Morgan
Premetto che, secondo me, fare il disc-jockey è un fatto di vocazione più che di arte, perché lo si diventa se si è votati all’intrattenimento degli altri, nell’interesse della loro opinione, reazione e partecipazione. Ciò non sempre vale per gli artisti, infatti ne conosco alcuni che se ne fregano altamente di ciò che gli altri pensano di quello che fanno e ne vanno fieri, autodefinendosi “puriâ€, cioè incontaminati dalle leggi del pubblico (spesso di esso burlandosi), e del mercato, pur facendone misteriosamente parte. Questa purezza, in un D.J., comprometterebbe la densità demografica della pista da ballo e lo costringerebbe a cambiare mestiere. Così, nell’‘era della comunicazione, una pratica basata essenzialmente sull’interazione col pubblico ha molto riscontro e diffusione in ambito popolare.
Bowie nell’albun Lodger del ’79 cantava ‘‘I am a D.J. / I am what I play…” ( Io sono un D.J. / sono ciò che suono), la traduzione in italiano di questo ritornello mi ispirò vent’anni dopo le parole “Sono come sono, sono come suonoâ€. Si nota che nella lingua di Dante non c’è sovrapposizione tra il verbo “suonare†e “giocareâ€, cosa che invece vale nell’inglese – to play – e nel francese – jouer – (peccato). Perciò ho sempre trovato poco appropriato il modo in cui un D.J. descrive il suo compito come l’atto di “suonare dei dischiâ€. Comprendo l’intenzione della stimata categoria di innalzare il loro fare al di sopra di uno scialbo “mettere i dischiâ€, espressione che non tiene conto dell’abilità che occorre nello scegliere, nel far coincidere lo stile dei brani e la loro velocità metronomica (battiti per minuto), nel miscelare e non far accorgere che si è passati al disco successivo, nello scratch o altre diavolerie di cui un bravo D.J. è capace. L’espressione attualmente in voga “suonare i dischi†genera un doppio equivoco: da una parte sottovaluta l’essere umano, carnale e cerebrale, non meccanico, che compie l’azione (dato che è il meccanismo di riproduzione gira-dischi che, mediante testina e pre-amplificatore, “suona†gli oggetti roteanti), dall’altra non considera che i dischi in questione emettono musica che è già stata “suonata†dai musicisti che appunto li hanno incisi usando strumenti musicali o programmando con softwares le partiture. Uguale ingiustizia ci sarebbe se, una volta sfornata una pizza pre-cotta e surgelata, dicessi: “Ecco, è pronta la pizza che ho cucinatoâ€. Per risolvere la questione linguistica ispirandomi al mancato doppio significato italiano proporrei la locuzione “giocare i dischiâ€, ben sapendo che non sarà mai adottata da alcun D.J. che si rispetti (sarebbe interessante se “jockey†stesse per “giocoliereâ€, ma invece vuol dire “manovratoreâ€).
Quanto a me, che invece sono interessato all’opinione altrui – da qui la mia riluttanza ad auto-definirmi artista –, sarò nel cartellone del Festival di Enzimi nella inusuale veste di “giocatore di compact-discâ€. Credo mi comporterò come quando a casa mia o in macchina con un amico faccio una selezione della musica che mi piace e, con quel che ho a portata di mano, liberamente, cerco quella coerenza stilistica che connette trasversalmente i generi, divertendomi, accostando l’inaccostabile, come Tenco e la Tecno, Iggy Pop e Carmelo Bene.
Consigliato per gli amanti del secolo scorso
(Morgan – Marco Castoldi – per Enzimi.com – 2004)
A questo dj-set ho assistito e devo dire che non era affatto male. I brani avevano una loro coerenza e suscitavano un certo movimento pelvico. Peccato per il volume, effettivamente troppo basso. A quanto ho potuto capire l’unica cassa che emetteva suoni era la spia vicino al dj (ops, dj-non-dj). Anche il minuto notebook di cui voleva avvelersi il “giocatore dischi” non ha voluto saperne di funzionare. Morgan, ad ogni modo non si è perso d’animo ed ha utilizzato solo i due Pioneer CDJ100S a sua disposizione. Poco male. La musica era gradevole e noi astanti abbiamo apprezzato, accogliendo con urletti gli incipit dei brani. Il sottoscritto, il Nero e Gsep sono andati via verso le 01.30 quando le gambe hanno iniziato a non reggere più. Una nota va spesa per il concerto dello stesso Marco Castoldi (+ band) tenutosi alle 21.00 in p.zza dei Cinquecento. Posso dire di aver assistito al migliore concerto da 4/5 anni a questa parte. Qualcosa di veramente carico. Il cantante e la band erano in perfetta forma. Morgan ha sfoderato tutto il fiato e la voce che possedeva. I suoni erano davvero ‘pieni’. Basso su tutti. L’impianto di amplificazione era ottimo: riusciva a trasmettere perfettamente ogni strumento, tanto che in più di un brano sono riuscito a distinguere perfino il tamburello dell’estroso percussionista. Peccato solo che siamo arrivati in evidente ritartdo (alle 21.30) e alle 22.00 la stessa performance era già terminata.
:}
Io sono arrivata su “Aria”, e mi e’ sembrato volutamente (?) “stonato”… ma poi… grandissima la sua interpretazione di “tu si na cosa grande”…. bravo Morgan!
proprio su “Aria” gli si è rotto l’auricolare. Mentre era al piano gli è stato prontamente sostituito, senza che nulla fosse interrotto o stravolto. Grandi tecnici (anche).
smeerch!… maledetto, c’ero anche io al concerto. tutto solo mi aggiravo per la piazza canticchiando come un pazzo!
Pirlunga ma perchè non ti fai sentire più? :) Guarda che il 23 Ottobre ti voglio al Brancaleone per il concerto di SENOR COCONUT!!!