Marco Baldini, alter ego di Fiorello: in 7 giorni anche 100 milioni di lire
«Poker e cavalli, così mi sono rovinato»
«Gli strozzini mi inseguivano, dieci anni buttati. Mi hanno aiutato Cecchetto e Linus»
(Elvira Serra, www.corriere.it – 06/02/05)
ROMA – Ha ricominciato a vivere il 23 aprile del Duemila. Dall’oggi al domani. Ha scommesso, ancora. Questa volta su se stesso. «Era la mattina di Pasqua. Ho caricato la macchina. Un amico mi ha prestato i soldi per il viaggio, ho lasciato Milano e sono sceso a Roma». Dopo dieci anni di debiti accumulati con il gioco d’azzardo e di fughe dagli usurai ha deciso di darsi un’altra opportunità. «L’input mi è arrivato dal lavoro. Sergio Valzania, mio vecchio capo scout, mi aveva offerto un progetto a Radio2. Seicento chilometri erano una buona distanza per ricominciare. Ho preso in affitto un residence senza sapere come lo avrei pagato. È stato l’inizio della mia metamorfosi».
Marco Baldini oggi vive in un appartamento in affitto e gira la città su una utilitaria. «Pago ancora le conseguenze dei miei errori», racconta nello studio del suo manager Marco Zita, in viale Mazzini a Roma, dove ha deciso di ripercorrere per la prima volta la sua storia di giocatore. Puntuale, ha appena finito la diretta di «Viva Radio2», programma che conduce assieme a Fiorello, l’amico di sempre, del quale è anche autore. Giacca nera, jeans, pizzetto sottile. Ha 45 anni, da quattro è fidanzato con Stefania, della sua vita dice: «Ho abbattuto buona parte dei debiti, non ho più persone pericolose che mi cercano, ho regolarizzato la mia posizione con lo Stato». Gioca ancora la schedina: «Sono un patito di calcio». I numeri al lotto: «Se capita, quando li sogno». Con i cavalli ha smesso: «Magari una tris ogni tanto, al massimo 12 euro». Il poker è rimasto: «Soltanto con gli amici, sporadicamente, e la posta non supera mai i 10 euro».
Non era così quindici anni fa, quando entrò nel giro delle scommesse. Trecento milioni di vecchie lire persi nel 1990, il primo anno. «Mi ero appena trasferito a Milano da Firenze, Claudio Cecchetto mi aveva chiamato a Radio Deejay. Quando ci misi piede la prima volta trovai John Bon Jovi. C’erano Jovanotti, Jerry Scotti, Linus. E mi sono bloccato. Per pigrizia mentale ho cercato una scorciatoia, volevo essere come loro». Il re dello stagno (a Firenze lavorava a Lady Radio) era diventato la «spina» di Radio Deejay. Volle correre. «Un giorno fui avvicinato da truffatori di professione. Mi portarono all’ippodromo, mi fecero credere di essere in società per l’acquisto di cavalli da corsa, non era vero, mi fecero prendere soldi in prestito».
Si sarebbe potuto tirare indietro. «Ma commisi l’errore di continuare a puntare per recuperare. Cominciai a giocare in modo compulsivo. Non mi divertivo più, non lo facevo per provare un qualche brivido. Dovevo rifarmi dei soldi persi». Avrebbe potuto chiedere aiuto. «Ma stavo diventando un personaggio pubblico. Per la vergogna non dissi nulla». Chiese soldi in prestito alle banche, ai colleghi di lavoro, a tante persone normali. Raggiunse gli usurai. «Potevi trovarli facilmente all’ippodromo. In qualche modo ti venivano incontro». Non si considera una loro vittima. «No, anzi, dirò una cosa impopolare: dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Lo strozzino è orribile, ma i loro soldi non mi sono serviti per curare qualcuno da una malattia, per mangiare o per mandare avanti la famiglia».
A un certo punto ha dovuto chiedere aiuto. «L’ho fatto con Cecchetto. Presi una bella rimbrottata, mi mise sotto a lavorare: mi dava un minimo settimanale e gestiva lui i guadagni. Poi però andò a Radio Capital. Radio Deejay cercò di continuare la "cura Cecchetto", ma non era ancora maturo il tempo del mio cambiamento». Ha avuto una detrazione in busta paga fino al ’99, quando ha lasciato il network per passare a Radio Italia. «Anche lì l’amministratore delegato Giorgio Bacco provò ad aiutarmi, io però ero ingestibile». La perdita più forte la ricorda nel 1994. «In una settimana di scommesse sui cavalli persi 100 milioni». La vincita più alta, una sera a poker: «Sessanta milioni, a Milano. Ero contento, non tanto per i soldi, ma perché nessuno aveva mai vinto una cifra così». Sono gli anni in cui si indebita maggiormente, dal ’95 al ’99: «Preferisco non dire di quanto, se qualche persona a me molto vicina lo leggesse potrebbe sentirsi male».
Oggi Marco Baldini prova anche a darsi una spiegazione non razionale alla sua esperienza. «Sono cattolico, ma credo moltissimo nelle vite precedenti. Gli esoterici dicono: ciò che è sopra è sotto, le stesse leggi che regolano l’universo regolano la vita. Io sono riuscito a spezzare un cerchio e a fare un salto evolutivo». Quando sente di chi si indebita per il 53 o si toglie la vita, scuote la testa: «Mi dispiace molto, dovrebbero smettere, così si rovinano. Sono caduti nell’errore più banale, le possibilità che il 53 esca alla centesima estrazione o alla prima sono le stesse. E un giocatore non rientra mai dei soldi spesi». Anche per loro ha scelto di raccontarsi: «Tu vinci quando non ne hai bisogno. Accanirsi così su un numero non potrà mai ripagarti». Adesso per lui è tempo di progetti. «Il mio sogno è di lavorare con un gruppo di amici, come già faccio, ed esplorare con Fiorello altre strade, oltre alla tivù e alla radio. Per esempio un film musicale. Fiorello sarebbe un grande attore e io scriverei per lui». Il ruolo di eterno numero 2 non gli secca. «Ogni centravanti ha bisogno di uno che gli passi la palla. E io sono più portato a fare l’assist-man».
Sa di dover ringraziare tante persone. In modo particolare Linus. «È la persona che in assoluto mi è stata più vicina. Mi spalleggiava, mi difendeva sempre. Non è mai stato un mio complice, ma mi ha coperto come un fratello maggiore molto indulgente». Ancora non riesce a dire grazie a se stesso. «Credo di aver sprecato troppo tempo. Un giorno, quando avrò espresso tutto il mio potenziale, ringrazierò anche Marco Baldini».
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(Linus, newsletter di www.deejay.it)