio per la voce di Jonah Hill. Ok, anche lui è parecchio giovane, ma non mi aspettavo quella vocina gracchiante. Che comunque funziona, eh. Intendiamoci: la scelta del cast è eccellente. Tutta, Hill compreso. Un volto migliore per un personaggio di tal fatta non potevano trovarlo. Il suo donnie è credibilissimo: un gregario grassoccio e sudato, laido, pavido e fuori di testa. Di lui lo spettore non riuscirà mai a capire quanto è genuino e quanto perverso. Straordinario. Ottimo secondo pilota.
Margot Robbie è una giovane dea scesa in terra. (Sì, ci avevamo già sbavato tutti su grazie alla serie “Pan Am”). Bella come poche. Bionda, tonica, dolce e velenosa, ma soprattutto giovane e voluttosa. Al suo personaggio basta uno sguardo per sedurre il protagonista. Non è il simbolo del candore – tutt’altro – ma chi guarda può arrivare ad angelicarla. La caparbia Naomi conquista il ricco Mr. Belfort non solo grazie al suo avvenente aspetto fisico, ma anche perché è la compagna di giochi ideale: la bambola sfrontata, affamata, sofisticata, eccessiva. Il cambio di moglie, il passaggio dall’una all’altra, sta tutto qui: la prima, seppur collettore di un sentimento sincero, rappresentava l’ultimo legaccio di Jordan verso un mondo che non sentiva più suo, un mondo sincero, semplice, ruspante, vero. Naomi invece è l’ulteriore statutetta sullo scaffale dei successi da mostrare al Mondo. La compagna che non ti stressa perché gioca al tuo stesso gioco. Il partner che ti dà il fianco. Almeno finché le cose vanno per il verso giusto.
Matthew McConaughey ha perso decine di chili. Lo ha fatto soprattutto per un’altra straordinara pellicola che ancora non ho visto. Ma non è questo il punto. La cosa fantastica è che in questa pellicola si è trasformato da noioso belloccio con la faccia di plastica in un simpatico figlio di buonadonna. Recita la parte del broker scafato e sfrontato: la nave scuola del giovane Jordan dentro lo spietato mondo di Wall Street. Eccellente. Interpretazione breve ma al top. Riesce ad accattivarsi il favore del pubblico già dal trailer: gli bastano pochi attimi. Voto 10 per lui.
Kyle Chandler ha un volto troppo bonario per rappresentare l’agente FBI tignoso che si mette alle costole del criminale e che non molla sinché non stana la sua preda. Mah. Di funzionare funziona, ma fino a un certo punto. Diciamo, comunque, che se Scorsese cercava una faccia da poliziotto-impiegato da contrapporre al lusso sfrenato del protagonista arraffone, ha fatto centro.
Il bonario Rob Reiner intepreta il papà di Jordan, ossia Mr. Belfort senior. Un omone alto e dalla barba bianca dà il volto all’irascibile vecchio che cerca di tenere con i piedi per terra il lanciatissimo Wolfie. Bel contrasto.
Quell’armadio con la faccia buffa di Jon Favreau (il regista di Iron Man e Iron Man 2) ha un paio di piccole scene in cui recita la parte di un saggio avvocato che cerca di trovare un accordo tra il protagonista e il fisco americano.
Al mandibolone francese di Jean Dujardin il ruolo del sordido banchiere svizzero che si mostra servile nel riciclare il denaro esportato illegalmente dal protagonista.
Jon Bernthal è il folle tamarro che si occupa in diverse occasioni di fare il lavoro sporco per Belfort.
Il ruolo della prima (assennata e posata) moglie di Jordan è stato affidato a Cristin Milioti. Un volto nuovo per il sottoscritto. Ci ho intravisto leggeri tratti latini. Sbaglio?
L’elegante Joanna Lumley intepreta la sorniona Zia Emma.
Shea Whigham invece è ormai ovunque! In qualsiasi film che io veda. Qui ha un paio di piccole scene nei panni del capitano dello yacht di Belfort. La scena del naufragio annunciato.
Jon Spinogatti ha l’infausto compito di interpretare un maggiordomo gay tanto raffinato, quanto ladro ed approfittatore.

Due pensieri flash sulla colonna sonora. Varia molto come genere: si spazia, dal blues, al rock, passando per il jazz e altro ancora, ma al sottoscritto sono piaciute soprattutto le incursioni in territorio rap, come “Hip Hop Hooray” dei Naughty by Nature, suonata per pochi secondi mentre gruppo numerosissimo balla festante facendo coreografie sul ponte di uno yacht.
Per ascoltare tutti i brani del film prendetevi un paio di ore di pausa e cliccate qui.

Pellicola nella top ten dell’anno cinematografico in corso. Da non perdere assolutamente. Meglio se vista in versione originale. Non state a sentire quelli che si dichiarano freddini di fronte a tale opera audiovisiva. Non c’è alcun motivo per snobbare “The Wolf of Wall Street”.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

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