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Beata ignoranza

18 marzo 2017 18:56 / Leave a Comment / Smeerch

Beata ignoranza

Beata ignoranza
di Massimiliano Bruno (Italia, 2017)
con Marco Giallini, Alessandro Gassmann, Teresa Romagnoli,
Carolina Crescentini, Valeria Bilello, Susy Laude,
Emanuela Fanelli, Luca Angeletti, Luciano Scarpa, Guglielmo Poggi, Alessandro Di Carlo,
Malvina Ruggiano, Giuseppe Ragone, Riccardo D’Alessandro, Teodoro Giambanco

Filippo ed Ernesto sono due professori che si trovano a lavorare gomito a gomito nella stessa scuola superiore. L’uno insegna matematica, l’altro letteratura, l’uno è drogato di smartphone, mentre l’altro può essere definito quasi anti-digital. Insomma sono l’uno l’opposto dell’altro. Si conoscono da quando erano a liceo ma non si piacciono, o meglio si odiano a morte. Questo perché da giovani amavano la stessa ragazza: Marianna. Quella Marianna che poi finì per sposare Ernesto e per darle una bimba: Nina. Solo che Nina non è proprio figlia di Ernesto. Dopo 16 anni la ragazza e quello che era ritenuto suo padre scroprono che il vero padre, quello genetico, è in realtà Filippo. Questa la causa scatenante dell’odio storico tra i due professori.
Filippo ed Ernesto – dicevamo – si ritrovano a scuola dopo tanti anni e finiscono per scontrarsi presto, dopo pochissimi giorni. Per la precisione hanno un alterco in classe, arrivano quasi per picchiarsi. La lite – che verte sui temi della connessione alla rete, della modernità, dell’aggiornamento – viene ripresa da uno dei loro alunni e finisce online; davanti alla camera i due si sfidano in ciò che sembra più difficile: per vincere la sfida Filippo deve restare un mese senza smartphone, mentre, di converso, Ernesto deve imparare ad usare il computer, lo smartphone e i social network.
Nina – la “loro” figlia – che ha visto online il video di questo bisticcio decide di creare un documentario proprio su questa sfida così iconica, su un test che in un certo senso rappresenta molto bene i tempi che viviamo. La lavorazione del film farà riavvicinare la ragazza a suoi due padri che ovviamente alla fine, dopo un drammatico ex-cursus sui loro errori ed egoismi, impareranno la lezione. Filippo ne uscirà più maturo, mentre Ernesto imparerà a non aver pregiudizi e a giudicare meno le donne per il proprio comportamento.

Il messaggio di fondo è: anche le vulve più allegre meritano (giustamente) rispetto. Il tema “digital sì vs. digital no” sembra quasi un pretesto per una storiella moralizzatrice contro i pregiudizi, contro i quarantenni immaturi, contro il maschilismo, contro chi fugge le responsabilità.
Anche in questo film Bruno si fa beffe dei gruppi di sostegno e/o di auto-aiuto. Ricordate la scena della “ciccia baffetta” di “Maschi contro femmine”?. Beh, sì, quello era un film diretto da Brizzi con Massimiliano Bruno come attore e sceneggiatore però la dinamica è più o meno la stessa: prendere per il culo la psicoterapia e tutti questi sistemi per “fare autonalisi”, “riscoprire se stessi”, recuperare forza, coraggio, ecc.

Marco Giallini interpreta Ernesto, il barbuto padre di Nina: un professore colto ma musone, triste, precisino e presuntuoso, sinistroide ma quadrato.
Alessandro Gassmann è invece Filippo, l’esatto contrario di Ernesto: bello e vanesio, aitante, sciupafemmine, disordinato, cialtrone, incapace, professionalmente miracolato, infantile, ecc.
Nina ha il volto di Teresa Romagnoli; forse questa non è la sua migliore performance ma è molto giovane, di certo migliorerà col tempo.
A Carolina Crescentini il ruolo della moglie di Ernesto, nonché amante di Filippo e mamma di Nina. Appare in poche scene (tutte flashback) e fa sempre la Crescentini. Nulla di nuovo, né di notabile.
Valeria Bilello è la prof innamorata di Ernesto – una donna con una vita sessuale allegra ma non per questo esecrabile.
Emanuela Fanelli e Luca Angeletti interpretano i due cine-operatori che aiutano Nina a realizzare il documentario. I duetti tra questi due attori sono tra le cose più ilari dell’intero film. Dico di più: la Fanelli è una delle migliori attrici comiche in circolazione. Credetemi. Una specie di nuova Cortellesi, anche più simpatica della Cortellesi. Difficile rimanere indifferenti alla carica comica del suo romanesco.
Susy Laude ha un paio di scene nei panni della mamma dell’alunno che viene sedotta dal professor Filippo.
Piccolo cammeo anche per Alessandro Di Carlo nella parte del bidello impiccione.

A me i film di Massimiliano Bruno piacciono sempre. Questa forse non è tra le sue opere migliori ma merita la sufficienza. Date un’occhiata, se avete voglia di farvi una risata su questo finto problema dell’eccessiva dipendenza dagli smartphone e dai social media.

La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

Posted in: film / Tagged: Alessandro Di Carlo, Alessandro Gassmann, Beata ignoranza, Carolina Crescentini, cast, cinema, commedia, Emanuela Fanelli, film, Giuseppe Ragone, Guglielmo Poggi, Luca Angeletti, Luciano Scarpa, Malvina Ruggiano, Marco Giallini, Massimiliano Bruno, pellicola, recensione, regia, regista, Riccardo D'Alessandro, scheda, Susy Laude, Teodoro Giambanco, Teresa Romagnoli, Valeria Bilello

Confusi e felici

7 novembre 2014 11:04 / Leave a Comment / Smeerch

Confusi e felici

Confusi e felici

di Massimiliano Bruno (Italia, 2014)
con Claudio Bisio, Massimiliano Bruno, Anna Foglietta,
Marco Giallini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti,
Pietro Sermonti, Rocco Papaleo, Gioele Dix,
Kelly Palacios, Federica Cifola, Liliana Fiorelli

Ricordate il film “Ma che colpa abbiamo noi” di Carlo Verdone? Lì un’analista moriva durante una seduta di gruppo e i suoi pazienti decidevano di continuare comunque la terapia, analizzandosi l’un l’altro. Qui il tema è più o meno lo stesso: un analista (Marcello/Bisio) scopre di essere sul punto di perdere la vista. Raduna i suoi pazienti e comunica loro la decisione di abbandonare la professione. Si ritira così a vita privata, si isola ed entra in depressione. Ma il gruppo di ex-analizzati – bizzarri personaggi in cerca di sostegno psichico – non ci sta per cui, insieme alla segretaria dello studio medico, decide di ricontattare l’analista, tirarlo fuori dal suo stato di pessimismo cronico e costringerlo a ri-prendere le sedute, che da questo momento in poi diventano però di gruppo e sostanzialmente itineranti. L’iniziativa sarà uno scambio alla pari: Marcello ammetterà di aver bisogno dei suoi pazienti, così come questi dimostreranno – come se non fosse già chiarissimo – quanto è disperato il bisogno che hanno del loro analista-guida. Nel mentre il dottore-malato, inizialmente restio nel chiedere aiuto, si innamorerà anche della sua segretaria.

Bisio sarebbe il protagonista ma – spiace dirlo – non dà il meglio di sé. Prestazione senza infamia e senza lode la sua.
Il più divertente è senza dubbio Marco Giallini nei panni di uno spacciatore sboccato che si trova nell’inusuale situazione di doversi prendere la responsabilità di un figlio che sta per nascere.
Molto buffa anche Paola Minaccioni: interpreta una ninfomane fissata con l’idea di sedurre il proprio analista.
Caterina Guzzanti e Pietro Sermonti rappresentano la giovane coppia con problemi di coppia; lei (al massimo della forma e divertentissima, come sempre) dà il volto a una borgatara, ciarliera e inclemente, mentre lui fa il cosiddetto “bambascione”, ossia un tipo amorfo e parecchio distratto, che ignora la moglie per dedicare tutte le sue attenzioni a un tablet che si porta sempre dietro.
Massimiliano Bruno – il regista/soggettista/sceneggiatore – ha riservato per sé un ruolo molto buffo, ma anche un po’ tenero: quello di un autista di autobus, molto grasso, mammone e decisamente infantile, che non riesce ad avere una relazione seria con una donna, a causa del controllo asfissiante esercitato su du lui da sua madre.
Rocco Papaleo recita ancora una volta (parecchio) sopra le righe: lo vediamo nella parte di un uomo iracondo che, avendocela a morte con il tedesco con cui sua moglie l’ha tradito, sfoga furiosamente la sua rabbia sulla carrozzeria di auto di fabbricazione tedesca.
Per il ruolo della segretaria dolce e sensibile è stata scelta Anna Foglietta.
La giovane di colore da cui lo spacciatore aspetta un figlio ha il volto di Kelly Palacios.
Federica Cifola appare in una sola scena nei panni di una collega a cui l’autista mammone chiede un appuntamento.

Pellicola telefonatissima. Niente di che. Ho riso solo in un paio di occasioni su battute pronunciate da Bruno e Giallini. Voto: 6 meno, quasi sufficiente.

La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

Posted in: film / Tagged: Anna Foglietta, cast, Caterina Guzzanti, Claudio Bisio, commedia, Federica Cifola, film, Gioele Dix, Kelly Palacios, Liliana Fiorelli, Marco Giallini, Massimiliano Bruno, Paola Minaccioni, pellicola, Pietro Sermonti, recensione, regia, regista, Rocco Papaleo, scheda

Tutti contro tutti

15 settembre 2014 11:27 / 1 Comment / Smeerch

TuttiControTutti

Tutti contro tutti

di Rolando Ravello (Italia, 2013)
con Rolando Ravello, Kasia Smutniak, Marco Giallini,
Antonio Gerardi, Stefano Altieri, Lidia Vitale, Hedy Krissane,
Raffaele Iorio, Paolo Sassanelli, Massimiliano Bruno,
Lele Vannoli, Riccardo De Filippis, Giorgio Caputo,
Zahira Berrezouga, Flavio Bonacci, Agnese Ghinassi

Roma. Una domenica il signor Agostino esce di casa con tutta la sua famiglia per recarsi alla prima comunione di suo figlio. Il giorno di grande festa viene però rovinato da una brutta sopresa: al ritorno non si riesce più ad entrare nell’abitazione perché altre due persone nel frattempo l’hanno occupata abusivamente.
Il problema del signor Agostino è che non può chiedere l’aiuto delle forze dell’ordine, cioè non può ricorrere alla legge perché il suo non è un contratto regolare; in realtà ha sempre pagato l’affitto al titolare del bar del quartiere, un piccolo malavitoso che alcuni anni prima aveva occupato abusivamente tutta la palazzina.
Dopo lo smarrimento iniziale e i primi tentativi di rientrare in possesso dell’appartamento, Agostino e i suoi decidono di trasferirsi temporaneamente da Sergio, il cognato di Agostino, nonché suo collega. A casa di Sergio però non ci restano molto. Dopo solo un paio di giorni Agostino porta tutta il suo nucleo famigliare a vivere sul pianerottolo davanti l’appartamento che occupava e di cui vorrebbe rientrare in possesso. Questa grottesca soluzione, un vero e proprio accampamento arrangiato alla meno peggio, non porta affatto i risultati sperati, anzi va avanti per parecchi giorni e distrugge parecchi equilibri, tanto da portare i membri della famiglia sull’orlo di una grave crisi di nervi. A causa di questa situazione kafkiana, infatti, la moglie di Agostino arriva sul punto di perdere il lavoro e, ormai esasperata, decide separarsi. Comunque anche gli altri familiari, come il nonno Rocco e il piccolo Lorenzo, non se la passano proprio bene. Per di più lo stesso Agostino è costretto a mollare, insieme a suo cognato, un lavoro importante: la ristrutturazione di una grande villa per conto di una ricca signora molto sgarbata.
A questo punto il protagonista decide di agire diversamente e procedere per vie spicce: tenterà di riconquistare abusivamente la casa, con un tranello molto simile a quello usato per portagliela via. I propositi sono buoni: Agostino è deciso a ripendersi quello che gli spetta, usando anche la prepotenza e le maniere forti, chiederà aiuto anche a suo cognato e tutti i membri della famiglia, ma non andrà proprio come ha pianificato.

Cosa non va nel film: non si capisce perché Agostino non voglia andare a vivere fuori Roma in un posto un po’ più lontano, spendendo meno, ma avendo un contratto d’affitto regolare. Perché si incaponisce? Non si capisce perché non agisca sin dal primo momento con coraggio e convizione contro chi si è subdolamente appropriato della casa in cui vive (due misteriosi meridionali molto sgarbati e strafottenti). Non si capisce perché gli sceneggiatori abbiano infilato nella trama anche una storia parallela di razzismo, intolleranza e violenza. Era necessaria allo svolgmento della storia principale? Non si capisce, inoltre, come possa averla vinta un pover’uomo come Agostino contro un piccolo boss della mafia locale – un simil-gangster violento e ignorante – semplicemente facendo leva sul proprio coraggio e forza d’animo. La cosa non è credibile, non sta su.

Cosa va nel film: la leggerezza e l’originalità. La guerra tra poveri, gli sfratti coatti, gli abusivismi, l’esasperazione a cui è arrivato chi a malapena riesce a sbarcare il lunario, sono tutti temi che la commedia italiana non trattava da anni. Ravello li rispolvera e li gestisce bene, senza scadere nella trivialità o nel grottesco. Quasi tutti i personaggi sono dignitosamente ritratti, senza esagerazioni – eccezion fatta forse per il nonno (un po’ troppo gigione e saccente).

Chi sono i vincitori, chi i vinti? Difficile dirlo. Forse questa è una delle poche caratteristiche positive della pellicola. Di certo Agostino non è un eroe. Non vince, o comunque non vince del tutto. Si tratta, più che altro, di un uomo come tanti – una persona semplice e umile, testardo ma non borioso – che cerca di arrabattarsi per dare una vita dignitosa alla sua famiglia. Ecco: Agostino combatte contro una vita che continua a fargli lo sgambetto, nel disperato tentativo di rimanere in piedi, in un modo o nell’altro. In altre parole sullo schermo viene ritatrata un po’ l’italietta del tarallucci e vino e del volemose bene, particolarmente sottolineato in questo caso dal forte spirito di coesione che tiene unita la famiglia e che mai (GUAI!) deve rompersi.

La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso regista e da Massimiliano Bruno; alla stesura del soggetto ha partecipato anche Agostino Cordì.
Voto al film: 6 meno. Non del tutto sufficiente. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Forse Ravello dice più come attore, che come regista. O almeno proviamo ad attendere la sua seconda prova dietro la macchina da presa.

La scheda di Wikipedia, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

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