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Hannah e le sue sorelle

3 Febbraio 2014 21:24 / Leave a Comment / Smeerch

Hannah e le sue sorelle

Hannah e le sue sorelle

di Woody Allen (USA, 1986)
con Mia Farrow, Dianne Wiest, Barbara Hershey,
Michael Caine, Carrie Fisher, Woody Allen, Max von Sydow,
Lloyd Nolan, Maureen O’Sullivan, Julie Kavner, J.T. Walsh,
Fred Melamed, Sam Waterston, Tony Roberts

New York, prima metà degli anni ’80. Hannah e le sue sorelle sono tre donne tra i 30 e i 45 anni. Le due maggiori (Hannah ed Holly), avendo voluto seguire in un certo qual modo le orme dei loro genitori, sono diventate attrici, anche se non a tempo pieno. La maggiore (Holly), dopo essersi resa conto di non essere granché sul palcoscenico, ha deciso di aprire un’attività di catering a domicilio con la sua amica April. In passato ha avuto problemi di droga – spacciava e pippava – ma pare aver superato. Sua sorella Hannah, che sempre l’ha aiutata, l’aiuta anche questa volta prestandole per l’ennesima volta dei soldi.
Nel frattempo Mickey, il primo marito di Hannah – quello con cui ha avuto due gemelli grazie all’inseminazione artificiale – crede di avere un tumore. Si tratta di un uomo sulla cinquantina perennemente preoccupato per la sua salute e pieno di fissazioni sulla morte. Quando scopre di non avere il tumore – come gli era stato erroneamente (quasi)diagnosticato – Mickey decide di abbandonare il lavoro, ossia la produzione di una trasmissione in tv, e avvicinarsi alla religione. Quale? Tutte. Le prova un po’ tutte, esclusa quella dei suoi genitori, l’ebraismo.
Lee, la più piccola delle tre sorelle, vive con un’artista che le fa da pigmalione: uno suo ex professore, misantropo, brusco e solitario, molto più anziano di lei, che ha deciso di prenderla sotto la sua ala protettiva, sia dal punto di vista culturale, che da quello sentimentale. Lee non lavora, né si sente realizzata, appena scopre che suo cognato Elliot (il secondo e attuale marito di Hannah) ha una cotta per lei, cade come una pera cotta tra le sue braccia. Dopo la vertigine dell’innamoramento e i sensi di colpa (doppi, visto che l’uomo con cui ha una relazione è il marito di sua sorella) decide di tuffarsi nello studio: riprende a frequentare l’università. Qui incontra un altro professore – quello di letteratura – e se ne innamora.
I genitori di Hannah, nonostante la veneranda età, continuano con le schermaglie d’amore: il papà Evan è geloso di sua moglie Norma come quando aveva vent’anni, poiché crede che questa non perda occasione per fare la civetta con tutti gli uomini che incontra.

Il ruolo di Hannah Allen lo affidò alla sua compagna dell’epoca, ossia Mia Farrow: qui straordinaria nei panni della donna dimessa e con la testa sulle spalle – diciamo così – unico elemento quasi-positivo in mezzo ad un gruppo sociale zeppo di matti.
Per se stesso invece il regista decise di riservare la parte del logorroico e iper-ipocondriaco Mickey.
Per Holly scelse un’altra delle sue attrici preferite dell’epoca: Dianne Wiest, che ricordiamo fece poi recitare anche in “Pallottole su Broadway”.
La terza sorella (Lee) ha le delicate fattezze di Barbara Hershey.
Carrie Fisher (avete presente la Pricipessa Leia di Star Wars?) appare in due o tre scene come la socia di Holly nell’azienda/avventura del catering.
Michael Caine è Elliot, l’attempato marito di Hannah che perde la testa per la sua giovane e riccioluta cognata Lee.
Quella colonna di Max von Sydow interpreta l’artista anziano rude e solitario.
Il fascinoso Sam Waterston prende parte al film come un architetto piacione e ciarliero che cerca di sedurre le tue titolari del catering in un sol colpo usando l’arma dell’intellettualoide romanticone.
Tony Roberts appare in una sola scena nei panni di uno sceneggiatore ex-collega di Mickey, ossia il tale che accetta di donare il suo sperma ad Hannah per la fecondazione artificiale.
Il grande orso buono Fred Melamed veste un camice per la sua apparizione da medico preoccupato per le salute di Mickey – uno dei tanti medici a cui il personaggio chiede consulto.
Lloyd Nolan è il papà delle tre sorelle protagoniste, mentre sua moglie ha il volto di Maureen O’Sullivan.

Diciamoci la verità: questa non è la pellicola più divertente che Allen abbia girato, ma a me è piaciuta ugualmente. Non è piena di gag – certo – ma in due o tre occasioni mi ha fatto ridere proprio di gusto.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

Posted in: film / Tagged: Barbara Hershey, Carrie Fisher, cast, cinema, commedia, Dianne Wiest, film, Fred Melamed, Hannah e le sue sorelle, J.T. Walsh, Julie Kavner, Lloyd Nolan, Maureen O'Sullivan, Max von Sydow, Mia Farrow, Michael Caine, pellicola, recensione, regia, regista, Sam Waterston, scheda, Tony Roberts, Woody Allen

A serious man

10 Dicembre 2009 16:28 / 6 Comments / Smeerch

A Serious Man

A serious man
di Joel Coen ed Ethan Coen (Usa, 2009)
con Michael Stuhlbarg, Richard Kind, Fred Melamed,
Sari Lennick, Adam Arkin, Aaron Wolff, Jessica McManus,
Brent Braunschweig, David Kang, Benjy Portnoe,
Jack Swiler, Andrew S. Lentz, Jon Kaminski Jr, Ari Hoptman,
George Wyner, Fyvush Finkel, Katherine Borowitz, Steve Park,
Amy Landecker, Allen Lewis Rickman, Raye Birk, Peter Breitmayer,
Stephen Park, Simon Helberg, Alan Mandell

Veniamo subito al dunque: questo film mi ha deluso molto. Sono un beniamino dei fratelli Coen. Li trovo grandi registi ma questa volta non hanno saputo “regalarmi un’emozione” (come si dice in gergo). Forse sono entrato in sala con aspettative molto alte. Chi lo sa?! Forse mi aspettavo tutt’altro. Forse non ho capito io il film – perché uno queste domande se le pone pure. Non lo saprei dire con certezza. Sicuramente, però, sono uscito dal cinema con l’amaro in bocca, con la sensazione che qualcosa non abbia funzionato, che la storia fosse perlomeno incompleta (con quel finale, poi!)
Quando sono arrivato al cinema non sapevo nulla della trama, nulla dell’attore protagonista, nulla di nulla, se non che questo fosse il nuovo film dei fratelli Coen. Punto.
Devo essere sincero: dopo il primo quarto d’ora ho pensato addirittura di aver sbagliato sala. L’introduzione è stranissima, a tutt’ora non l’ho capita. Siamo ai primi del 1900 in Polonia (credo): una coppia di ebrei (un lui e una lei, marito e moglie) riceve la visita inaspettata di un vecchio, un conoscente che credevano morto. La donna è talmente supestiziosa che cerca di uccidere con una coltellata all’addome quello che lei crede essere uno spirito maligno. ll vecchio scappa via e sparisce nella notte. Di lui non sapremo più nulla. Il prologo finisce qui ed inizia finalmente il film.
“A Serious Man” racconta di un professore di fisica quarantenne, il sig. Larry Gopnik, nell’america degli anni ’60. Larry Gopnik è un uomo molto ma molto ma molto sfigato; ha origini ebraiche, una famiglia come tante (forse) e tanti problemi. Per fare solo un paio di esempi: 1. un suo studente di origine asiatica cerca di corromperlo con una busta piena di soldi, al fine di avere un buon voto e non perdere così la borsa di studio; 2. la moglie del professore lo tradisce con un vecchio amico di famiglia vedovo e più anziano. Ma queste due sfighe sono solo la punta dell’enorme iceberg di sfortuna che si abbatte sul prof. Larry Gopnik (il protagonista).
A mio modo di vedere “A Serious Man” è una storia raccontata sul grande schermo che ti vuole solo dire “alla sfortuna non c’è mai fine”. La vita è cattiva, lo sappiamo. Vivere sulla terrà è insostenibile? Più o meno il messaggio è questo. Forse si potrebbe ipotizzare più un tentativo di rappresentare al cinema il cosiddetto primo assioma delle leggi di Murphy: “Se qualcosa può andar male, lo farà”. Ma forse sono troppo inclemente.
Forse il messaggio è di tipo sovrannaturale/superstizioso, forse la maledizione del vecchio accoltellato in Polonia si è riversata, generazioni dopo, sul suo lontano discendente. Mah.
Passiamo agli attori. La scelta del cast è eccellente. Anche per questioni somatiche.
Michael Stuhlbarg è bravissimo nel ruolo del protagonista. Ha mille espressioni diverse per ogni sventura che capita al suo personaggio; riesce a comunicare un ventaglio di emozioni davvero molto esteso che va dall’estasi da marijuana allo sconforto più totale – che sfocia nel pianto disperato.
Buona prova anche per l’attrice nel ruolo della moglie del prof. (Sari Lennick) e per i due figli (Jessica McManus e Aaron Wolff).
Richard Kind è un perfetto uomo medio, un americano medio di mezza età. La parte del fratello mezzo scemo del protagonista gli calza a pennello. La trovata del sebo da drenare è disgustosamente geniale.
David Kang nel ruolo del giovane studente orientale finto-tonto è buffissimo. Stessa cosa dicasi per Fred Melamed, che interpreta l’amante della moglie del professore: un omone barbuto che, parlando lentamente e con convinzione, riesce a mettere soggezione in chi lo ascolta.
Non ricordo dove altro ho visto recitare George Wyner ma lo trovo sempre e comunque molto elegante. Qui interpreta un rabbino molto stimato nella comunità in cui vive il prof. Gopnik.
Ecco, una cosa molto importante che dovete sapere: se non sapete nulla della religione ebraica, e di tutta la cultura annessa, questo film decisamente – decisamente – non fa per voi. Non capirete granché, né apprezzerete certi passaggi fondamentali come il bar mitzvah del figlio del prof. o la richiesta del divorzio rituale. Dunque, ascoltate il consiglio di uno spettatore come tanti: questa pellicola non vale il costo del biglietto. Mi spiace per Joel e Ethan, alle cui opere pure sono affezionato.
Inoltre, se andate al cinema per vedere una bella commedia, se volete ridere, rimarrete delusi. Più che altro, qui si sorride dell’accumularsi delle disgrazie del protagonista e della situazione ingarbugliata in cui viene a trovarsi. Ma non si ride. Mai. Questo, prima di tutto, è un dramma umano. La disperazione di un essere umano di fronte alle mille sfighe della vita. C’è davvero poco da ridere.

La scheda di IMDb.com, quella di Cinematografo.it e quella di MyMovies.it.

Posted in: film / Tagged: A serious man, Aaron Wolff, Adam Arkin, Alan Mandell, Allen Lewis Rickman, Amy Landecker, Andrew S. Lentz, Ari Hoptman, Benjy Portnoe, Brent Braunschweig, cast, cinema, commedia, David Kang, dramma, drammatico, Ethan Coen, film, Fred Melamed, Fyvush Finkel, George Wyner, Jack Swiler, Jessica McManus, Joel Coen, Jon Kaminski Jr, Katherine Borowitz, Larry Gopnik, Michael Stuhlbarg, movie, pellicola, Peter Breitmayer, prof., professore, Raye Birk, recensione, regia, registi, Richard Kind, Sari Lennick, scheda, sfiga, sfigato, Simon Helberg, Stephen Park, Steve Park

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